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Davvero ostico e difficile, certo alcuni argomenti sono interessanti ma la lettura è pesante e poco chiara. C'è di meglio.
Lettura davvero appassionante anche per un neofita dell'argomento, Farinelli scrive benissimo, in modo accattivante e scorrevole.
Farinelli scrive davvero bene, in modo chiaro e, nonostante parli di un argomento molto scientifico, ti trasporta tantissimo attraverso i secoli e i pensieri
Recensioni
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In questo studio dei modelli del mondo elaborati nel tempo, greci soprattutto, ma anche indù, romani, medievali, Farinelli, uno dei maggiori geografi italiani, offre una ricca e sistematica disamina di quella che è la tendenza all'organizzazione del territorio da sempre propria dell'essere umano. Se infatti è vero che la cartografia serve "a trasformare l'invisibile nel visibile, il software nell'hardware", non fa meraviglia che essa abbia radici antiche. Ecco allora la figura di Ulisse, che percorre in lungo e in largo il libro come perfetto archetipo del viaggiatore, fondersi con la rilettura in chiave geografica di alcuni celebri miti della grecità, come quelli di Dioniso, Apollo e Teseo. Il respiro della trattazione è ampio, le sponde toccate variegatissime, le digressioni di estremo interesse. L'autore non esita a trascinare nel discorso le voci di Tasso, Heidegger, Kant o MacLuhan, all'insegna di un approccio, per molti versi, sostanzialmente filosofico e semiologico. Al centro si colloca in effetti la storia dell'organizzazione del territorio, per esempio con la messa in rilievo del passaggio dal decentrato modello urbano babilonese, o fenicio, a quello greco della città dotata di agorà, fino alla città "fordista", "keynesiana", e, infine, "globale". È però sempre costante la riflessione sul rapporto fra rappresentazione e realtà. Da qui il coinvolgimento nell'analisi di quella che è la dimensione ontologica della materia. Troppo a lungo infatti, afferma l'autore, "si è creduto che la geografia fosse il sapere relativo a dove le cose fossero, senza accorgersi che in realtà, nell'indicare questo, la geografia decideva che cosa le cose erano".
Daniele Rocca
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