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Anno edizione: 2011
Anno edizione: 2012
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Hawking introduce il libro dicendo che la filosofia e' morta, e spetta agli scienziati rispondere ai grandi quesiti dell'uomo, ma a me pare pura contraddizione, perche'tutti infine riflettiamo e facciamo filosofia. Le conclusioni dell'autore sono che possiamo fare a meno del concetto di Dio, sostituito dal concetto di creazione spontanea dell'universo da noi abitato, ma attenzione, lui non esclude che possano esserci infiniti universi, come suggerito da alcuni aspetti della meccanica quantistica. E a pag. 134 afferma, potrebbe sembrare fantascienza ma non lo e'. Invece a me tutto il libro pare infarcito di fantascienza, e faccio notare che alcuni fisici teorici ritengono l'idea di Dio meno assurda di tante teorie che si basano sulla sua negazione. Semplicemente non e' la scienza che puo' dire la parola definitiva su Dio.Pertanto avverto solo presunzione in questo libro, che inoltre ritengo incomprensibile nelle pagine finali, quando e' proprio allora che si dovrebbe definire esattamente questa creazione spontanea. Altrimenti e' inutile scrivere libri divulgativi, che per definizione dovrebbero essere chiari per tutti, se un'autore non ha questa capacita' lasci perdere, io questo libro lo sconsiglio.
Un libro che ha dato molto fastidio ai credenti perchè Hawking ha sommato la sua voce a quella dei più grandi scienziati, dimostrando di fatto come la via cosmologica per dimostrare l'esistenza di Dio sia piena di contraddizioni. L'autore propone un modello (che nessuno deve necessariamente accettare) molto più logico, possibile e corretto, e lo fa in maniera molto corretta, non afferma infatti che Dio non esiste ma dice solamente che Dio non è necessario per spiegare le nostre origini. E' insomma il primato della scienza sulla teologia, che ormai sembra definitivamente relegata all'ambito delle semplici opinioni personali.
Finalmente gli scienziati si sono accorti che l'universo non può che essere autoconsistente, e quello che chiamiamo comunemente "Big Bang" altro non è che uno stato particolare dell'universo e non certo "l'inizio". Bene, in questo libro divulgativo vengono illustrate le idee che sono alla base della cosiddetta "teoria del tutto": una ipotetica teoria candidata a spiegare l'universo in ogni sua manifestazione. Dopotutto "Dio", dal punto di vista strettamente scientifico, non spiega assolutamente nulla (chi ha creato Dio?) al punto che non può essere considerato neppure un'ipotesi, perciò a mio parere ha perfettamente ragione il fisico italiano Giorgio Parisi: «Dio per me non è neanche un'ipotesi». Detto questo, alcuni punti andavano spiegati meglio, per esempio, come va interpretata la seguente affermazione: «questo libro si basa sul concetto di determinismo scientifico» (pag. 32), quando oggi sappiamo, indipendentemente dal principio di indeterminazione, che esistono tutta una classe di problemi (sistemi dinamici a comportamento caotico) di cui non siamo in grado di prevedere il comportamento a lungo termine? Ma non solo, a pag. 152 Hawking e Mlodinow affermano: «secondo le leggi della gravità, soltanto in tre dimensioni sono possibili orbite ellittiche stabili. Con altre dimensionalità sono possibili orbite circolari, che però, come Newton temeva, sono instabili. In qualsiasi numero di dimensioni diverso da tre basterebbe una piccola perturbazione [...] a far uscire un pianeta dalla sua orbita», evidentemente qui c'è un "piccolo" problema, perché disgraziatamente la M-Teoria postula l'esistenza di undici dimensioni! In ogni caso, per quanto mi riguarda non credo che esista una "teoria del tutto", perché le teorie scientifiche non hanno nessuna valenza ontologica, sono "solo" approssimazioni della realtà, che valgono in certi ambiti e sotto certe ipotesi, quindi c'è sempre spazio per un principio metafisico sottostante inaccessibile alla ragione.
Recensioni
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Sono parole che fanno riflettere quelle di Stephen Hawking e arrivano proprio in un momento storico in cui la contrapposizione tra il rigore teologico e le dottrine della scienza è più netta: il Big Bang non è altro che “l’inevitabile conseguenza delle leggi della fisica”. In pratica, alla domanda se l’universo abbia avuto bisogno di un creatore, la risposta di Hawking sembra non lasciare alcun dubbio: “No, perché c’è una legge che si chiama gravità e l’universo continuerà a crearsi da sé dal niente. La creazione spontanea è la ragione per cui qualcosa esiste piuttosto che il nulla”.
Eppure nel suo precedente saggio “La grande storia del tempo” (Rizzoli, 2005) lo scienziato inglese, teorico delle stringhe e dei buchi neri, condannato all’immobilità e privo dell’uso della parola a causa di un’atrofia muscolare progressiva, aveva lasciato uno spiraglio aperto al creazionismo. Il libro conteneva infatti un capitolo in cui, per spiegare che cosa era accaduto prima del Big Bang, si ipotizzava l’esistenza di una “teoria completa dell’universo” che se solo fosse stata motivata compiutamente avrebbe spiegato, citiamo l’autore, “la mente di Dio”. Un’espressione evidentemente male interpretata e che oggi viene decisamente smentita da questo nuovo interessante saggio, in cui le frontiere della scienza fanno un ulteriore e visionario passo in avanti.
La premessa da cui prendono avvio le considerazioni dello scienziato è che la filosofia, da sempre deputata all’esplorazione dei grandi interrogativi esistenziali, ha ormai abbandonato il campo della speculazione lasciando agli scienziati il compito di fornire delle risposte alle domande più difficili: “Come si comporta l’universo? Qual è la natura della realtà? Che origine ha tutto ciò? L’universo ha avuto bisogno di un creatore?
In un interessantissimo excursus lungo la storia della scienza, Stephen Hawking traccia le tappe fondamentali nell’evoluzione del pensiero, arrivando a spiegare con parole semplici, un linguaggio divulgativo e anche una curiosa serie di vignette, le conclusioni più complesse a cui è giunta la fisica moderna. Da Talete di Mileto a Newton, dalla teoria dei quanti alla relatività generale di Einstein, Hawking illustra e confuta, spiega la prevalenza di una teoria sull’altra nel corso dei secoli o il successo di un modello in certo momento, per arrivare a ipotizzare una teoria ultima del tutto: la “teoria M”. Si tratta cioè dell’unica teoria in grado di conciliare le leggi quantistiche (inerenti ai corpi infinitamente piccoli) e le leggi classiche (che si possono osservare nella vita di tutti i giorni) utilizzando le quattro forze che governano l’universo: la gravità, l’elettromagnetismo, la forza nucleare debole e la forza nucleare forte.
La “teoria M” non è un unico grande apparato teoretico, ma è la sovrapposizione di molte teorie diverse che non si contraddicono tra loro. Secondo questa teoria, ad esempio, il nostro non è l’unico universo esistente, ma esiste un gran numero di universi diversi creatisi dal nulla e senza l’aiuto di un Dio. Ciascuno di questi universi ha molte storie possibili e molti stati possibili che si avverano in tempi successivi. Solo alcuni di essi consentono l’esistenza di esseri umani come noi e per questo gli uomini, gli scienziati, selezionano soltanto quelli compatibili con un’idea umana di universo, rendendoci in qualche modo signori della creazione. Un’ipotesi suggestiva quella di Stephen Howking, difficile da comprendere fino in fondo, ma capace di farci sentire, per qualche tempo, partecipi del Grande disegno che governa l’universo.
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