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Radici ebraiche del moderno - Sergio Quinzio - ebook
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Radici ebraiche del moderno
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Descrizione


In questi ultimi anni Quinzio è intervenuto più volte su temi urgenti del mondo moderno. E ogni volta ha voluto ritrovare in quei grovigli il filo del pensiero e dell’influenza ebraica, nelle visioni politiche come nelle arti, nella letteratura come nell’etica. Se il mondo moderno ha assunto nel tempo una certa fisionomia – e forse è sul punto di perderla –, questo si deve anche alla potenza di un’eredità ebraica che, mischiandosi e spesso opponendosi all’eredità greca, ha dato origine a forme e pensieri di ogni specie, che ne risentono in modo evidente o occulto, anche quando in apparenza la disconoscono. Ogni pensiero utopico, per esempio, prende luce dalla visione messianica. Ma anche la pretesa di leggere i sogni nasce su presupposti ebraici. E, prima di ogni altra, è la nozione stessa di «storia» che, nel senso occidentale, è segnata dall’ebraismo come «tempo a senso unico e senza ritorni». Mentre questa visione della storia, a sua volta, rimanda a una specifica concezione del sacro: «Non gli oggetti dello spazio, statici anche nel tempo, ma ciò che accade nella continua innovazione e imprevedibilità del tempo e non permane fisso nello spazio – l’evento – è per eccellenza sacro nell’ebraismo. Il sacro ebraico è pochissimo legato alle cose: le tavole della Torah, scritte dal dito di Dio, hanno potuto essere subito infrante da Mosè appena disceso dal Sinai. Il sacro ebraico è, per così dire, mobile e fluido come il tempo, non ha la struttura compatta e rigida del sacro comune alle altre grandi tradizioni religiose dell’umanità. Il sacro ebraico non è atemporale, ma s’inserisce in una storia, ha una storia».
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Dettagli

Testo in italiano
Tutti i dispositivi (eccetto Kindle) Scopri di più
186 p.
Reflowable
9788845987946

Valutazioni e recensioni

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GD
Recensioni: 5/5

Il consueto stille per frammenti di Quinzio forse non aiuta la comprensione sistematica, ma Quinzio ricorda che "il linguaggio della modernità è interrotto e spezzato, la modernità non è reccontabile come è raccontabile il mito". la fede di Quinzio fa i conti con la modernità, e la racconta da un' angolazione del tutto peculiare. Sull' argomento di questo affascinante libro riporto la seguente citazione: "Pur credendo nella divinità messianica di Gesù, mi sento..più vicino agli ebrei che ai cristiani: perchè loro hanno patito e continuano a patire come scandalosa assurdità l'idea d un Messia che non inaugura il regno di Dio; mentre noi, con la nostra greca propensione alle astrazioni, l'abbiamo con troppa facilità accettata...". E ancora, in un passaggio che pare scritto da Simone Weil: "La mia convinzione è che, comunque, l'incontro fra gli ebrei ed i cristiani, e fra gli uomini in generale, così come fra Dio e l'uomo, si dà non nell' affermazione che ciascuno fa di se stesso e della propria verità, ma solo nella consumazione, nella crocifissione di se stessi e della propria verità". Forse Quinzio avrebbe potuto scrivere in modo da essere compreso più facilmente ? Forse, davvero, ciò non è oggi possibile... In ogni caso, questo è un grande libro.

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Davide De Rossi
Recensioni: 4/5

In questo libro è quasi ovunque abbastanza facile scindere la ricerca dal credo ideologico/religioso dell'autore. Il che dovrebbe accadere sempre e naturalmente in ogni trattazione storica e critica. Quinzio ha ben chiaro che nel Novecento la teologia si è fatta scienza, e conseguentemente che è quello scientifico il metodo con cui essa suole (deve?) essere discussa ed esposta. Il suo pensiero circa questa evoluzione o involuzione è espresso ma non imposto. La filosofia della religione è un territorio in cui entrano in campo di volta in volta sostanze di ricerca molto diverse, basate su diversi tipi di fede (talora anche l'ateo ne ha una). Alcuni teologi ritengono che l'unico destinatario di un saggio sulla religione sia colui che di religione vive; per altri invece la religione si deve insegnare esclusivamente con un fine protrettico, posti indiscussi i dogmi della dottrina ufficiale. L'indagine di Quinzio si svolge all'interno di una cultura, l'ebraismo, che prima di (talvolta al posto di) essere un credo è una forma mentis, si potrebbe dire una razza di pensiero, distinguibile dalle altre ma non isolata, anzi fusa con le altre al massimo grado proprio nell'era moderna. Leggendo il libro non si avverte giudicato il proprio cristianesimo o il proprio agnosticismo. Si viene chiamati all'unica attività che dovrebbe sottendere a ogni forma di giudizio: la conoscenza. Faccio fatica a riconoscermi soltanto nelle primissime righe della prefazione, forse per ragioni di una eccessiva stringatezza del discorso. Un'opera necessaria.

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Sergio Quinzio

1927, Alassio

Sergio Quinzio è stato un teologo ed esegeta biblico italiano. Studiò ingegneria a Roma, dove si era trasferito a causa della guerra, passando poi a filosofia. A causa delle difficoltà economiche della famiglia, lavorò come finanziere per 17 anni.Dopo la morte della giovane moglie, dalla quale aveva avuto una figlia, nel 1973 si ritirò in isolamento per quattordici anni in un piccolo paese delle Marche, dove continuò i suoi studi sulla Bibbia. Tra le sue opere ricordiamo il monumentale Un Commento alla Bibbia. Collaborò con diversi quotidiani nazionali come «La Stampa», «Il Corriere della Sera», «l'Espresso», «Il Giornale». 

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