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Mi aspettavo di piu' da questo "Diario di Lena". Il problema è che la ragazza scrive per quasi 300 pagine gli stessi concetti. Certo non oso immaginare quanto sia dura sopravvivere nella Stalingrado assediata dai bombardamenti nazisti con pochissimo cibo e temperature sotto zero, ma dopo un po' la lettura pare monotona. Poi certi personaggi sbucano dal nulla e confondono le idee del lettore. Si poteva magari fare una specie di appendice a fine volume spiegando chi sono le varie persone di cui Lena parla.
Una testimonianza importante, la distruzione di una citta' con tutti i suoi abitanti in nome di una guerra assurda e assassina, in nome di un folle e del suo folle progetto di spazio vitale per il grande e superiore popolo germanico all'Est. Un libro che i nostri ragazzi dovrebbero leggere per capire come una ragazzina possa diventare adulta in una sola notte, come in brevissimo tempo la spensieratezza e la gioa di vivere possano trasformarsi in un incubo senza fine, paura follia fame miserie e perdite irreparabili di vite umane.
872 giorni, quasi 3 anni (settembre 1941-gennaio 1943), tanto è durato l'assedio che i nazisti posero alla città di Leningrado. Per gli sconfitti non era prevista pietà: i russi, come tutti i popoli slavi, non erano considerati appartenenti al genere umano. Ma come si viveva nella Leningrado assediata? A questa domanda risponde Lena Muchina (1926-1991), 16 anni, giovane scrittrice in erba, testimone diretta dei fatti, autrice di un diario recentemente ritrovato negli archivi prima sovietici e oggi russi. Nelle pagine del suo diario Lena racconta la vita di una città sempre più strangolata dai nemici che, non volendo impegnarsi in una sanguinosa battaglia strada per strada, attendono che la città cada per fame. E gli abitanti di Leningrado, pian piano, cominciano a morire letteralmente di fame. Durante i mesi del terribile inverno russo, ciascuna famiglia disporrà di un quantitativo compreso tra i 125 e i 250 grammi al giorno di pane. Un pane fatto di colla, foglie e segatura. La gente, disperata e affamata, cominciò allora a mangiare i propri animali domestici. Altri semplicemente si lasciarono morire d'inedia, altri ancora preferirono darsi la morte nei modi più disparati, piuttosto che finire nelle mani dei boia delle SS che già avevano preparato i piani per i massacri e le deportazioni. L'adolescente Lena ci descrive queste scene con l'immediatezza di una fotografia. Descrive le interminabili code notturne davanti ai negozi di alimentari, le slitte che trasportano i cadaveri dei morti per deperimento o malattia, le urla della gente impazzita per la fame o la paura, i primi casi di cannibalismo. Lena, come detto, aveva un sogno: diventare scrittrice. Il destino, invece, volle diversamente, ma ha comunque permesso che, a distanza di parecchi anni, la giovane Lena di allora ci lasciasse questa preziosa testimonianza sulla crudeltà dell'uomo, ma anche sul coraggio di una città e dei suoi abitanti.Un libro da leggere e da far leggere, soprattutto nelle scuole.
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