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Una scrittura che cattura e t'ingroviglia per poi ritrovare il filo e scoprire un'incantevole quasi surreale ironia. Veramente un buon libro, da consigliare a tutti.
un libro ostinatamente letterario, noioso, aggrovigliato su un Io che non smette mai di compiacersi, eppure non invade mai lo spazio della scrittura, tentando di mostrarsi misurato... un libro che non riuscirei mai a finire, nemmeno fosse la mia unica compagnia su un'isola deserta: per me, e forse per la mia generazione, roth è uno scrittore vecchio, inevitabilmente lontano, soporifero come un viveur che tenta di scandalizzare un salotto di vecchiette.
Recensioni
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La complessità e i diversi possibili livelli di interpretazione di questo romanzo sembrano già essere presenti nelle implicazioni del titolo. Rimanda infatti il titolo in inglese (The Ghost Writer) alla figura dello scrittore-ombra, colui che scrive lasciando ad altri il merito del proprio lavoro. Il romanzo è tutto costruito su un gioco di specchi, nel confronto fra il giovane scrittore alle prime armi Nathan Zuckerman e l'affermato autore Lonoff. Nel complesso rapporto che si instaura, e che il lettore segue attraverso il punto di vista di Zuckerman, sono molti gli scambi di ruolo e i ribaltamenti di situazione. Se è Nathan l'ombra di Lonoff, egoisticamente intenzionato, pur nella sua onesta ammirazione, ad assorbire dal maestro tutto ciò che può risultargli utile, anche Lonoff è a sua volta uno scrittore-ombra, disilluso ma ancora pronto a offrire generosamente la propria esperienza al "furto" del più giovane autore. Oltre a questo, Lonoff è un fantasma sopratutto nella sua "invisibilità". Isolato dal mondo, stancamente trincerato dietro una vita monotona e una dedizione maniacale, ma non autocompiaciuta, alla scrittura, lo scrittore offre a Zuckerman un'immagine desolante, che però il giovane, nella sua esaltazione e nei suoi sogni di gloria, vuole ostinatamente ignorare o riscrivere in termini di eroicità. E, naturalmente, il vero scrittore-ombra dietro i suoi personaggi è Roth stesso, in perfetto equilibrio tra le due figure completamente opposte, mascherato dietro una impietosa impassibilità di sguardo, che nasconde in realtà una profonda partecipazione al tema trattato.
La domanda fondamentale che lungo tutto il romanzo Lonoff, con il suo esempio, sembra porre, è: perché si scrive? E l'unica risposta possibile sembra essere la citazione tratta da Henry James che Zuckerman trova davanti alla scrivania del maestro: "Noi lavoriamo nelle tenebre (...) Facciamo quello che possiamo (...) Diamo quello che abbiamo. Il dubbio è la nostra passione e la passione è il nostro compito. Il resto è la follia dell'arte". È questa la lezione più importante che il giovane scrittore dovrebbe assorbire, quella della scrittura come atto gratuito, fine a se stesso, passione ineludibile, indipendente dalle aspirazioni, dalle circostanze, dalle possibilità di fraintendimento e di fallimento. Ma questa è anche la lezione che il ventitreenne Zuckerman, inesperto ma presuntuoso, mosso da passione e talento, ma anche da egoismo e ansia di affermazione, non può capire.
E come Zuckerman è ancora al di qua di una certa soglia che gli impedisce di affrontare l'atto della scrittura nella sua univoca purezza, così non è neanche libero dai condizionamenti sociali legati alla figura dello scrittore. Infatti, ed è questo un tema molto caro e sentito personalmente da Roth, Zuckerman, pur nella sua ribellione, non può evitare di fantasticare su un glorioso reinserimento nella comunità ebraica, una "riabilitazione", invece di proseguire nella costruzione di una identità originale e non condizionata dalle proprie origini.
Tutti questi temi complessi e delicati vengono affrontati da Roth con una lucidità e una eleganza straordinarie. Il romanzo, con la sua impietosa ironia, corrispettivo formale della complessità di sguardo dell'autore, riesce sempre a non cadere, anche nei momenti più difficili, nel patetico, nel banale o nell'ovvio. Nessun personaggio viene risparmiato, non ci sono verità definitive da affermare, non c'è bellezza o poeticità che non sia anche a rischio di trasformarsi, con un repentino cambio di punto di vista, in grottesco, o al contrario, non c'è viltà che non nasconda anche una sua umana giustificazione.
Pubblicato per la prima volta nel 1979 (ora ristampato da Einaudi in una nuova traduzione), il romanzo segna anche l'ingresso in scena di un personaggio, quello di Nathan Zuckerman, di cui Philip Roth seguirà l'evoluzione in altri sette romanzi, sviluppando un destino che il personaggio portava già in nuce nello Scrittore fantasma. Opera al tempo stesso profonda e narrativamente avvincente, il tratto più importante di questo romanzo di Roth sembra essere la dolorosa bellezza con cui l'atto dello scrittura, passato attraverso lo sguardo cinico dell'autore, spogliato di ogni illusione, senso e logicità, brilla finalmente di tutta la sua misteriosa e autonoma dignità.
A oltre vent'anni dalla prima pubblicazione, torna, con una nuova traduzione, il romanzo di Philip Roth che segna il battesimo di Nathan Zuckerman, alter ego storico del grande autore americano. La futura voce narrante del ciclo di Pastorale americana e La macchia umana, è un giovane scrittore di belle speranze che fa visita a Emanuel Isidore Lonoff, suo modello e maestro. Ospite per una notte nel buen retiro del famoso scrittore, il ventitreenne Zuckerman diviene testimone di strani e imprevedibili avvenimenti che hanno per protagonisti Lonoff, la moglie Hope e Amy Bellette, un'affascinante ragazza che vive con la coppia. Tra discussioni e riflessioni sulla scrittura, l'ebraismo e i problemi familiari, il giovane indagherà nella vita apparentemente monacale del maestro scoprendo una sorprendete verità: dietro la misteriosa giovane donna si nasconde in realtà Anna Frank, l'autrice del Diario più famoso del mondo, scampata all'Olocausto e innamorata di Lonoff.
Incentrato sul tema della letteratura e sulla figura dello scrittore, perennemente diviso tra le esigenze dell'arte e le pretese della vita, Lo scrittore fantasma si rivela un romanzo fondamentale dell'intera produzione di Philip Roth. Una vicenda emblematica in cui l'autore ci regala anche i ritratti sotto mentite spoglie di due grandi scrittori ebreo-americani del Novecento. Lonoff è infatti l'alter ego di Bernard Malamud mentre il più volte citato Felix Abravanel è Saul Bellow.
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