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Gerusalemme e Atene. Studi sul pensiero politico dell'Occidente - Leo Strauss - copertina
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Gerusalemme e Atene. Studi sul pensiero politico dell'Occidente - Leo Strauss - copertina

Descrizione


In una serie di saggi, uno dei maestri del pensiero politico contemporaneo si interroga sulle radici profonde delle sue sconfitte di fronte ai problemi della modernità. Una sconfitta che può essere indagata e forse parzialmente rimediata proprio risalendo alle potenzialità ancora nascoste nelle ombre del passato, tra Atene, Gerusalemme e l'Islam. La chiave del problema Occidente, scrive Strauss, è ancora custodita nello scrigno d'Oriente.
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Dettagli

1998
1 gennaio 1997
483 p.
9788806121389

Voce della critica


recensione di Galli, C., L'Indice 1998, n.11

Leo Strauss è segno di contraddizione: ha conosciuto fiere opposizioni e fedelissime devozioni, e fra i molti discepoli del suo insegnamento statunitense scoppiano aggrovigliate contese sull'interpretazione della sua eredità politica e filosofica.Sospeso fra due mondi lontani tra di loro come la Germania degli anni venti e dei primi trenta e gli Stati Uniti, dove si rifugiò per sottrarsi al nazismo, e ancor di più fra due distinti universi morali e intellettuali come l'ebraismo con la sua Legge e la cultura occidentale con la sua filosofia, Strauss - nonostante l'interesse crescente che gli viene tributato (si registra una buona presenza delle sue opere in Francia, mentre in Germania sono in corso di pubblicazione le "Gesammelte Schriften*, curate da Heinrich Meier, autore anche, nel 1994, di una pregevole monografia) - attende ancora chi fornisca un'esauriente chiave interpretativa del suo pensiero.La cui cifra è forse più complessa di quanto appaia.
Ora, a fornire nuovo materiale agli studiosi italiani giunge, tra i volumi della "Biblioteca Einaudi", "Gerusalemme e Atene" (è la traduzione, con alcune omissioni e aggiunte, di due libri postumi di Strauss: "Studies in Platonic Political Philosophy", del 1983, e "The Rebirth of Classical Political Rationalism", del 1989), un'ampia silloge di scritti, molti dei quali inediti nel nostro paese, che coprono una larga porzione cronologica della produzione di Strauss a partire dagli anni trenta fino ai primi settanta, nonché una vasta sezione dei suoi interessi scientifici: dalla filosofia e dalla storiografia classica (con particolare riferimento a Socrate, Platone e Tucidide) fino a Maimonide, dalla critica del progresso fino alla tematizzazione dell'esoterismo filosofico e della sua ermeneutica, da Machiavelli fino alla legge di natura, dall'interpretazione della scienza politica contemporanea fino alla critica del progresso.Sono particolarmente da segnalare alcuni testi che documentano il confrontarsi di Strauss con autori tanto centrali nell'ultima delle "ondate della modernità" - cioè Nietzsche, Heidegger e Schmitt - quanto per la prima di tali "ondate" erano stati determinati i tre grandi ai quali ha dedicato tre distinte monografie: Machiavelli, Hobbes, Spinoza.Di alto interesse, poi (seguita da un profilo tematico, di Giovanni Giorgini), la ricca e impegnata introduzione firmata da Roberto Esposito, che fornisce feconde sollecitazioni interpretative, capaci di porre la questione Strauss all'altezza teologico-politica che le pertiene.Del resto, alla questione teologico-politica Strauss aveva dedicato, nel 1930, il lavoro più importante della propria fase tedesca: "Die Religionskritik Spinozas als Grundlage seiner Bibelwissenschaft". "Untersuchungen zu Spinozas Theologisch-politischem Traktat.
"La critica alla teologia politica è lo sfondo metafisico della prestazione scientifica di Strauss.In quest'ottica si deve cogliere lo sforzo straussiano di aprire una breccia nel compatto reciproco tenersi unitario fra la tradizione greca e la religiosità monoteistica semitica, fra ragione e rivelazione, fra intelletto e fede.Un'unità fra Atene e Gerusalemme - costitutiva della stessa tradizione cristiana dell'Occidente e della sua autocoscienza - "inventata" già dalla patristica (se non da Paolo), proseguita dalla scolastica, e infine rovesciata e distrutta ma non superata dalla secolarizzazione razionalistica moderna.Questa unità - che vede, nella tradizione, la ragione fondata sulla religione, ma può anche vedere questa, nella secolarizzazione moderna, privatizzata e marginalizzata dall'universalità mondana del "logos" - ha come proprio corollario la pretesa "politica" della teologia e poi della filosofia, la pretesa, cioè, che la vita associata sia informata dalla verità, che la "polis" sia il luogo in cui si esercita primariamente l'intelletto speculativo.
