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Libro piacevole e di assoluta attualità ma che non oltrepassa il livello della divulgazione a largo spettro. Personalmente avrei apprezzato un po' più di audacia da parte della scrittrice che si limita spesso ad elencare dati, certo accurati, ma rintracciabili in rete. Inoltre, la scelta di focalizzarsi sul mondo della donna arabo-musulmana , ad eccezione di un capitolo sul Pakistan, è limitativo e in contrasto con l'intenzione dichiarata dell'autrice di andare oltre gli stereotipi; quegli stessi stereotipi che hanno fatto diventare sinonimi i termini di arabo e musulmano: c'è da chiedersi se questo "hudùd" (confine) non sia che l'ennesima espressione di un marketing editoriale sempre intento a cavalcare l'onda dell'attualità (in questi caso quella della Primavera Araba), a scapito di scelte più coraggiose e illuminanti. Per chi già non confonde Islam con Islamismo e non si stupisce che esistono donne musulmane femministe che indossano il velo, questo libro non offrirà prospettive nuove. Tuttavia, chiunque sia alla ricerca di spunti di riflessione su una comunità avvolta in una nebbia di affascinante mistero misto a paura e incomprensione, sulla condizione femminile in generale (perché di riflesso tocca anche la nostra di donne occidentali) o sulla questione del confronto con l'Altro, troverà in questo libro una porta aperta su un mondo solo in apparenza molto diverso dal nostro e un invito discreto e sensibile ad entrarvi senza timori.
Un viaggio nel cuore del mondo musulmano visto dalle donne: ritratti di donne che hanno sfidato i propri paesi per i loro diritti e soprattutto le abbiamo viste protagoniste l'anno scorso durante la primavera araba. Molto brava la giornalista di Repubblica.
Recensioni
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La manager si muove con decisione: firma documenti, controlla la mail sul BlackBerry, chiede aggiornamenti, convoca una riunione. Poi si accorge di essere in ritardo: dall’attaccapanni afferra un velo nero e chiama l’autista. Devono sbrigarsi, altrimenti farà tardi. Prima di partire si copre la testa con il velo e dal sedile posteriore dà indicazioni. Non può guidare l’auto che la porterà all’appuntamento: siamo in Arabia Saudita e nonostante diriga un gruppo dal fatturato milionario, Khlood al-Dukheil deve sottostare alle rigide regole del protocollo, che prevede che le donne si mostrino in pubblico solo velate e avvolte da una lunga tunica nera e non possano sedere al volante. Quello con Khlood al-Dukheil è solo uno degli incontri di questo libro: dall’Arabia Saudita allo Yemen, attraversando Egitto, Pakistan, Afghanistan e Marocco, Francesca Caferri, giornalista da sempre attenta a questi temi, ci guida in un viaggio nel mondo musulmano visto attraverso gli occhi femminili. Una serie di ritratti raccontano come il ruolo delle donne sia cambiato e perché non ci fosse nulla da stupirsi nel trovarle in piazza durante la Primavera araba: la premio Nobel per la Pace yemenita Tawakkol Karman, l’impiegata egiziana Asma Mahfouz, che con un video su YouTube ha portato migliaia di persone a manifestare contro il presidente Hosni Mubarak, le poliziotte afghane che devono combattere contro i loro stessi colleghi per lavorare e Nadia Yassine, la politica conservatrice che sfida Mohammed VI, re del Marocco. Pagina dopo pagina le protagoniste di questo libro distruggono stereotipi e ci spiegano perché, come disse Maometto, «il Paradiso è ai piedi delle madri». E delle donne. Seguire i loro passi è fondamentale anche per noi. Perché se la sfida sui diritti femminili è ancora aperta in molti paesi, in nessun luogo è importante come nel mondo musulmano: è dall’esito di questo braccio di ferro che si capirà chi vincerà lo scontro fra conservatori e riformisti. E quali scenari futuri si apriranno per questa regione del mondo così densa di contraddizioni.
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