L’articolo è stato aggiunto alla lista dei desideri
IBS.it, l'altro eCommerce
Cliccando su “Conferma” dichiari che il contenuto da te inserito è conforme alle Condizioni Generali d’Uso del Sito ed alle Linee Guida sui Contenuti Vietati. Puoi rileggere e modificare e successivamente confermare il tuo contenuto. Tra poche ore lo troverai online (in caso contrario verifica la conformità del contenuto alle policy del Sito).
Grazie per la tua recensione!
Tra poche ore la vedrai online (in caso contrario verifica la conformità del testo alle nostre linee guida). Dopo la pubblicazione per te +4 punti
Promo attive (0)
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
I tradimenti del linguaggio, le estrosità, gli inganni, l'ambiguo che attraversa i suoi spifferi, facezia e pericolo, attenzione e svista, tormento e armonia. Questo il nodo attorno alla vicenda, che in breve potremmo definire come un giallo semantico. Il contorno è magnifico: una Milano come cosciente della cappa sinistra che la cinge, stanze universitarie dove l'incenso dell'invidia aleggia come in un rito obbligato, vicoli di muri scrostati che riflettono benissimo la pochezza dell'umano, carriere dubitanti del loro stesso livello, zollette di sterco ben mescolate nelle tazze dei convenevoli. E una lettera anonima su un tavolo di un docente che inizia a tessere nella trama la sua lenta tela, inquietando, muovendo sospetti e ricerche nel piccolo inferno squallido di quei corridoi. Dirà il protagonista, preso davvero nelle spire di quel tormento: "Sono un lago che deve uscire da un contagocce". Pontiggia gioca di fioretto, la sua raffinatezza arriva presto nel dono del racconto; ogni movimento di frase non è che la grande vena che sfocia in un dettato più ampio: il confronto fra vita intellettuale e verità umana, una volgarità che in quel mondo è ancora più fitta rispetto ad altri contesti o mestieri offerti dalla vita, vezzi e formalismi in fondo lerci, e affettazioni, pose, riguardi meno che autentici nelle melme degli incontri quotidiani: "Conta più l'autorità con cui parli che ciò che dici". Frase tremenda in un mondo nel quale i contenuti e l'umiltà del dentro dovrebbero scandire esempio in ogni stoffa di sillaba. Perché quando si legge: "l'omertà si chiama riserbo e la stonatura dissonanza" si avverte presto che le parole sono proiettili e lame orribili, in grado di aggiustare tutto, di comporre falsità conclamate, di azzittire un grido di vittima, perché non sanno evitare di rimirarsi allo specchio. Congegno di eleganza indiscutibile.
Non mi ha entusiasmato, pure se l'autore mostra grandi capacità narrative e notevole cultura: ma la storia in se sembra troppo da addetti ai lavori, non sempre facile da seguire e dai riferimenti culturali complessi.
Giaceva da tempo nella mia libreria (chissà perché scioccamente non l'ho letto prima) un romanzo sulla vulnerabilità dell'uomo che, più è arrivato e più sembra inattaccabile, più è feribile. Ma Il giocatore invisibile (Oscar Mondadori) è anche un romanzo che, per la sua scrittura, è rigenerativo del trofismo (faccio il verso alla crema viso che sto usando) mentale.
Recensioni
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
L'articolo è stato aggiunto al carrello
L’articolo è stato aggiunto alla lista dei desideri
Siamo spiacenti si è verificato un errore imprevisto, la preghiamo di riprovare.
Verrai avvisato via email sulle novità di Nome Autore