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Anno edizione: 2020
Anno edizione: 2001
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un vero e proprio trattato di economia politica con i suoi pro e i suoi contro. l'approccio troppo didascalisco-manualistico conferisce pesantezza al testo. seppure estremamente interessante non è un libro da leggere per disimpegno, richiede assoluta concentrazione nella lettura che a tratti non è affatto scorrevole.
Avete visto, di recente, lo spot dell'UPA? Quello in cui una "persona normale" gira per la città con un sacchetto della spesa e per la strada tutti, pur non conoscendolo, lo ringraziano? "Il messaggio - cito la stampa specializzata - è incentrato sul ritorno all’ottimismo, alla fiducia e alla tranquillità col fine di ridare vitalità al mercato e rimettere in azione in tempi brevi la dinamica dei consumi". Non c'è alcun accenno a cosa abbia comprato quel tipo, nè al fatto che per alcuni non comprare non è una scelta, ma una triste necessità. Macchè. Il motto è lo "spendo dunque sono", per cui spendete più che potete e tutto andrà meglio. Il vero valore è spendere, il vero obiettivo è "far ripartire l'economia". Quando l'ho visto la prima volta, pensavo di essermi sbagliato. Purtroppo, avevo capito bene. Ormai l'idea che il nostro scopo comune debba essere "la crescita", "lo sviluppo", "il PIL", "gli scambi" si è affermata, e quello spot ha solo funzioni di rinforzo, di richiamo all'ordine: "ehi, ragazzi, sveglia, fate più shopping che sennò si ferma tutto!". Mi ricorda vagamente di quando, negli anni '80 e su scala un po' maggiore, molti italiani gioivano per il sorpasso sulla Gran Bretagna, che faceva dello Stivale la quinta economia mondiale ("e col sommerso superiamo pure la Francia!"). Per fortuna c'è Sen. Anche per lui lo sviluppo è importante, intendiamoci. E' un concetto intrinsecamente positivo, un passaggio dal peggio al meglio. Il "busillis" sta proprio qui: come si misura questo "meglio"? Nei fatti, abbiamo tutti accettato un'unità di misura universale: il denaro (o il Prodotto Interno Lordo, che dir si voglia). Amartya Sen non accetta questo metro, e ne suggerisce un altro: la libertà. Più aumentano le "libertà", più una società è sviluppata. Banale, diranno alcuni di voi. Già noto. Condivisibile. Giusto. Guarda caso, però, quasi mai applicato: io non ho mai visto una "classifica" dei Paesi più sviluppati dove il primo è il più "libero" e l'ultimo il meno "libero". Anz
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