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La spartenza - Tommaso Bordonaro - copertina
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La spartenza - Tommaso Bordonaro - copertina
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Dettagli

1991
1 gennaio 1997
XI-134 p.
9788806124458

Voce della critica


recensione di Ciafaloni, F., L'Indice 1992, n. 3

Dalla nota biografica apprendiamo che l'autore, nato nel 1909 a Bolognetta, un paesone di duemila abitanti nell'entroterra palermitano, ha cominciato le elementari, ma non le ha finite per via della prima guerra mondiale e ha scritto dopo essere andato in pensione nel 1974, a sessantacinque anni, in tre quaderni, completati e datati nell'agosto 1988.
Bordonaro ha oggi appena meno degli anni che avrebbe avuto mio padre, se fosse vissuto. I suoi primi figli sono un po' più vecchi di me. La campagna, la famiglia, i lavori della sua infanzia, non esistevano gia più in quella forma quando io sono nato, ma se ne raccontava ancora molto. Le trasformazioni che l'autore fa subire alle parole per metterle sulla carta, le deformazioni rispetto all'italiano corretto, sono analoghe a quelle che la maestra cercava di insegnarci e di scoraggiare nella scuola pluriclasse popolata di bambini esclusivamente dialettofoni che ho frequentato, finendola, per fortuna. II dialetto sarà stato ovviamente molto diverso, ma i meccanismi di traduzione, di correzione, di errore, sono simili. Su queste sole basi di una memoria scolastica un po' invecchiata, di una conoscenza diretta dei modi di costruzione della memoria in una società che non scrive, di un interesse per la vita dei contadini e degli emigranti, tento qualche considerazione. La lingua è molto lontana dal parlato, anche se reca tracce forti del dialetto. È la lingua di uno che scrive in una lingua straniera e per forza lo fa laconicamente, in modo scolastico e con gli errori. È piena di sicilianismi e di americanismi come sarebbe piena di italianismi l'autobiografia di un parlante italiano che scrivesse in inglese. È molto più parlato Leonardo Sciascia e, soprattutto il primo Sciascia, più vicino al siciliano. Non mi sembra vero che lo scritto non abbia formule. letteratie: ha le formule delle canzoni, del componimento scolastico, del racconto a voce. Per esempio "dolorosa e straziande e stata la spartenza", "quando mi è stato doloroso quest'altra spartenza", "la nuova spartenza e stata tanto dolorosa fino appianto rotto"; oppure "le lagrime che gli solcavano la faccia", "la faccia rigata di lacrime", ecc.
Bordonaro non scrive come parla, ma come pensa vada scritto. Le uniche parole che scrive facendo la trascrizione fonetica (che gli viene naturalmente diversa tutte le volte, come avverrebbe a chiunque non faccia il glottologo di mestiere) sono nomi propri in lingue straniere. Non i termini presi dall'americano (come 'storo' per negozio) che vengono trattati come italiani ma, per esempio, 'Iunarsteti America' per United States of America. Lui deve essere riuscito ad attraversare per mezzo secolo la società americana, a lavorarci, a viverci, ad allevare figli e veder nascere e crescere nipoti, a veder morire la moglie, un figlio, un fratello, senza nŠ scrivere nŠ leggere una parola d'inglese. Come si sbagliava Roberto Michels a pensare che gli analfabeti fossero molli come creta, perduti per la cultura di provenienza. Erano perduti per la cultura dei colti, che non li aveva per la verità mai trovati, ma nel mondo della famiglia, della lingua, delle tradizioni, erano chiusi, catafratti, impenetrabili. Si sono mossi, hanno lavorato e vissuto, trattando davvero unicamente con connazionali.
