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Saggio dissacrante, ironico e spassosissimo sulla intellighenzia di sinistra scritto con una finezza da pelle d’oca. Riletto la seconda volta dopo quasi vent’anni dalla sua prima pubblicazione sembra scritto ieri. Ne escono massacrati i vari NanniMoretti (scritto tutto attaccato), Benigni, Calasso, Battiato, Magris, Cacciari, Giulio Einaudi, Fò, Strehler, Giuliano Ferrara, il tirosissimo Baricco, Tamaro, Montanelli, Bocca, Guccini, De Gregori…. Scrittori, attori, politici, cantautori, intellettuali (?), che se la tirano per la loro Kultura ma restano dei salottieri che non disdegnano e attendono spasmodicamente la comparsata televisiva magari in qualche talk show trash o la chiamata per il programma cult ti prima serata di Fazio. E il bello è che noi comuni mortali dotati di intellighenzia non certo al livello di cotanti pensanti/pensatori siamo portati a incensarne in pubblico i lavori ritenendo la cosa molto “scic” sebbene nel nostro intimo io/ subconscio riprendiamo la massima fantozziana da corazzata Potemkin e ci diciamo : “ ma che è sta roba”. Tanti sono passati a miglior vita, tra cui il mitico Arbasino che per primo coniò la tripletta: prima sei una giovane promessa, poi un solito stronzo ed infine un Venerato Maestro. Va da sé che Arbasino ( con la sua erre moscia arrotondata e sarcasticamente stroncato da Gianni Brera “Il Proust al flipper”) è stato il più autorevole meritandosi lo status di Venerato Maestro in pectore. Come si intuisce dal libro il futuro e nuovo Arbasino in fasce di allora (e siamo nel 2006) non poteva che essere il Paolo Mieli già ai tempi non più giovane promessa ed oggi di diritto addirittura nella quarta categoria coniata dallo stesso Berselli. E’ naturale anche il Nostro si merita la sua bella medaglietta ma con la sua ironia e intelligenza mi suggerirebbe di dirlo più o meno così: Edmondo “ te se anca tì e strons … tiè ciapa e porta a cà ….” Quanto ci manchi Berselli ….. se potessi ti darei 100 stellette. Leggetelo
delizioso nella sua intelligente ironia.
Berselli, a differenza di quello che ho letto nella maggior parte delle altre recensioni dei lettori, riesce con sagacia, con immensa preparazione, a volte sfociando nell' "onnipotenza", e con l'ironia tipica dell'uomo di cultura universale a darci un quadro tristemente perfetto della cultura attuale e soprattutto dei suoi rappresentanti più quotati. Ci fa capire che superato il passaggio da soliti s... a venerati maestri tutto sembra consentito, anche quando si crea l'incompresibile bisogna adularlo passivamente. Mi auguro comunque che un giorno figuri tra i venerati maestri anche il nome di Berselli.
Recensioni
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Per Edmondo Berselli, tutti i critici in Italia osannano, in ogni occasione, i grandi autori, da Eco a Battiato. Così facendo, il "regime ferreo degli infallibili" ha reso incomprensibile e trombonesca la nostra cultura. Nel lodevole intento di ridicolizzare lo snobismo, con uno stile di scrittura brillante e non di rado spassoso, Berselli tende tuttavia in queste pagine a scambiare qualunque raffinatezza critica con l'albagia, la linea Einaudi con l'"egemonia comunista", i Vanzina con la sociologia più schietta e digeribile. Siamo spesso a un passo dalla riabilitazione del Grande Fratello. L'editorialista della "Repubblica", malgrado la montagna di libri eccellenti e al tempo stesso leggibilissimi editi ogni anno in tutti i settori, condanna l'intero l'ambiente culturale italiano, guardando per esempio con simpatia al sempre più folto novero di quanti ritengono ingiusto criticare i romanzi di Baricco anche avendoli prima letti, e raccomandando fra citazioni da Cioran e Beckett di fare i conti con i Pooh. Convinto che il genio semplice di Roberto Benigni sia in effetti una nullità celebrata solo perché progressista, esorta gli intellettuali a riconoscerne sinceramente i limiti. Del resto, La vita è bella è un "filmetto da due soldi", così come Siddharta una "cretinata". La seconda parte del volume, dopo un excursus intorno alle illuminanti categorie dei "soliti stronzi" e dei "perfetti cazzoni", appare più temperata. Com'era prevedibile, nelle ultime pagine Berselli fa un po' la pace con tutti: ha più o meno scherzato, i personaggi attaccati erano figure quasi simboliche, il disgusto era per un certo clima e un certo sistema.
Daniele Rocca
C'è qualcosa che non va nella cultura italiana. E' il "conformismo diffuso, l'ovvio dei popoli, il velluto di ipocrisia collettiva che sembra avere coperto con una specie di indiscusso canone artistico, intellettuale e spettacolare l'Italia contemporanea, in ragione del quale tutti sono d'accordo con tutti, e nessuno obietta mai niente." Edmondo Berselli, dopo il successo ottenuto con Post-italiani, inizia con queste premesse la sua nuova critica corrosiva al "regime ferreo degli infallibili" vigente fra gli intellettuali italiani, un modo di essere che inibisce qualsiasi critica autonoma e fuori dal coro. Perché, si chiede l'autore, tutti leggono Baricco e nessuno dice di ammirarlo? Perché nella nicchia degli opinionisti non si legge "Il codice Da Vinci" e non si comprano i romanzi di Andrea Camilleri? Quel senso comune e quel conformismo che dominano le questioni di gusto nel nostro Paese nascono, secondo Berselli, da un'arruffata formazione culturale che insegnava a dividere il mondo in due. Sopra una certa linea c'era la cultura buona, ovvero il progresso, la "rottura di scatole a fini di riscossa estetica o proletaria"; quella era la consapevolezza, la coscienza, la cultura "avanti, oltre, all'avanguardia". Sotto la linea invece, c'era la classifica bassa, il mondo del passato e della tradizione, il vecchiume volgare e inconsistente.
L'egemonia culturale era ben rappresentata dai volumi Einaudi, con quelle bianche copertine accecanti che poi si ritrovavano ben inscaffalati alle spalle di Nanni Moretti nei suoi film cult "Ecce Bombo" o "Bianca". Proseguiva con il rigore implacabile di Norberto Bobbio e dell'intellighenzia azionista torinese, si sdoppiava con la nascita dell'elegantissimo editore Adelphi. Poi via via si è materializzata nei film ideologici di Bernardo Bertolucci, dal libro sessantottino "Porci con le ali" la cultura dominante ha poi imposto "Innamoramento e amore", di Alberoni. Che botta quella, scrive Berselli. E' lì che si disse: "Qui bisogna fare i conti con i Pooh". Con qualcosa di più terra terra.
Un libro ironico e molto divertente, che non risparmia nessuno degli idoli culturali della società italiana, da Benigni a Dario Fo (che con i suoi pistolotti pedagogici sul più bello rovinava fantastiche gag dialettali), al professor Claudio Magris ritratto nella sua Trieste alle prese con il Corriere che gli chiede l'ennesimo autorevole articolo. Eccoli qui i venerati maestri di quest'Italia incerta fra sinistra e destra: Eco, Cacciari, De Gregori e Battiato, Mieli e Ferrara. Personaggi col complesso di superiorità, pensieri forti divenuti deboli, ritratti con veemente ironia da un autore in grande spolvero.
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