Tabula rasa. Vol. 1

Che cos'è un progetto senile? Suona, così a sentirlo, come un ossimoro triste dentro cui far navigare più i remi dell'illusione che una spinta di bracciate concrete. Ma non quando una mole di ricordi e stimoli possono ancora sospingere una barca solo all'apparenza arenata su sabbie inamovibili. Soffiano presto i richiami ai venti impetuosi del genio di Twain, che a settant'anni iniziò la sua Autobiografia, monumento tuttora immane a questo genere di impresa. Accanto agli echi di un grande incontro dal vivo, quello con Thornton Wilder, "davanti al quale ero a quattro, o forse a sei, o forse a otto zampe". Wilder e la sua folle volontà di ordinare le 431 commedie di Lope de Vega. Perchè? (si chiede McPhee), che a 88 anni riuscirà finalmente a rispondersi: "Per allungarsi la vita. Leggere e catalogarle significava avere qualcosa da fare e fare. Sconfiggere la morte. Era un progetto pensato per non avere fine". Stupenda capriola fra l'agire e lo smettere, fra l'aspettare e lo sfidare, mentre ciurme di personcine in età fresca dormono su allori di paglia rimandando e rimandando, coscienti che il tempo è loro credito, nel sogno di acuti vegliardi i decenni non smettono di solleticare intenti e curiosità. Anche il passato ha un carattere, e in questo caso riesce a imporlo, sentendo febbri e pruriti agitargli la mente, un serbatoio di tracce nel quale istanti vivi e lieti ribollono come in un lungo percorso che invita, trovando così negli esiti della scrittura salvezza e slancio, presa più che credibile. Basta il rimando ai meravigliosi ponti ideati da Christian Menn, su cui McPhee sogna di gironzolare in bicicletta, a ridare compiutezza e lustro a questa giostra di fogli come spuntati fuori dal taschino della giacca, cifra di una memoria che non se la sente per nulla di atterrare su terreni assestati, ma continua a frugare nello smalto delle proprie tempie e ad evocare vecchi campus a!mericani e la figura del padre, un aggirarsi sorpreso fra lontananze vicinissime. Bello!