Il libro è nettamente diviso dalla partenza, dall'emigrazione, in due sezioni scritte con la stessa lingua, ma costruite diversamente, dal punto di vista della scelta degli episodi e del modo del racconto. La prima parte, malgrado sia precisa nelle date delle nascite di fratelli e figli, o di guerre e paci, ha l'andamento di un racconto scritto a memoria, basato spesso su altri racconti. Le cose di cui si parla sono o eventi familiari, spesso drammatici, nascite, partenze, morti o grandi calamità come la mitica epidemia di spagnola, di cui è piena la memoria di tutta l'ltalia che ha l'età per averla vissuta: "La genti moriva accatastrofi, nella nostra casa regnava la miseria: dopo tre anni che mio padre mancava da casa non vi erano cibi per manciare, neanche legna per fare fuoco per riscaldarci, che era inverno freddo".
La seconda parte, con l'eccezione di contrasti con parenti, sembra condotta sulla scorta di un album di fotografie ricordo o di un diario. Ci sono tutte le nascite, con il nome dell'ospedale, il nome del neonato o più raramente, della neonata, perchè i Bordonaro nascono maschi, l'altezza e il peso. Ci sono i resoconti dei viaggi in Italia, prima eccezionali, poi più frequenti, con date e luoghi, impossibili da ricordare se non si hanno appunti o fotografie con le date.
Nell'ambiente in cui Bordonaro nasce, quello dei contadini poveri, emigrati in grande numero negli Stati Uniti negli ultimi decenni del secolo scorso, i rapporti interni alla famiglia allargata sono intensi e dominati dai padri e dagli zii. È normale che un bambino viva presso lo zio, per essere mantenuto e lavorare. Questo accade a quattro anni a Tommaso Bordonaro, che va a vivere presso lo zio Pietro, senza aver mai conosciuto il padre emigrato; questo accadrà a sua volta al fratello Ciro. I matrimoni vengono combinati, decisi dai genitori e le doti duramente contrattate. L'uso della forza lavoro dei figli maschi e delle loro mogli è un elemento importante della decisione di sposarsi e della scelta della persona, meglio della famiglia, della sposa.
Tommaso però si innamora di una ragazza che ha una famiglia irregolare. II padre è partito per l'America e non è mai tornato, la madre convive con un uomo separato dalla moglie e dai figli, anche loro in America, e con lui ha avuto un'altra figlia . La reputazione perciò è dubbia e la dote men che dubbia, perchè in sostanza la madre della ragazza non ha nulla. A Tommaso, che è un ragazzo, partito per fare il militare, questo non importa perchè ha "preferito sempre più all'amore proprio e al rispetto e la sincerità più che ai bene stare", cioè ai beni materiali. II padre però è di tutt'altro avviso e blocca tutto, direttamente con la famiglia della ragazza, senza dire nulla al figlio, che informa e cui ordina di rompere il rapporto quando torna in licenza. Quando il padre acconsente, lo fa con la chiara clausola che nulla verrà dato al figlio, come nulla viene dato alla nuora, che essi lavoreranno per il vitto e l'alloggio, che nulla erediteranno, loro e i loro figli, che gli unici loro averi saranno quelli guadagnati lavorando a giornata fuori casa. Ragioni d'onore vogliono però che il matrimonio che non puo essere fatto nella forma dovuta, con la pompa necessaria e lo scambio di beni, avvenga come riparazione di una fuga insieme dei due innamorati. Un opportuno viaggio della madre della sposa a Palermo consente che il giovane con l'aiuto degli zii, porti la giovane e il suo corredo a casa propria. A questo punto il matrimonio vero, davanti ai parenti, è gia avvenuto. " Venuta la sera, al buio io, e gia posso chiamare mia moglie per senzo umano, siamo andati in casa dei genitore...". In quanto a scrivere davanti al prete e alla legge non sembra esserci fretta. Tutti e due lavorano, visitano parenti e ricevono consensi, si procurano documenti non facili da ottenere per le complicazioni dello stato di famiglia della ragazza. Alla fine "avendo passato dei mesi da questa storia mia moglie e rimasta incinta ed io in marzo 1933 sposavo con mia moglie e nel maggio diciannove venerdì in casa dei miei genitori mi è nato il primo figlio, dove abbiamo messo il nome Giuseppe come mio padre".
