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Raccolta di saggi articoli e frammenti rubati all'erosione del tempo il volumetto dal titolo provocatorio offre al lettore italiano gli scritti del "Kaiser degli esuli" sugli ebrei e sull'ebraismo in Germania. La loro stesura va dal 1893 agli ultimi anni di vita di Mann. Lo sforzo dello scrittore nel solco della tradizione tedesca maturata già nell'Ottocento quando la divisione tra Kultur e Zivilisation ovvero tra arte e politica quindi tra artista e borghese divenne la dicotomia fondante di un certo modo di concepire il ruolo sociale del letterato è quello di intercettare lo Zeitgeist o anche lo spirito del tempo nel momento in cui esso è senza spirito. Dopo avere dato a Cesare quel che è di Cesare ossia dopo aver vissuto e condiviso l'aura dell'impoliticità e un mondo di valori intesi come indipendenti dal loro uso pratico Mann recuperò ben presto i motivi antiromantici e umanistici divenendo un sostenitore della Repubblica di Weimar. Peraltro già nel 1907 di sé parlava come di "un convinto e incrollabile filosemita". All'ascesa di Hitler Mann andò quindi elaborando una scrittura al contempo impegnata e moralistica condita da una verve tagliente non meno che istrionesca e sarcastica. Il tutto sospeso tra la necessità della critica del presente e la sottile seduzione per una concezione dell'arte come locus della perfezione. Il nazionalsocialismo peraltro aveva messo in crisi e poi in definitiva mora il modello manniano del neoclassicismo umanistico. A tale stato di cose lo scrittore amava rispondere: "Dove sono io lì è la Germania". Per questo probabilmente non tornò più in patria.
Claudio Vercelli
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