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Anno edizione: 1999
Anno edizione: 1992
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Quasi-saggio in cui Busi elargisce consigli e dritte per una perfetta(?)condotta. Come al solito niente da eccepire per quanto riguarda lo stile..."un anno che ci si scala, è un anno regalato alla morte".
Un libro intenso e coinvolgente che contiene interessanti riflessioni sull'essere e vivere come un "perfetto" essere umano e quindi cittadino.
Recensioni
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recensione di Scarpa, D., L'Indice 1993, n. 6
(recensione pubblicata per l'edizione del 1992 presso Sperling & Kupfer)
Questa del "Manuale" di Aldo Busi è la recensione di uno che non ha mai letto prima un libro di Busi, e ora vi è stato invogliato da un paio di citazioni apparse negli articoli di presentazione
Quelle due o tre citazioni, in articoli che volevano essere semiscandalistici, mi avevano fatto entrare nell'idea che in questo libro Busi facesse il contrario di ciò che per solito lo si accusa di fare: cioè strafare. Infatti: accusato di sfoggiare molta più sregolatezza che genio, Busi ci presenta ora un libro scritto per sottrazione. Il fatto è che secondo me, in questo galateo per omosessuali, di omosessualità e di sesso si parla assai poco, a dispetto delle apparenze. Il libretto non è n‚ più n‚ meno che un trattatello di etica. Proprio all'ultima pagina Busi ci conferma che non al gay esso si rivolge, ma al cittadino. Il guaio dell'omosessualità "è che tutti ne pensano qualcosa", laddove essa è solo "una delle tante possibili esperienze culturali di un uomo". La conclusione non troppo paradossale è che "per non essere più omosessuali, bisogna essere omosessuali fino in fondo e fino alle estreme conseguenze sociali". Il difetto capitale del gay, la radice di tutti i suoi eccessi, di tutte le sue stonature, è che si pensa in quanto omosessuale, pensa cioè sempre al sesso. Ed ecco che il "gentilomo perfetto" di Busi è uno che "è e basta".
Per questo il "Manuale" è un libro per tutti e per nessuno. Per questo, per il suo reimpostare i problemi, è un libro scritto per sottrazione. Il paragone al quale ci chiama è "la garanzia di una comune stupidità", quella della nostra presunta intelligenza della normalità. E l'esame di coscienza che ci impone è il seguente: quante volte, in una giornata, scadiamo nell'etica e nell'estetica da bar, noi tanto fieri della nostra tolleranza intellettuale, del nostro disincanto mondano? Ma basta con questo tono grave, inadatto a un libro cosi allegro, energetico. Tra i generi letterari disponibili per chi voglia scrivere per sottrazione c'è l'aforisma. Qualche esempio. Le donne "il cui scopo principale non è dire di sì ma carpire l'opportunità di dire di no". "Chi condivide una vita a due nello stesso appartamento, sappia che presto l'unico 'trait d'union' sarà l'amministratore dello stabile". "Non accontentatevi della felicità, aspirate alla serenità".
Insomma, nulla della ponderata levigatezza dell'aforista di professione, bradipsichico a dispetto della velocità dei suoi motti. Qui l'aforisma è parlato, sbrigativo, scritto come adoperando le prime parole venute sottopenna, che si scoprono poi essere quelle giuste. Gli aforismi di Busi li si nota, ma non gli si rende giustizia isolandoli dalla sua scrittura ventosa.
Nel libro sono da indicare soprattutto quattro bellissimi trattatelli. Li potremmo intitolare: Dello sguardo ben temperato; Contro il tatuaggio; Dell'amore ai tempi dell'Aids; Del gentilomo sul lavoro (subalterno). E poi tre fenomenologie, avvincenti come i reportage di quando non esisteva la tv: i cinema porno; le saune gay; il "battuage di notte in luoghi aperti".
Vediamo solo il primo trattatello sulla "rapina a occhio armato", lo sguardo concupiscente, ossessivo e inconcludente rivolto a esseri del proprio o dell'altro sesso. Busi è spiritoso e durissimo: esso denota "scarso senso civico", è "usare un campo visivo per irritare un campo nervoso altrui". Infine, non solo è maleducato ma è "un'inutile perdita di energie".
Qui scopriamo che esiste un vitalismo etico, uno stoicismo dell'estroversione, merce rara nella nostra letteratura. È qui che Busi è diverso dalla maggior parte dei moralisti: che questi sono sempre difensori di qualcosa che è andato perduto. Nel loro cocktail c'è sempre un po' di rosolio del rimpianto. Busi, per temperamento, è un moralista d'attacco: per lui la serenità, la semplicità, le buone maniere, significano addirittura essere all'avanguardia. E, finalmente, è un moralista che parla per davvero con il suo pubblico e dopo averlo dipinto con vera cattiveria, come nelle vignette di Novello.
Subito dopo gli sguardi abusivi si passa alla trattazione del pompino con ingoio e poi ancora al suicidio: "Del perfetto gentilomo si dica non già che ha tentato il suicidio, ma semmai che si è suicidato". Scandaloso? No, perché non c'è nessuna morbosità, nessun esibizionismo se non nella scelta della successione degli argomenti. Anche la normalità con cui si discetta, per smentirle, sulle virtù cosmetiche dello sperma, ha cessato di essere provocazione. Lo stesso alternarsi di massime senechiane e battute goliardiche dopo un po', invece di sconcertare, diverte. Il secondo trattatello, contro i tatuaggi, per il rispetto di quella "profonda superficie" che è il corpo, si trova subito dopo le pagine contro la moda "trasgressiva". Che bello sentire Busi scagliarsi contro gli orologi con l'anno galattico, le auto alla Diabolik, i profumi dolosi, le mutande in fibra ottica. La televisione, imparate a memoria questa massima: "Non è successo niente in televisione, è successo tutto a voi!". Infatti, per non guastarsi il piacere di questo libro, il lettore starà bene attento a non imbattersi in qualche sciagurata incursione televisiva dell'autore. Si contraddice Busi? Ebbene, si contraddice.
Le tre fenomenologie ci dicono invece che Busi rovescia il principio quantistico per cui un'osservazione turba l'oggetto osservato e falsa o rende indeterminati i risultati dell'esperimento: Busi, scrittore curioso, vuol farsi turbare da ciò che osserva, vuole essere il pittore e stare al centro del quadro, non in un angolino, dove si collocavano gli antichi maestri. Un solo esempio: "La gente che frequenta i cinema a luci rosse è gente scazzata, spostata, sposata, gente che per qualche ragione è stata buttata a riva dal mare della sessualità, e non ha importanza che abbia appena compiuto i diciottanni ".
Insomma, e per finire, questo libro è un elogio della ragionevolezza, che è insieme discrezione e audacia, fermezza di carattere e senso del limite, "determinazione, concentrazione, capacità di sintesi"; "Se parlate davvero per dire, imparerete a tacere un po' di tutto". Busi è una persona che ha uso di mondo, nel senso letterale e metaforico dell'espressione. Forse non gli dispiacerà vedersi dedicare da un suo nuovo lettore questa quartina di Sandro Penna: ''Felice chi è diverso / essendo egli diverso. / Ma guai a chi è diverso / essendo egli comune".
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