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L'autore ripercorre i momenti salienti ed enigmatici della vita del leggendario campione di scacchi, interpretandone con grande libertà il senso ed il non senso, sullo sfondo delle trasformazioni della società americana e occidentale. L'autore ci avverte con correttezza che il libro non è nè una biografia nè un saggio. L'impressione è che si tratti in effetti di un pretesto (un bel pretesto peraltro) per levare una lamentazione critica contro la politica americana, contro l'ipocrisia dei mass-media e contro gli "arcana imperii". La critica è largamente condivisibile, ma non il metodo impiegato dall'autore. Pare troppo comodo e troppo arbitrario estrapolare dalle farneticazioni di un genio paranoico alcuni temi e, quindi, evidenziare solo per essi la lucidità e la graffiante sicerità del campione. Il lettore si domanda: perchè mai Fischer dovrebbe giudicarsi lucido e sincero quando qualificava gli americani e la loro politica come il male supremo dell'umanità, mentre dovrebbe giudicarsi solo superficiale e strambo quando, pur ebreo, vomitava invettive antisemite vergognose?! Anche nel delirio della follia può albergare una certa quota di verità. Tuttavia, per suffragarne l'autenticità non è corretto appellarsi alla celebre genialità del folle... L'argomento dell'"ipse dixit" risulta assai pericoloso se impiegato per Bobby Fischer, salvo che lo si consideri per quello che era: un gigante degli scacchi, e non dell'analisi politica o della filosofia occidentale.
Affascinante l'ipotesi psicologica che vede dietro la passione di Fischer per gli scacchi l'intento di costruirsi una "bolla mentale", un non luogo dove isolarsi da tutto e tutti, almeno finchè non vollero trasformarlo in una sorta di eroe nazionale, un'etichetta che il grande campione rifiutò fino all'ultimo per non lasciarsi strumentalizzare dal potere. Ma nel libro c'è molto altro ancora. Le fasi della vita di Fischer ricalcano quelle della storia collettiva americana: dal duello con Spassky, in puro stile Guerra fredda, agli attacchi all'impero USA del post-11 settembre. Il tutto condito da citazioni di Bob Dylan, un altro profeta del suo tempo. Uno stile eclettico, graffiante. Da leggere.
Bella l'introspezione riguardante il modo di approcciare agli scacchi sia degli USA che dei sovietici, e le dovute differenze. Poi nella seconda parte del libro Fischer ,simbolo negli anni 70 dell'intellighenzia americana, scaricato e isolato per aver detto quello che pensava
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