Nessun accenno, in una Sicilia piena di preti, a divieti religiosi o a rapporti sessuali leciti o illeciti. I giovani lavorano, mettono su una casa propria, in una casa pagliera (che deve essere l'analogo di quelle che in Abruzzo si chiamavano nella forma italianizzata 'pinciare', e Jarach le fotografava nel rapporto sull'emigrazione per far vedere da dove erano scappati quelli che andavano in America) ceduta da uno zio. Nasce un secondo figlio, se ne annuncia un terzo, mentre il secondo è nel pieno dell'allattamento. A questo punto scoppia la tragedia. Lei tenta l'aborto, ha fortissime perdite di sangue e dopo un doloroso pellegrinaggio in treno e in taxi, tra Bolognetta e gli ospedali di Palermo, muore dopo aver dato alla luce il feto morto. Così andavano le cose nell'ltalia tradizionale, ben protetta da Santa Madre Chiesa. È degno di nota che malgrado il procurato aborto sia più che evidente, stando al racconto, nessuno pensi di denunciare alcunchè, nŠ i medici, nŠ i funzionari, nŠ il prete, e perciò una volta gli aborti non c'erano.
È impossibile ricostruire le stratificazioni delle opinioni. Chissà se il giudizio positivo sul fascismo ("In Italia vi era un ordine severo, onesto e di rispetto in confronto agli altre nazione: dove andava un italiano era trattato bene e con rispetto e così tutto andava bene") e la proiezione all'indietro del filofascismo degli emigrati o se è datato davvero 1936 ed è un esempio del consenso alla conquista dell'impero ("avendo subito le sunzione di 54 nazione ha vinto, occupando tutta l'Africa, alzando il re Vittorio Emanuele Re d'Italia Imperatore dell'Abissinia"). Certo manca ogni sia pur minimo accenno al fatto che la guerra aveva diviso il suo paese da quello in cui è andato a vivere, dove abitavano già parenti propri e parenti di amici. Gli stati con la vita vera non c'entrano. Le guerre sono come calamità naturali.
Bordonaro è tornato varie volte in Italia, per necessità, per salutare i parenti, per spendere i soldi ricavati dalla vendita di tutto ciò che possedeva in Sicilia. Ha puntualmente annotato le tappe obbligate del viaggio turistico. Ma ha continuato a viaggiare come un contadino, aspettando il treno per ore alle stazioni, vivendo per intero, senza una cuccetta il trasferimento al sud, così lungo che, come diceva Sciascia, sul Roma-Palermo si fa in tempo a sposarsi.
Solo nell'ultimo ritorno, fatto per accompagnare un nipote, che, come è tipico e documentato, a differenza dei figli, vuole cercare le radici, si muoverà usando mezzi di trasporto coerenti. Lui fa parte di quella Italia che era abituata a misurare le distanze in giornate di cammino e che continua a riempirmi di angoscia quando la vedo assorbire con mesta rassegnazione le ore ed ore di ritardo e le notti di attesa, misurando sempre il tempo a giornate e non ad ore, perchè in ogni caso non legge abbastanza correntemente da consultare un orario. Io invece leggo l'orario e mi arrabbio molto di più e penso , oltre alla coincidenza che sto perdendo, all'immensa riserva di pazienza di cui ha abusato per secoli un'amministrazione in genere infame.
Non è vero che Bordonaro in America ha messo le radici. Ha messo, caso mai, i rami e le fronde. Sta lì la sua famiglia, la rete dei suoi parenti, tutto il mondo insomma. Ma lui è rimasto siciliano senza clamore, come si addice alla sua personalità schiva e isolata (nŠ il passato politico nŠ l'esperienza operaia sono serviti, grazie a Dio, a farne un personaggio).

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