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L' inferno sono gli altri. Cercando mio padre, vittima delle Br, nella memoria divisa degli anni Settanta
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L' inferno sono gli altri. Cercando mio padre, vittima delle Br, nella memoria divisa degli anni Settanta - Silvia Giralucci - copertina
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inferno sono gli altri. Cercando mio padre, vittima delle Br, nella memoria divisa degli anni Settanta

Descrizione


Padova, una città colta, borghese, apparentemente tranquilla, negli anni Settanta diventa il crocevia delle trame eversive nere e rosse che insanguinano il Paese e un laboratorio unico in Italia di violenza diffusa e di illegalità di massa: guerriglie urbane, notti di fuochi, aggressioni e gambizzazioni. E, all'università, occupazioni, lezioni interrotte, aggressioni, intimidazioni, minacce. È proprio nella città veneta che il 17 giugno 1974 le Brigate rosse fanno le loro prime vittime, Graziano Giralucci e Giuseppe Mazzola, uccisi durante un'irruzione nella sede del Msi di via Zabarella solo perché avevano rifiutato di farsi incatenare. Quello che per le Br fu il "salto del fosso", dalle azioni dimostrative agli omicidi, per una bambina di tre anni fu l'inizio di un vuoto affettivo, materiale, sociale e anche politico. Un vuoto che per anni l'ha paralizzata. Quasi quarant'anni dopo, quella bambina ha sentito il bisogno di elaborare il suo antico lutto attraverso la domanda che ogni vittima si pone: "Perché?", cercando la risposta non nella singola vicenda umana e familiare, ma nello spirito di un'epoca in cui per la politica valeva la pena morire o rischiare di rovinarsi la vita. Sulle tracce delle passioni, degli ideali e delle tempeste che animavano la sua città, Silvia Giralucci ha incontrato alcune persone che, da una parte e dall'altra, hanno vissuto quegli avvenimenti in prima persona e le cui storie, antitetiche e inconciliabili, formano un mosaico di memorie "divise".
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Dettagli

2011
3 maggio 2011
180 p., Brossura
9788804610021

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vitaliano bacchi
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L'opera ha una certa importanza nella biografia dei protagonisti degli anni della strategia della tensione in quanto riguarda un delitto politico, consumato dalle Brigate Rosse a Padova il 17 giugno 1974 diciannove giorni dopo la strage fascista di piazza della Loggia a Brescia. Quale fosse il rapporto fra i due delitti è questione che ha occupato la cronaca giudiziaria italiana per decenni e che ancora la occupa perchè il delitto di Brescia è sub iudice e quindi irrisolto nelle sue variabili fondamentali. Si ritiene, almeno stando alle evidenze giudiziarie dei vari processi connessi che l'omicido plurimo di Padova costituisca il "debutto" storico della lotta armata brigatista e cioè la risposta marxista alla strage fascista di Brescia e che il seguito del rapporto fra le due generazioni terroristiche abbia finito poi per riprodurre questa specularità iniziale "stimolo-risposta" che venne ipotizzata con ragione all'inizio della contrapposizione fra le due estremità terroristiche. Al tempo colpì certamente l'evidenza che si palesava nei fatti: diciannove giorni dopo la strage di Brescia le B.R. avevano già formulato una ipotesi di responsabilità neofascista e risposero con la stessa violenza armata suscitando nei vari astanti del fenomeno giudiziario e sociale e sopratutto nei teorici dell'informazione, diciplina che in quegli anni si andava codificando, l'interrogativo circa l'eccezionale rapidità ed efficienza del sistema informativo approntato dalle BR sulla struttura sociale della lotta diclasse. Mentre cioè gli inquirenti tribolavano a ordinare il materiale probatorio per formulare una ipotesi istruttoria plausibile, l'universo brigatista aveva già individuato canoni di ricerca sufficienti a postulare una ipotesi che gli affari di giustizia successivamente dimostreranno essere esatta. Forse ingenua la tesi del "metodo Calogero" nella investiazione giudiziaria ma l'idea della centralità di Padova negli anni del terrorismo neofascista e marxista è fondata.

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