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La raccolta contiene liriche scritte tra il 1965 e il 1973, in anni che videro il poeta alle prese con scelte esistenziali e sentimentali molto sofferte: la fine del matrimonio con la seconda moglie e l’allontanamento da lei e dalla figlia Harriet; l’incontro con Caroline Blackwood, soprannominata “delfino”, il trasferimento in Inghilterra e la nascita del secondogenito Sheridan. Avvenimenti tormentati da nevrosi, dubbi, incertezze, sensi di colpa, rancori familiari. Lowell scelse di mettere a nudo la sua vita privata in una sequenza di sonetti molto espliciti, in cui raccontava episodi di vita quotidiana, litigi, brani di lettere altrui, soprusi e vendette personali, in un alternarsi di tenerezza e rabbia, ironia e pietà. L’opera gli attirò molte critiche da parte dei colleghi letterati, che lo accusarono di insensibilità ed esibizionismo, e di avere voluto sfruttare la sua vicenda personale per finalità editoriali e di successo. I sonetti in questione, in quattordici versi sciolti, metricamente irregolari, spesso prosastici e discontinui, sembrano seguire un flusso frammentario di pensieri ed emozioni, con la volontà di registrare stati d’animo più che di creare un’opera d’arte. L’autore fa parlare la sua bambina, spaventata dai contrasti tra i genitori, senza inserire alcun diaframma stilistico; oppure si rivolge alla moglie Lizzie con i nomignoli più affettuosi e crudeli, in un sovrapporsi di sentimenti incontrollati. Consapevole di aver fatto soffrire, il poeta sembra voler aprirsi al lettore in una confessione catartica, quasi a implorare comprensione e perdono. La parte conclusiva del libro è dedicata alla voce giovane e provocatoria di Caroline, che gli fa riscoprire l’amore fisico e sensuale, ironico e fantasioso. Tracciando una mappa esistenziale delle sue passioni, in un album familiare poetico e insieme impoetico, Robert Lowell volle consegnare al pubblico una testimonianza della condizione umana, più rilevante di qualsiasi produzione poetica.
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