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Anno edizione: 2017
Anno edizione: 2014
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Deludente, soprattutto perchè è di Roth, scrittore grandissimo. Diverse spanne sotto i suoi capolavori classici (penso a Ho sposato un comunista, La macchia umana, Pastorale americana, e altri). Poco calato nella vicenda politico-sociale del tempo (e ci sarebbero stati gli argomenti, eccome) e questo è un grande peccato, perchè Roth al riguardo è un maestro come De Lillo, come Mailer. Umanamente poverello. Scritto benissimo, ma almeno ciò Roth lo deve al lettore, visto che meriterebbe ampiamente il Nobel.
Vorrei Trarre spunto da questo libro ,perchè Roth è uno scrittore da me molto amato,per aprire una piccola polemica.Ho acquistato il libro, l'ho letto, e mi è piaciuto come del resto tutti i libri di questo grandissimo scrittore,ma sono stanco di spendere cifre astronomiche per coltivare un hobby come quello della lettura che dovrebbe essere alla portata di tutti. Io leggo dai 50 ai 60 libri ogni anno,anche se ne acquisto molti di più,e ritengo inopportuno e spropositato il prezzo di alcuni se non della maggior parte di essi,vedasi appunto i 16 euro di questo o la stessa cifra per acquistare l'ultimo di Coe per non parlare della maggior parte delle pubblicazioni di Adelphi. Vengo al punto,io amo leggere (al punto che a volte non esco per finire un libro che mi sta appassionando)e mi piacerebbe condividere con più persone l'amore per la lettura,ma se si continua così io credo la gente si allontanerà da questo fantastico mondo. Cordiali saluti e scusate lo sfogo, spero tanto che non mi censuriate.
la realtà è quella che sai vivere!
Recensioni
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“Ha chiamato il Re dei Filetti d’Aringa. È cotto di lei, tesoro. Lei è il Charles Dickens degli ebrei. Queste sono state le sue parole. Lo ha offeso, signor Zuckerman, non richiamandolo.”
Parte della prima trilogia che comprende The Ghost Writer (1979) e The Anatomy Lesson (1983), seguiti poi da una novella breve in forma di epilogo, “The Prague Orgy” (1985), questo Zuckerman Unbound, datato 1981, prosegue il ritratto di un personaggio molto amato da Philip Roth: Nathan Zuckerman, “incarnazione” letteraria dello scrittore americano.
Dopo lo Scrittore fantasma, ritroviamo il giovane Zuckerman piuttosto cresciuto e decisamente ricco e famoso, ma non certo soddisfatto. Con il caustico umorismo che contraddistingue la scrittura di Roth, Zuckerman viene ritratto, in un’America anni Sessanta, come un nevrotico incapace di mantenere duraturi rapporti sociali e personali, che si confronta con il fallimento del matrimonio, i dissidi con il fratello e, per contro, l’invadenza becera e ossessionante delle persone che, grazie alla sua popolarità, si ritengono in diritto di sommergerlo di messaggi e lettere con ogni sorta di richieste, consigli, suggerimenti e addirittura minacce. Lo scrittore, come il Prometeo del mito e del dramma di Shelley da cui tuttavia si allontana in molti sensi, cerca di affrancarsi, tramite la sofferenza (che si autoimpone), dalle catene dell’oppressione (sociale, familiare e morale), celebrando il trionfo della libertà: “la libertà di divertirsi”. Più che un Prometeo liberato il protagonista di Roth è dunque uno Zuckerman scatenato di fronte al quale non si prospetta esattamente l’Olimpo...
Attraverso la figura di Zuckerman Roth ha messo in luce alcuni aspetti del lavoro di scrittore ed esplorato il rapporto tra un personaggio e il suo creatore. Elementi come l’identità e la sessualità maschili, una certa forma di egoismo e la mancanza di sentimenti profondi sono presenti frequentemente nelle opere di Roth e nel suo alter ego letterario. Si è parlato anche moltissimo della continua analisi e raffigurazione dell’identità ebrea americana, ma fino a che punto è possibile delimitare atteggiamenti e abitudini nelle costrizioni di una tradizione che non sia assolutamente collettiva? Allora si potrebbero anche analizzare gli elementi di “newyorkesità” che caratterizzano i suoi protagonisti (e anche questo si è fatto) o dibattere sulla forte moralità delle sue opere, da taluni messa in discussione, o, ancora, riparlare dell’Olocausto come trauma storico che inevitabilmente sta alla base di ogni suo romanzo.
Inutile tentarlo in questa sede. Troverete nella bibliografia internazionale un numero sterminato di saggi che approfondiscono questo o quell’aspetto della sua scrittura. Da sottolineare semplicemente l’indispensabilità di questa lettura anche alla luce di un discorso più ampio sull’evoluzione della narrativa americana da Saul Bellow, Bernard Malamud e Norman Mailer che l’hanno preceduto, anche se di poco, ai tanti che lo hanno seguito o accompagnato, come Paul Auster e DeLillo.
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