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Descrizione


Le rose, in questa favola quasi vera, sono fatte di carne viva,memoria d'amore e presente di fatica. Come l'«Encantadora»,mitica e fatale, dedicata nel 1947 a Evita Peróne al suo viaggio in Riviera, dove ai giorni nostri il quindicenneMarco ricerca e ricostruisce quel passato prossimoancora cosi dolente.


Marco ha un padre che si ammazza di fatica sulla terra ostile per piantare le nuove Dallas o le preziose MacArthur, e ha una madre, giovane e ancora chiara di vita, che lascia la casa e se ne va sulla collina di fronte, lontana dalle pietre e dai silenzi ostinati del marito, e accoglie nella sua nuova casa un uomo giovane e allegro come lei, con la pelle scura. Marco cerca a tentoni di spiegarsi questa lacerazione familiare e vorrebbe una guida; vorrebbe che anche per lui, come nei suoi amati western, ci fosse un cavaliere a insegnargli la solitudine. Ma la vita a quindici anni propone enigmi diversi e diverse fascinazioni: la piú paradossalmente concreta è quella donna bellissima dalla pelle color latte nella fotografia sulla credenza. E ne nasce un’altra trama per ritrovare la passione di un nonno che ha saputo viaggiare altri spazi e affrontare altre vie – del mondo e del cuore – per trapiantare le proprie rose nel giardino della Casa Rosada, a conforto di una donna magica ed evanescente di sofferenza.

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Dettagli

1990
1 gennaio 1997
IV-138 p.
9788806118877

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Marco
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Evita è Eva Peron l'encantadora; le rose sono quelle che il nonno, floricoltore, di Marco (figlio di Giuseppe e di Lisa) offrì a Evita durante il suo passaggio a Bordighera e che andò a coltivare per lei nel giardino della Casa Rosada, lasciando soli per cinque anni la moglie e il figlio Giuseppe piccolino: le antiche e preziose MacArthur, dette Marcantù. La storia che lega Evita al nonno di Marco è il sogno che segna l'adolescenza del ragazzo; è una delicata, piacevole lettura, caratterizzata da una scrittura impeccabile, limpida, scorrevole.