Obiettivo di Strauss è far saltare questa unità, questo incrocio fra religione, filosofia e politica; criticare la teologia politica e la filosofia che si fa politica; negare valore a ogni pretesa di realizzare la Verità.E il punto di vista da lui assunto a questo scopo è quello ebraico, unito a quello islamico - come suggerisce Esposito seguendo un'intuizione di RemiBrague; il punto di vista di chi sottrae la fede e la Verità ultima alla ragione, e le affida a una Parola rivelata che non è "logos" - che non è quindi interiorizzabile né secolarizzabile - ma Legge.Una Legge Originaria che è superiore alla filosofia e che governa la Città (senza essere teologia politica nell'accezione occidentale del termine), in modo tale che, libera dal peso di dover costituire il fondamento della politica, la filosofia risulta, paradossalmente, libera di esercitare il proprio spirito critico, la propria ricerca di una Verità non rivelata ma di ragione. Quello della filosofia è uno spirito irreligioso e distruttivo che la rende, in realtà, antipolitica; anche perché la filosofia - in questa silloge rappresentata soprattutto da Socrate - sa che il "discorso ingiusto" è l'unico possibile alla città.Il filosofo, quindi, deve difendersi dalla città, certo; ma deve anche difenderla dalla filosofia, se non altro per senso di responsabilità, per impedire che vadano distrutte dallo spirito filosofico le virtù che rendono possibile la coesistenza (e in ultima analisi anche la stessa possibilità della filosofia). Di qui la teorizzazione della reticenza, e la conseguente necessità di fornire un'ermeneutica; ma di qui anche il ruolo educativo dei filosofi verso la città, attraverso l'elaborazione di miti "civili"; e al tempo stesso la critica, cifrata ed esoterica, di quei miti in nome della ricerca razionale di una verità che non può farsi pratica.
È questa disgiunzione tra filosofia e religione, e tra filosofia e politica, fra Atene e Gerusalemme
- una disgiunzione che non è però separatezza, ma divieto dell'unificazione in una sintesi, e che quindi conserva la potenza normativa della rivelazione accanto alla capacità critica della ragione -, a fornire le coordinate intellettuali che spiegano molte delle posizioni di Strauss.Questo programma anti-teologico/politico è infatti anche anti-idealistico, e colpisce in primo luogo l'interpretazione vulgata di Platone e della sua "Repubblica". È non solo un anacronismo ma anche un errore teorico voler leggere in Platone quella coincidenza fra filosofia e politica che è il frutto del cristianesimo, e della sua secolarizzazione moderna.In realtà, per Strauss Platone ha sostenuto che l'ottimo Stato è irrealizzabile.
Il medesimo quadro metafisico spiega anche le interpretazioni straussiane della prima modernità, di Machiavelli, Spinoza, Hobbes, e l'insistenza con cui Strauss ha voluto dimostrare che la modernità è rovesciamento o abbassamento della tradizione cristiana, ma mai davvero critica dei suoi assunti.E non a caso la teoria politica moderna culmina nell'incapacità di distinguere fra Bene e Male, nella relativistica avalutatività che da Weber in poi rende la scienza politica cieca e politicamente dannosa.
Così, più che al suo conservatorismo antimoderno - indubbiamente presente nel suo pensiero - è forse giunto il momento di prestare attenzione, grazie anche a "Gerusalemme e Atene", allo Strauss segretamente anticristiano e anti-occidentale, che forse solo gli incombenti totalitarismi hanno avvicinato alla civiltà americana; e leggere in quest'ottica anche il suo approccio a Nietzsche - che svela il carattere menzognero della modernità - e a Schmitt, che è capace di criticare la secolarizzazione, contro la moderna falsa pacificazione liberale, mostrando l'origine, "seria" perché non esclusivamente razionale, della politica.Ovviamente, il rifiuto dell'uno e dell'altro nasce dal fatto che, pur diversamente, entrambi sono estremisticamente interni, dopo tutto, alla tradizione che distruggono.
Una tradizione teologico-politica su cui, per Strauss, si può gettare uno sguardo veramente critico solo "dall'esterno", a partire da quella "legge naturale" classica (non moderna) che resta agli interpreti spesso oscura, e che forse, pur presentandosi come una natura che si oppone alla storia, è proprio la reciproca tensione fra ragione e fede che esclude ogni loro "diveniente" e progrediente coincidenza.Ma il "diritto naturale" straussiano più che "dall'esterno" agisce come una critica che delle logiche unitarie della ragione dell'Occidente porta alla luce le interne aporie.E proprio nella speranza che la politica sia lo spazio dell'agire virtuoso in vista del Bene, e non il luogo in cui si sperimenta una qualche, senz'altro funesta, realizzazione della Verità, sta l'utopismo di Strauss; un utopismo non messianico ma orientato verso l'Origine che l'Occidente ha occultato, che è la cifra peculiare del suo "ebraismo filosofico".


