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Editore: Mondadori Anno: 2006 Copertina e misure: cartonato con sovracoperta, 15x22,5 cm ca. 438 pp., Condizioni: molto buono Non esitate a contattarci per ulteriori informazioni, foto o problemi. Posizione : 25F-86 . 438. . Molto buono (Very Good). . . .
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Finalmente Sir J.M.Barrie diventa un personaggio reale e credibile...Non più solo l'autore e creatore di Peter Pan, ma comunque resta legato a questa figura-simbolo dell'infanzia eterna, che forse è il suo vero alter ego. Dopo il deludente film "Neverland", dove mi aspettavo più narrazione e meno fantasia (eppure c'eran attori di un certo calibro come J.Depp), Fresàn riesce a raccontare in questo parallelo di vite il vero mito di Peter Pan. L'infanzia fuori,nel corpo; la saggezza dentro, nell'anima. Perchè forse a volte sono proprio gli eterni bambini i veri depositari della saggezza e della verità, chiusi nel loro mondo d'oro, dove anche il dolore e la sofferenza vengono percepiti in una magia di sensazioni uniche e prive di lacrime... Questo non significa che i bambini non provino rimpianti, ma superano le brutture della vita adulta con il mondo fantastico dell'immaginazione. Bravo Fresàn: il racconto si legge tutto d'un fiato. L'ho scoperto per caso su una bancarella, ma lo sento mio più di tanti altri libri letti piacevolmente. Alla fine anche Peter Pan forse è stanco di non crescere, ma la sua eterna infanzia comunque protegge contro una realtà troppo dura. "Perchè i bambini non hanno peli nè sulla pancia nè sulla lingua"(Povia)...
Un libro che da adito finalmente alla bravura di sir James Matthew Barrie..che lo salva dalle tante versioni non verosimili di Peter Pan fatte e ne racconta la vera storia,senza tralasciarne il contesto storico..e quindi la Londra degli anni Sessanta, il periodo vittoriano e moltissime altre nozioni culturali, accompagnate da riflessioni introspettive davvero interessanti.
Inizia come la voce di uno zio che racconta una fiaba a un nipote. Si dipana come un filo rosso lungo una Londra inesistente e due epoche più immaginate che immaginarie. Racconta la verità su Peter Pan e lo affranca dalle troppe interpretazioni moderne per mostrarne il lato umano, troppo umano nel suo creatore e nel suo condannato. Finisce a mezz'aria, verso la meravigliosa avventura. Bellissimo, densissimo, intensissimo, commovente, letterario. Un'esperienza. "La notte è la fabbrica di domani e il museo di oggi".
Recensioni
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Peter Hook è uno strano pseudonimo, che rimanda all'idea di un bambino magico e di un cattivo pirata schizofrenicamente uniti in un'unica, mostruosa identità. E' proprio questo il nome del protagonista dell'ultimo romanzo di Fresán, in cui uno scrittore di libri per l'infanzia, in una notte lunga e delirante, racconta le circostanze della sua vita a un personaggio altrettanto enigmatico. Keiko Kai, appellativo che fa pensare a una donna orientale, resta per tutta la durata dell'opera una presenza silenziosa, destinanaria forse inesistente delle riflessioni torrenziali di Hook. La biografia di James Matthew Barrie, inventore dell'icona della letteratura infantile Peter Pan, diventa il pretesto postmoderno per la narrazione della vicenda parallela dell'eccentrico scrittore. A parte il mestiere, sono molte le coincidenze che legano a più livelli le storie personali dei due uomini. Tanto per cominciare, la città di Londra, sui cui tratti vittoriani legati all'epoca di Barrie si sovrappongono le luci psichedeliche della Swinging London degli anni '60 di cui Hook è figlio. L'infanzia di entrambi è fortemente condizionata dalla perdita di un fratello, il preferito dai genitori. Questo evento non solo si ripercuote sulle circostanze di vita dei due ma finisce per tracciare le coordinate dell'ispirazione narrativa. Peter Pan è il bambino che non diventa adulto e si rifugia in un mondo fantastico e impossibile, mentre il protagonista delle opere di Hook, Jim Jang, è un bambino che ha il potere di viaggiare nel tempo grazie a una strana "cronocicletta". Il rifiuto dei limiti temporali e la scelta di situarsi idealmente nel dominio incontrastato dell'infanzia dipende da una comune riflessione: "Gli esseri più amati sono e saranno sempre quelli che non crescono, che non cresceranno mai". I Giardini di Kensington è il terzo romanzo di Fresán e si connota come l'opera che sancisce il successo internazionale dell'autore argentino, che attualmente risiede a Barcellona. I vari riconoscimenti letterari, la traduzione in dieci lingue, i commenti elogiativi da buona parte della critica internazionale; tutto lascia presagire che la nuova voce della letteratura argentina abbia trovato un terreno fertile, pronto ad accoglierla. In Italia manca la traduzione di Mantra (2001), le cui vicende di stesura si intrecciano a quelle di quest'opera, mentre è presente la traduzione del primo romanzo, Esperanto (1995, Einaudi 2000), la storia di un musicista trentacinquenne di successo che si ritrova ad essere il protagonista di un viaggio attraverso l'Argentina le cui tappe scandiscono il ritmo di una ricerca interiore. Il forte richiamo all'oralità e il riferimento alle icone della musica pop sono le più evidenti caratteristiche che legano queste due opere, ma I giardini di Kensington è con ogni evidenza un'opera più matura. In questo romanzo più che mai lo stile di Fresán è molto esigente: il ritmo frenetico, verrebbe de dire "pop", della sua scrittura caleidoscopica, ricca di enumerazioni e di rimandi continui, non agevola un approccio comodo con la lettura. D'altra parte l'audace sperimentazione e il tentativo enciclopedico meritano l'attenzione che il pubblico internazionale gli sta tributando. Eva Milano
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