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Stile ampolloso e prosaico. Il Lar Von Trier dei trulli: furbetto e sopravvalutato dalla critica. Romanzo che tende a voler dare una immagine realistica della sua terra, in realta' e' talmente tutto esagerato da sembrare una caricatura di un romanzo surrealista. Da dimenticare!
Sono nata e cresciuta a Cisternino, oggi vivo fuori, alcune di queste storie le conoscevo. Il romanzo mi ha permesso di fare un viaggio negli anni della mia adolescenza e nella terra in cui mi sono formata. A volte troppo duro, rassegnato, ma vero.
Mi è piaciuta tantissimo l'onesta morale dello scrittore, nel senso che si è messo proprio a nudo in questo libro Un analisi spietata di quella che può esere la vita di un trentenne dei nostri giorni, con tanti sogni e magari pochi ..risultati. Desiati miscela con maestria episodi personali(le partite di calcio della sua squadra, l'Esperia, e dei sui amici dell'epoca) con spunti di carattere storico(l'ascesa politica di Cito a Taranto, personaggio che ai suoi esordi venne paragonato a Berlusconi...,i problemi di natura ecologica riguardanti le emissioni di veleni nell'aria da parte dell'Italsider e la dismissione della stessa con problematiche relative all'occupazione) e sopratutto narra di questa eterea creatura, Annalisa, simbolo delle spose infelici e vera protagonista del libro. Un susseguirsi, questo testo, di ricordi, aneddoti, spunti , emozioni , avventure di ragazzi degli anni 90, partite di calcio disputate tra le gravine.., amori impossibili. A tal proposito voglio riportare "la frase" che Annalisa dice a Veleno(l'io narrante del libro), nel momento in cui quest'ultimo si dichiara pazzamente inammorato: Ricordati che il vero amore...è quello non corrisposto Il finale poi del testo è degno dei migliori giallisti... Bello
Recensioni
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Il titolo del romanzo di Desiati fornisce la chiave capace di definire la storia raccontata. L'infelicità delle spose malmaritate, rassegnate o inconsapevoli di essere infelici, nella plaga pugliese dove si svolge la vicenda, è infatti pregnante metafora di un male atavico inestirpabile, irredimibile. Nessuna riforma dell'ordine economico e civile potrà mai cambiare nulla a Martina Franca. Eppure di cose ne succedono in quella terra felice e sconsacrata. Cose che registra la voce spavalda di Francesco Rasoschi, detto Veleno, che racconta la sua vita irrequieta e trafelata, ma che irradia rapinosa felicità, vissuta in questi nostri anni da lui e dai suoi coetanei nel fantastico paese pugliese.
Il racconto si svolge in un tempo di allegro molto, e si avvale di notevole vivacità linguistica. Ma il risvolto ineluttabile della "disperata vitalità" canonizzata da Pasolini che fermenta e accende i corpi dei compagni di Francesco, e che sembra così irradiante e inattaccabile dal male e dalle sventure, è dato dalla disperazione, dal fallimento, dalla mancanza di lavoro, da un girare a vuoto come trottole impazzite.
Alla fine, questa lussureggiante dispersione, questo sperpero carnevalesco delle doti naturali di chi ha avuto in sorte di vivere sotto il sole del Meridione d'Italia, si risolve nel suo contrario. Questi fortunati di natura si ritrovano con un pugno di mosche. Chi si salva lo fa emigrando al Nord, come negli anni sessanta avevano fatto i padri a costo di sradicamenti epocali divenuti materia da manuali di storia.
L'Italia che ai arrangia, il Sud che si modernizza. Nel romanzo di Desiati la realtà si mescola alle fantasmagorie, magia e povertà materiale si intersecano in maniera inestricabile. Francesco e i suoi amici sembrano vivere in un'interminabile adolescenza, anche se droga, malavita, degrado e Sacra corona unita stendono su tutto i loro tentacoli. C'è poco da stare allegri, e il libro racconta fatti di miseria e di umiliazione, violenze inenarrabili come quelle che ripetutamente si abbattono su Annalisa, la bellissima, misteriosa, animalesca ragazza, che si staglia su tutta la narrazione. Mitico eterno femminino degradato che da sempre ha calamitato l'amore e la cieca devozione di Francesco, che, lui solo, ha amato e rispettato questa dea del sottosviluppo di cui tutti i maschi di Martina Franca una volta o l'altra si sono approfittati, facendole subire ogni sorta di sopraffazione. Questa creatura indifesa, condannata da sempre a fare da capro espiatorio, è il simbolo di una condizione umana, storica e metafisica insieme, di resa al destino dei miserabili.
Desiati ha scritto un romanzo intenso ed elegante, dalla lingua sgargiante ma non troppo, comunicativa ed efficiente, frutto del controllo stilistico che il narratore appena trentenne sa esercitare su una materia ribollente e barocca, da cui era facile farsi prendere la mano. Leandro Piantini
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