BIBLIOGRAFIA

In Italia Strauss ha conosciuto una fortuna in un primo tempo contrastata, pur essendogli stata prestata qualche precoce attenzione da Bruno Leoni e dalla sua rivista "Il Politico"; in nome dell'illuminismo laico, dello storicismo, del normativismo kelseniano, Pietro Rossi nel 1954, Norberto Bobbio nel 1954, 1956 e 1958, e Guido Fassò nel 1958 (con due interventi), reagirono complessivamente non in modo positivo, alla riproposizione straussiana del diritto naturale oggettivo antico; anche Carlo Augu-sto Viano, nel 1962, recensì l'interpretazione straussiana di Hobbes con qualche perplessità.
Gli anni settanta hanno visto aumentare le traduzioni; e dagli anni ottanta la recezione di Strauss si è fatta meno difficile, anche se a tutt'oggi nel panorama italiano si segnala una sola monografia, centrata sulla critica straussiana al costruttivismo razionalistico. Le introduzioni premesse alle traduzioni delle opere di Strauss, in parecchi casi molto buone, consentono di cogliere un'influenza del pensiero di Strauss in senso antipositistico; un persistere della sua efficacia nell'ambito della "filosofia della "polis"", affiancato a Hannah Arendt e a Eric Voegelin; una sua circolazione negli studi hobbesiani e in quelli schmittiani; e soprattutto si profila una sua incidenza all'interno delle varie linee intellettuali (normative o decostruttive che siano) di critica della modernità filosofico-politica. In generale, tuttavia, l'efficacia italiana del pensiero straussiano non è paragonabile a quella, politico-ideologica, che esercita negli Stati Uniti; al riguardo si può vedere Germana Paraboschi, "Leo Strauss e la destra americana", Editori Riuniti, Roma 1993.
"Traduzioni". "Che cos'è la filosofia politica?", con un saggio di ArnaldoMomigliano e una nota di P. Franco Taboni, Argalia, Urbino 1977; "La tirannide. Saggio sul "Gerone" di Senofonte" (1948), a cura di Francesco Mercadante, Giuffrè, Milano 1968; "Pensieri su Machiavelli "(1958), Giuffè, Milano 1970; "Liberalismo antico e moderno "(1968), Giuffrè, Milano 1973; "Scrittura e persecuzione" (1952), introd. di Giuliano Ferrara, Marsilio, Venezia 1990; "Diritto naturale e storia" (1953), prefaz. di Guido Alpa, il melangolo, Genova 19902; con Joseph Cropsey, "Storia della filosofia politica", a cura di CarloAngelino, il melangolo, Genova 1993, 2 voll.; con Karl Löwith, "Dialogo sulla modernità", introd. di RobertoEsposito, Donzelli, Roma 1994.
"Letteratura critica". Oltre alle introduzioni citate si segnalano: Bruno Accarino, "Lo straniero e i profeti. Spinoza in Germania tra giudaismo antico e teologia politica (1910-1930)", "il Centauro", 1986, nn. 17-18,
pp. 107-28; Carlo Altini, "Ebraismo e modernità in Leo Strauss: la critica della religione di Spinoza e il problema teologico-politico", "Annali del Dipartimento di Filosofia", Università di Firenze, IX, 1993, pp. 109-59; Raimondo Cubeddu, "Leo Strauss e la filosofia politica moderna", E.S.I., Napoli 1983; GiovanniGiorgini, "Leo Strauss, lo straniero iconoclasta", "il Mulino", 1984, n. 293,
pp. 396-416; id., "Leo Strauss e la "Repubblica" di Platone", "Filosofia politica", 1991, n. 1, pp. 153-160; Mario Piccinini, "Leo Strauss e il problema teologico-politico alle soglie degli anni trenta", in Giuseppe Duso (a cura di), "Filosofia politica e pratica del pensiero". " Eric Voegelin, Leo Strauss, Hannah Arendt, "Angeli, Milano 1988, pp. 193-233.

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