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Voce della critica


recensione di Ceserani, R., L'Indice 1990, n.10

Nico Orengo, di romanzo in romanzo, ha ormai creato un suo territorio letterario, preciso e riconoscibile, un analogo orenghiano del Wessex di Hardy o del paese degli Hobbit di Tolkien. Nel caso di Orengo si tratta di un territorio reale, fatto di borghi, montagne, rocce e spiagge, che viene riconvertito in paesaggio letterario, senza perdere i suoi referenti geografici e storici. È la fascia di terre, valli e coste che vanno da Bordighera a Mentone e costituiscono l'estremo Ponente ligure, con al centro la capitale Ventimiglia. È una terra antica, con resti preistorici rupestri, che ha conosciuto nella storia molti cambiamenti e riconversioni e ne porta tutti i segni.
In uno dei luoghi centrali, alla Mòrtola, c'è un antico palazzo, circondato da un grandioso giardino di piante esotiche, che è stato proprietà, dal Seicento, proprio degli Orengo e poi, dal 1867, del commerciante inglese sir Thomas Hanbury, qui trasferitosi dopo anni trascorsi in Cina. Questo e altri luoghi carichi di vita, di dura storia e di mitologie favolose, costituiscono lo sfondo anche del nuovo romanzo. Non è difficile tracciarne i connotati generali: l'impoverimento e lo spopolamento dei paesi alti di montagna, dediti alla pastorizia e alla coltivazione dei castagni, la trasformazione degli antichi borghi costieri abitati da pescatori in centri turistici e, sulle colline e nelle ripide vallate trasversali, le trasformazioni provocate dalla sostituzione degli uliveti e degli agrumeti con le fasce terrazzate coltivate a rose; le ville messe su dagli inglesi venuti al seguito di Giovanni Ruffini e della Henrietta Jenkin dopo il successo romantico-risorgimentale del "Dottor Antonio", cui hanno tenuto dietro personaggi vari e pittoreschi della fauna internazionale, poeti, avventurieri, uomini politici in esilio, guaritori in possesso del segreto dell'eterna giovinezza; la trasformazione dei rapporti economici e delle prospettive stesse dei paesaggi operata dall'inserzione violenta, negli spazi stretti fra la montagna e il mare, della ferrovia e più recentemente dell'autostrada (non più la prospettiva dal basso, dal mare, ma quella dall'alto e da mezza costa), gli insediamenti fitti e rumorosi a ridosso del mare e i conseguenti mutamenti nella sua vita biologica e animale; l'arrivo, soprattutto nei quartieri degradati di Ventimiglia, di una colonia di immigrati africani, provenienti d'oltre frontiera
Il nuovo romanzo ha al suo centro una vicenda di formazione, il divenire adulto di un ragazzo di quindici anni, Marco, diviso e strappato fra i luoghi della natura antica (la montagna dove il padre pianta le sue rose; le due casette, del padre e della madre, arrampicate sui monti dove regna il silenzio, si fatica, e la vita, le agitazioni, le passioni, i turbamenti degli uomini sono osservati da un angolo alto delle stanze dai gechi; il borgo sul mare dove abita la nonna e dove lui scende quando si ammala o quando è troppo turbato) e dall'altra parte i luoghi, che si sono violentemente intromessi, della civiltà moderna (le pompe di benzina sull'autostrada, dove va a lavorare la madre estraniata dal padre, dove approdano gli immigrati marocchini, dove vivono i meccanici, dove brillano le luci dei giochi elettronici che simulano le imprese della gioventù interplanetaria che conquista nuovi mondi).
L'itinerario di Marco, reso penoso e aggrovigliato dalla tensione tra le due forze d'attrazione contrastanti, si dipana pian piano con l'aiuto di due elementi: 1) lo scavo della memoria familiare, oltre le figure della nonna, del padre, della madre e dei loro attuali nuovi compagni, e il recupero della figura del nonno e di una sua vicenda avventurosa e romanzesca, la passione per una delle creature esotiche mandate dal mondo in quell'angolo di riviera, Evita Peron, e il viaggio del nonno in Argentina per andare a coltivare le rose Marcantù nel palazzo presidenziale: il recupero è ottenuto interrogando in modo assillante la nonna, cercando documenti e fotografie con l'aiuto del vecchio medico del paese, ritrovando nella villa Voronoff a Grimaldi la vecchia Cadillac coupé de ville su cui aveva viaggiato Evita Peron; 2)l'utilizzazione, per interpretare la realtà attuale, ardua e penosa, e la storia recente della famiglia, del paese, della vallata, di un sottotesto filmico, l'idillico, un po' dolciastro, classico western di George Stevens "Shane" ("Il cavaliere della valle solitaria", 1953), nel quale una famiglia di pionieri americani viene protetta da un misterioso straniero.
Il mondo del padre, chiuso nel silenzio, nella volontà di dimenticare, ha dei correlativi oggettivi molto forti: egli, che ha un corpo forte e grosso, una capacità rabbiosa di lavorare, una grossa rudezza e pulizia contadina, si identifica totalmente con il paesaggio povero e scabro delle sue terre, diviene egli stesso, quasi, un elemento del paesaggio. Il mondo in cui si muove la madre è più tenero e sognante, più legato ai paesaggi, ai personaggi e alle ballate del film di Stevens. Si espande, a volte, in qualche troppo facile situazione sociologica, soprattutto quando si muove in quella difficile zona geografica intermedia che sta fra le montagne e il mare e che sembra anche troppo popolarsi di personaggi e vicende che provengono dalle cronache dei giornali, ma non è privo dei suoi momenti di autentica profondità, e di episodi belli e convincenti (i segnali notturni tra madre e figlio, con le luci che si accendono e spengono alle finestre, i momenti di tenerezza quasi rischiosa, di allegria e bisogno di vita).
Alla fine del romanzo, la memoria recuperata del nonno e della sua passione per Evita Peron e quella intensamente rivissuta del film visto con occhi ingenui adolescenziali permettono a Marco di liberarsi dalle forze d'attrazione contrastanti che lo bloccano e di sentirsi in equilibrio fra la sua appartenenza a quella terra "di ulivi e di rose", a quel cielo troppo azzurro, alle canne del vallone "troppo verdi in primavera, troppo secche in estate" e, nell'altro campo di attrazione, il desiderio di andare anche lui, come il nonno, a coltivare rose per il mondo. È pronto per affrontare perigliosamente il futuro.

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Conosci l'autore

Nico Orengo

1944, Torino

Nicola Orengo è stato uno scrittore, giornalista e poeta italiano. Ha vissuto e lavorato a Torino dov'è stato responsabile per quasi un ventennio di Tuttolibri, l'inserto settimanale de «La Stampa».Ha lavorato presso le edizioni Einaudi, per cui ha pubblicato quasi tutti i suoi scritti. È stato anche autore di filastrocche per bambini.Tra le sue opere ricordiamo quelle edite da Einaudi: A-ulìulè, filastrocche, conte, ninne nanne (1972), Miramare (1976), Ribes (1981), Le rose di Evita (1990), Gli spiccioli di Montale (1992), L’ospite celeste (1999), Hotel Angleterre (2007), Islabonita (2009). Ha scritto la prefazione al libro di Ligabue Lettere d’amore nel frigo. 

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