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Per non essendo semplice raccontare una artista in un libro di dimensioni contenute, questa serie della taschen riesce benissimo. Libro consigliato per u primo approccio a questo autore magnifico.
In alcuni casi - pur sapendo di compiere una forzatura o una generalizzazione - si riesce a ridurre un artista o, più in generale, una grande personalità a un'unica parola: affastellando qualche esempio a caso, questa parola sarà "relatività" per Einstein, "pessimismo" per Leopardi, "seduzione" per Casanova, "realismo" per Caravaggio, "maschera" per Pirandello e così via. Volendo provare a fare la stessa cosa per un artista la cui vita e la cui produzione furono, a dispetto del motto latino che vorrebbe lunga l'arte, ma breve la vita, entrambe lunghe ed intense, si potrebbe forse cercare di racchiudere il genio di Victor Vasarely (1906-1997) non in una, ma in due parole: "purezza" e "ottimismo". In queste due direzioni pare muoversi Magdalena Holzhey ripercorrendo in modo impeccabile la quasi secolare esistenza dell'artista ungherese, dai suoi primi passi di grafico dilettante negli anni Venti del Novecento alla fama internazionale raggiunta nella seconda metà del secolo. La "purezza" è riscontrabile nell'inesausta ricerca di un linguaggio figurativo elementare, intuitivo e a tutti comprensibile - in opposizione a una certa tendenza all'autoreferenzialità e allo snobismo di fondo di tanta, troppa arte contemporanea - a partire dalla convinzione che se anche l'arte è una lingua, allora la sua grammatica dovrà essere la più essenziale possibile. L' "ottimismo" è quello che conduce l'artista a sognare una "democratizzazione" dell'arte che "passa dalla scomparsa della firma individuale, dalla segmentazione del progetto creativo, dalla diffusione di massa dell'opera d'arte come multiplo per giungere ad un'arte che sia patrimonio di tutti, completamente integrata nello spazio vitale" (p. 81) Vasarely era un visionario, un sognatore, probabilmente un ingenuo. Ma aveva capito che forse è impossibile rendere il mondo eticamente più giusto se prima non lo si è reso esteticamente più bello.
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