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Hannibal - Thomas Harris - copertina
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Hannibal

Descrizione


Clarice Starling, 7 anni dopo la vicenda Lecter (Silenzio degli innocenti), viene messa sotto accusa dagli organi interni dell'FBI per un intervento troppo energico durante una sparatoria. In questo delicato frangente riceve un messaggio da parte del latitante Lecter, che la incoraggia a tenere duro. Lecter, sparito da anni, vive relativamente tranquillo a Firenze. E' ricercato dall'FBI ma soprattutto da una delle sue vittime, il sadico Mason Vergier, costretto da anni su un letto e orrendamente sfigurato da Lecter stesso. Turbata dal richiamo di Lecter, Clarice decide di salvarlo dalla terribile morte a cui Lecter pare essere predestinato. Che folle storia sta per iniziare? Clarice dovrà stare molto attenta...
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Dettagli

2001
Tascabile
6 febbraio 2001
434 p.
9788804486893

Valutazioni e recensioni

3,52/5
Recensioni: 4/5
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Bookworm
Recensioni: 4/5

Anche in questo caso ho visto il film prima di leggere il libro, e contrariamente al romanzo precedente, ho trovato "Hannibal" decisamente più coinvolgente: qui l'autore commenta personalmente la narrazione, e film e libro differiscono in più punti, soprattutto nella seconda parte. Ho apprezzato maggiormente la fine del film piuttosto che del libro. Consiglio di leggere la recensione de L'indice che c'è su questo sito, ma attenzione agli spoiler.

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Giuly
Recensioni: 5/5

Uno dei pochi libri che ho letto più di una volta. Anche se vi sono scene di inaudita violenza non mi hanno disturbata; quello che mi ha tenuta incollata alle pagine è il rapporto psicologico che si instaura tra Clarice e Lecter. Diabolico!

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zombie49
Recensioni: 3/5

Clarice Sterling è la brillante agente del FBI che ha interrogato in un manicomio criminale Hannibal Lecter, lo psichiatra pazzo e cannibale, e grazie ai suoi suggerimenti ha risolto il caso del sadico serial killer Jame Gumb. Lecter è evaso ormai da sette anni, e Clarice deve cercare di rintracciarlo. Non solo i federali sono interessati alla sua cattura: anche Mason Verger, il perverso milionario paralizzato e sfigurato dal dottore, gli dà la caccia x vendicarsi. Le tracce portano dapprima ai palazzi d'arte di Firenze, poi negli Stati Uniti, e ovunque Lecter lascia una scia di sangue. Il finale a sorpresa è anticipato nel film, ed è la degna conclusione di questo concentrato di pulp. Il libro non è neppure un romanzo: è una raccolta di episodi splatter e horror, legati da un tenue filo conduttore, pensati x una trasposizione cinematografica. Non è mai noioso, però, grazie allo stile stringato e al susseguirsi di sanguinosi colpi di scena. Harris vuole disgustare, colpire, turbare il lettore, far emergere il sadismo che si nasconde in ognuno di noi, il primitivo cavernicolo che si eccita alla vista del sangue, si ferma a guardare gli incidenti stradali, è avido di particolari dei più efferati delitti. Infastidiscono gli improbabili paladini della verità e della giustizia con l'inevitabile trionfo del Bene, ma personaggi totalmente negativi sono altrettanto inattendibili. Tutti i protagonisti sono odiosi, malvagi, complessati, vendicativi, sadici, dal miliardario pedofilo ai poliziotti corrotti, vittime e carnefici accomunati da crudeltà e meschinità d'animo. Anche la dura, algida, incorruttibile Clarice è attratta dal groviglio di raffinatezza, cultura e sadismo di Lecter, sorta di superuomo onnisciente. Hannibal è l'avatar di Harris, che studia e giudica gli altri con la freddezza, l'alterigia e il distacco dello scienziato. A una prima lettura, avevo abbandonato questo libro, ora l'ho in parte rivalutato pur nell'eccessivo compiacimento del macabro.

