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Anno edizione: 2011
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Titolo: La Straordinaria Invenzione di Hugo CabretAutore: Brian SelznickEditore: MondadoriAnno: 2007Bel volume, sovraccopertina, tagli spruzzati di nero, decine le illustrazioni. Prima edizione italiana.
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Interessante l'idea di mescolare il testo tradizionale alle immagini, usate per una narrazione autonoma anziche' per la mera illustrazione. La storia del cinema delle origini e' un soggetto potenzialmente intrigante, declinato con modalita' da feuilletton ottocentesco. La parte scritta alla resa dei conti e' la piu' debole, priva di profondita' psicologica e di un'impronta stilistica. Ma qui forse sono le mie aspettative ad essere troppo alte per un romanzo che si rivolge ai ragazzi e resta cmnq una piacevole lettura.
Ciao!! Questo libro ci ha colpito molto, però siamo sopravissute xD A parte gli scherzi, ci è davvero piaciuto molto per la particolarità dei disegni a carboncino. La storia è molto originale, intrigante ed interessante. A noi piace molto andare al cinema anche se non conosciamo i primi film della storia del cinema e George Melies.
"Romanzo per parole e immagini", si autodefinisce questo libro. In effetti di immagini ce ne sono moltissime, generalmente disegni a matita in tecnica più o meno cineasta con successivi zoom sui particolari: se si aggiunge che il testo non riempie certo le pagine, il lettore pigro si può tranquillizzare, dopo il colpo di trovarsi più di cinquecento pagine di testo. La storia è per ragazzini, forse anche da leggere insieme ai genitori. Non dovete aspettarvi molto più di una favola moderna; però è carina, e penso che chi ama il cinema degli inizi l'apprezzerà. Non griderei però al capolavoro, come ho letto in giro.
Recensioni
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Subito colpisce l'intreccio, un mirabile equilibrio di immagini e parole: all'incirca metà delle pagine per le une e metà per le altre. I disegni sono in bianco e nero, a carboncino, pastosi, e scorrono come fotogrammi di un film muto, con un singolare incrocio/alternanza dei due codici, scritto e visivo. Perché i disegni non illustrano le parole e queste non spiegano le illustrazioni, ma il racconto si dipana ora con pagine scritte e ora con altre che disegnano il procedere della narrazione. E il racconto ci riporta proprio alle origini del cinema muto, alla favolosa e poi disgraziata storia di Gorge Méliès, l'uomo che alla fine dell'Ottocento creò una nuova magia, quella del cinema fantastico che realizza i sogni del tutto-è-possibile. E poi venne dimenticato e finì in miseria. Questa storia a poco a poco viene riportata alla luce da Hugo, un dodicenne orfano solo e derelitto (siamo a Parigi nel 1831) che vive nei recessi dimenticati della stazione (un po' come Quasimodo a Nôtre-Dame: vorrà ben dire qualcosa quel nome, non a caso il padre leggeva al bambino i romanzi di Verne e Hugo). Dunque, è un graphic-novel per ragazzi, un thriller, un mystery, un cine-romanzo d'appendice con le sue identità nascoste e rivelate, i misteri della metropoli, i passaggi segreti e i nascondigli. C'è soprattutto il cinema: il sapiente montaggio di inquadrature, campi medi e lunghi, primi piani, primissimi, dettagli, panoramiche, zoomate, flashback e flashforward, dissolvenze, fino a un piano-sequenza di straordinaria intensità emotiva e magistrale costruzione narrativa: Hugo fugge inseguito dall'Ispettore Ferroviario in claustrofobici corridoi fin nell'atrio della stazione tra la folla. Fernando Rotondo
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