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Non ci trovo nulla di sperimentale nel prendere il tram; probabilmente anche Walser, se avesse potuto, si sarebbe fatto un giro. La concretezza, poi, la lasciamo alle Lonely Planet.
mi trovo completaente d'accodo con la prima recensione. La trama non è importante. Questo è un libro da leggere tutto di un fiato sull'onda dei ricordi vaghi, distratti, accuratamente intrecciati dall'autore. No è un capolavoro ma rappresenta una narrativa sperimentale magari non concreta ma comuque avvicente.
..sono state offerte molto immagini per descrivere il gesto letterario. a me viene in mente lo zucchero. raffinato o grezzo, e dalle diverse cosistenze: zollette, granuli, polvere fino alle liquide trasparenze versate nei cocktail. poi c'è l'enigma dello zucchero filato. una nuvoletta vaporosa che magigamente, pare, si addensa attorno ad uno stecco, a un nucleo pressante che finisce per essere sommerso dal montare delle parole-immagini, ma che invisibilmente rimane a sostenere il tutto. il bel libro di edoardo albinati appartiene a questa categoria: zucchero filato. ha senso ricercarvi le zollette strutturali o i languori da pasticceria? io credo di no. è l'incanto di immagini casualmente incontrate, ricordi improvvisi, enigmatiche allegorie - bellissima quella del bimbo che pettina la madre invalida sul tram 19, che fa pensare a quell'altro grande fiocco di zucchero che è la passeggiata di walser. o se un giudizio si vuole proprio dare, si può rinvenirne lo stecco: il basso continuo della morte del padre dell'autore, che funge da motore immobile per un viaggio nel mistero dell'andare. e del tornare.
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