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Recensioni

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Voce della critica


recensioni di Deb, S. L'Indice del 2000, n. 02

(recensione pubblicata per l'edizione dell'anno 1999) In Hannibal - il terzo libro di Thomas Harris in cui appare lo psichiatra antropofago più famoso del mondo -, il dottor Hannibal Lecter è un anonimo visitatore di una mostra popolare intitolata "Atroci strumenti di tortura", ma non si trova lì per ammirare la ruota o il cavalletto. "L'essenza del peggio," scrive Harris, "il vero fetidume dello spirito dell'uomo, non è nella Vergine di Norimberga o nel palo; l'essenza della Bruttura si trova sulla faccia della gente."
Thomas Harris sta ai romanzi di suspense come Fabergé sta alle omelettes. I suoi libri cupi e profondi riescono a ipnotizzare milioni di persone con la loro allure maligna, ma offrono anche, a un lettore attento, ampie meditazioni sulla morale, la metafisica e il significato della vita. Non sono semplicemente storie di detective a caccia di serial killer; Harris ci sussurra che la malvagità esibita dal suo ripugnante villain si annida nel cuore di ogni essere umano: "Nel pavimento della mente esistono buchi, simili a quelli che si aprivano nei pavimenti delle segrete medioevali, le luride oubliettes, il cui nome deriva da oublier, 'dimenticare', celle di solida pietra, a forma di bottiglia, con la botola in alto. ... Una scossa, qualche falla del nostro sistema di autocontrollo e lampi di memoria appiccano il fuoco ai gas nocivi... grovigli intrappolati per anni prorompono liberi, pronti a esplodere dolorosamente e a sospingerci a comportamenti pericolosi..." Harris scoperchia queste botole offrendoci lo spettacolo dei nostri lati oscuri; Il silenzio degli innocenti (Mondadori, 1989) lascia in bocca un sapore amaro: come è possibile che si finisca per ammirare un cannibale? Nel primo libro della trilogia, Il delitto della terza luna (Mondadori, 1984; in precedenza pubblicato con il titolo Drago Rosso), Will Graham è il migliore cacciatore di serial killer dell'Fbi proprio perché ragiona come uno di loro; è sempre consapevole che avrebbe potuto essere uno dei mostri che insegue, e ciò aggiunge un'inquietante corrente sotterranea a quello che altrimenti non sarebbe che un romanzo poliziesco come tanti altri.
A un altro livello di lettura, i romanzi di Harris sono cronache spietate di un mondo che Dio ha abbandonato, o che, nell'ipotesi peggiore, visita soltanto quando si sente particolarmente perverso. "Avrai notato sul giornale di ieri," scrive Lecter a Graham, "che mercoledì notte, in Texas, Dio ha fatto crollare le volte di una chiesa su trentaquattro dei Suoi fedeli. Proprio mentre stavano intonando un inno. Non credi che dopo si sia sentito meglio?" È Dio, afferma Lecter sogghignando, il suo modello ispiratore.
I libri di Harris raccontano storie irrequiete e ben scritte, ma che a Dostoevskij sarebbero venute in mente mentre si curava i postumi di una sbornia presa insieme a Mr Hide.
Sono passati sette anni da quando Hannibal the Cannibal è scappato dall'Istituto statale di Baltimora per criminali con infermità mentali. Clarice Starling è bloccata all'Fbi con una carriera stroncata, mentre Mason Verger, il peggior mostro che Harris abbia mai creato, sta per soddisfare le sue più sinistre ambizioni. Il miliardario Verger, l'unica vittima del dott. Lecter riuscita a sopravvivere, è un industriale che produce carne in scatola, divenuto paraplegico dopo il trattamento subito dal suo carnefice: non ha pelle sulla faccia, niente naso (che è stato costretto a ingoiare) né labbra; ha un occhio solo ma privo di palpebra. Ama trastullarsi facendo piangere bambini orfani di cui poi beve le lacrime. Verger ha dedicato anni alla ricerca di Lecter e alla selezione di una varietà di maiali cannibali: "Il primo giorno Mason voleva che il dottor Lecter li guardasse mangiargli i piedi. Poi, durante la notte, Lecter sarebbe stato sostenuto da una flebo di sali minerali, in attesa della portata successiva... Come secondo piatto, i maiali potevano svuotargli il corpo di tutto quello che aveva dentro e nel giro di un'ora mangiargli la carne del ventre e della faccia; poi, mentre la prima ondata degli animali più grossi e della scrofa incinta si ritirava, sazia, sarebbe arrivata la seconda. Ma, a questo punto, il divertimento sarebbe ormai finito." E per far uscire Lecter dal suo nascondiglio, Verger usa come esca un'inconsapevole Starling.
Dire qualcosa di più sulla storia sarebbe da pazzi criminali, posso però aggiungere che il climax culinario che coinvolge Lecter, Starling e un burocrate del ministero di Grazia e Giustizia degli Stati Uniti è la cosa più nauseante che sia mai stata scritta dai tempi di American Psycho. Ma questa è Harrisland, coi dovuti riferimenti a Blake, Dante e Dürer, dove persino le descrizioni dei prati illuminati dal sole invernale risultano claustrofobiche. È un mondo in cui il lettore entra a suo rischio e pericolo, e una volta dentro, ci si ferma, inerme e asservito dall'equivalente linguistico e narrativo degli occhi di un serpente. O degli occhi di Hannibal Lecter, che hanno pupille infuocate in mezzo all'iride.
Harris mantiene il lettore in uno stato di costante fascinazione morbosa, sospingendolo di stanza in stanza, di orrore in orrore, nel suo ripugnante palazzo, grazie alla sua prosa austera, di una spoglia poeticità. Le frasi sono sferzanti e le secche similitudini sono spietatamente evocative: "Provò un po' di paura, era come sentire un penny sotto la lingua." Per tutto il romanzo Harris tiene il lettore per la collottola, trascinandolo inesorabilmente nel più profondo orrore.
Dobbiamo ad Harris la creazione di due personaggi importan-
ti: Lecter, il mostro più ipnoti-
co della letteratura inglese, e Starling, una guerriera perdente capace di una fiera integrità morale che si conquista l'affetto e la stima del lettore. Ma Hannibal merita uno sguardo più attento soprattutto perché Harris ha messo da parte il suo solito stile asettico, e interviene spesso nella narrazione per confrontarsi faccia a faccia con il lettore sulla Grande Domanda: qual è il senso dell'esistenza?
Certo però Harris avrebbe potuto fare di meglio. Nei diciassette anni trascorsi con Lecter, il suo atteggiamento verso questo personaggio è cambiato: in Il delitto della terza luna, è una presenza maligna di secondo piano, il cui ruolo principale è di scatenare proditoriamente un maniaco contro Graham e la sua famiglia; nel secondo libro, il tono è neutro, l'attenzione passa dalla sua malvagità alla sua amoralità; in Hannibal infine si insinua molto spesso tra le pagine una nota di ammirazione; sono costanti i riferimenti al suo fascino, alla sua eleganza, alla sua cultura, alla sua forza, alla sua grazia, alla sua imperiale sottigliezza, e soprattutto al suo gusto ricercato per la musica, l'arte, i profumi, il vino e tutto ciò che è cibo. Harris arriva persino a inventare un trauma infantile per spiegare il cannibalismo di Lecter. Questo è quantomeno sleale nei suoi confronti: un uomo che "quando era possibile, preferiva mangiare gente incolta" non ha bisogno di una giustificazione freudiana per spassarsela. "Non mi è accaduto nulla, agente Starling," diceva
in Il silenzio degli innocenti, "io sono accaduto. Non puoi ridurmi ad una serie di influenze."
E adesso Harris ci viene a raccontare che il Cannibale urla nel sonno.
La triste verità è che Hannibal Lecter non si è limitato a sconvolgere e ammaliare, anche grazie ad Anthony Hopkins, noi lettori, ma è riuscito a influenzare lo stesso Harris. Gli uomini che in Hannibal vengono schierati contro Lecter sono trattati come inferiori: deformi, maleodoranti, meschini e soprattutto privi di buon gusto per la musica, l'arte, i profumi, il vino e il cibo. Harris utilizza dei neanderthaliani maligni e dissoluti per mettere pienamente in risalto la condizione di superuomo di Lecter. Dei due personaggi che avrebbero potuto tenergli testa, Jack Crawford è una forza ormai esaurita, mentre Starling viene spogliata di tutte le qualità che la caratterizzavano, lasciando così il lettore in compagnia di una creatura completamen-
te diversa. Alle prese con questo finale insoddisfacente, Harris
si concede anche qualche altra rozzezza psicoanalitica: Starling come sorella morta di Lecter, Starling come oggetto sessuale di Lecter, Lecter come San Francesco che nutre uno storno (starling in inglese) con una falena. Si prodiga in goffi simbolismi, identificando per tutto il libro Lecter con l'angelo caduto - tra l'altro lo pseudonimo che usa a Firenze è dott. Fell -, ma poi, nel momento in cui viene dato in pasto ai maiali, lo mostra legato nella postura della crocifissione. Aggiungete a tutto ciò gli infiniti osanna alla cultura europea antica, da Fidia a Giotto, e alla fine questo mostro, finora straordinariamente affascinante, comincia a somigliare a un incrocio tra Oscar Wilde e Zorro.
Il risultato è involontariamente ironico.
Quando Harris scriveva romanzi di suspense che ci immergevano la faccia nelle fogne della mente, finiva per creare della letteratura, mentre adesso che è pressato dal trionfo hollywoodiano ed è asservito dall'anticipo di milioni di dollari, si sforza di crearla. In Hannibal dà una risposta a quelle tremende domande invece di porle, finendo per scrivere un romanzo notevole, e straordinariamente coinvolgente, ma del genere che non si legge più di una volta; a differenza degli ambigui e inquietanti Il delitto della terza luna e Il silenzio degli innocenti, nei quali la presenza continua e indicibile del male poneva delle domande sul significato dell'esistenza. Hannibal afferma aspramente che l'universo non ha uno scopo e che l'arte e il cibo raffinato possono rimpiazzare Dio, trasformando così le domande in una sentenza perentoria.
Abbiamo letto Il silenzio degli innocenti con animo inquieto: perché arriviamo ad amare un maniaco come Lecter? Col suo ultimo romanzo, Harris ci rivela perché lo ama lui. Sfortunatamente, le ragioni non sono abbastanza buone.

(© Biblio, trad. dall'inglese di Monica Di Biagio)

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Thomas Harris

1940, Jackson

Ha lavorato come reporter e nel 1975 ha esordito come scrittore con il thriller Black Sunday. Sono seguiti Red Dragon (1981), Il silenzio degli innocenti (1988), da cui è stato tratto un film di culto, Hannibal (1999), Hannibal Lecter (2006). Nel 2019 viene pubblicato Cari Mora. In Italia tutti i suoi libri sono stati tradotti da Mondadori.

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