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Koba il terribile
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Koba il terribile - Martin Amis - copertina
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Koba il terribile

Descrizione


Non come storico, né come romanziere, bensì come figlio di un esponente del partito comunista inglese negli anni Quaranta, che poi rinnegò la propria ideologia comunista, Martin Amis si chiede perché molti intellettuali ora ridano della loro infatuazione per il regime stalinista, in un modo che nessuno dai trascorsi nazisti si permetterebbe. È questa la risposta che gli preme trovare nelle pagine del libro, dove al racconto degli orrori compiuti in Russia si alternano ricordi personali di vita domestica in un libro che non è un pamphlet politico, ma un esame di coscienza dai risvolti polemici.
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Dettagli

2003
18 novembre 2003
285 p., ill. , Rilegato
9788806167011

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Lucy
Recensioni: 5/5

Basterebbe un'unica fotografia, quella degli antropofagi, per sconvolgere qualsiasi persona onesta. Un susseguirsi di orrori senza fine, la condanna a morte di un paese che ha dato personalità straordinarie, con una continua "selezione al livello inferiore". Veramente è sufficiente, mi chiedo, la più volte citata paranoia di Stalin per spiegare tutto questo? Continuerò a leggere e a cercare di capire.

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Astrea
Recensioni: 5/5

Sottolineo sostanzialmente i giudizi fin qui espressi... Notevole il pregio della scorrevolezza. Soffermarsi sui crimini dello stalinismo non mi fa dormire la notte, come quando leggo i libri sullo Sterminio... Giuro che non ne leggerò più, e poi ci ricasco. Stavolta ne valeva la pena.

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more.disagio
Recensioni: 3/5

Godibile. Scorrevole. Strutturato in brevi frammenti che grazie all'aneddotica, storica e personale, tentano di ricostruire e spiegare Stalin e la vertigine staliniana. Fin qui nulla di male se non fosse che Amis si impegna a dovere per investire l'opera della propria abiura al comunismo che diventa malafede storica quando illustra il teorema che vuole Staln naturale evoluzione di Lenin nonchè necessario specchio di Hitler: tutti e tre partoriti, insomma, dallo stesso grembo malato di lucida e sadica pazzia. A fine libro ho ripensato alla tagliente stoccata pronunciata da Concetto Marchesi nel '56: "Tiberio, uno dei più grandi e infamati imperatori di Roma, trovò il suo implacabile accusatore in Cornelio Tacito, il massimo storico del principato. A Stalin, meno fortunato, è toccato Nikita Kruscev." A noi, oggi, tocca Amis che saccheggia e rinchiude nello stesso orizzonte propagandista Salomov ed Evgenija Ginzburg,Sol?enicyn e Grossman così da piegare loro e le loro opere ai teoremi psico-storici dei due Robert britannici, Service e Conquest. I più famosi epigoni dell'equipollenza tra il rosso e il bruno. Insomma. Sul tema risulta più a fuoco il libro di Gianni Rocca, Stalin Quel Meraviglioso georgiano.

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Voce della critica

Secondo il poeta russo Samoilov, Amleto non è un malinconico irresoluto: egli è "deciso e intelligente", ma è "lento ad essere distruttivo" ed esitante guarda il "globo delirante" attraverso il "periscopio del tempo". Dal profondo dei suoi "tormenti metafisici", Martin Amis, come Amleto, scruta con il "periscopio del tempo" l'inestricabile intreccio fra esistenza e storia, quale "esperienza" che si configura come nemesi. I "tormenti" di Amis, infatti, scaturiscono da un "sintomo subliminale di lutto": la morte del padre avvenuta nel 1995.

Oltre a essere scrittore e poeta, Kingsley Amis è stato anche un esponente di quell'intelligencija britannica che ha percorso i sentieri interrotti di un secolo "devastante" (secondo la definizione del suo amico e sodale Robert Conquest storico del "grande terrore" staliniano). Kinsley Amis ha manifestato una spiccata tendenza alle sbornie e al comunismo, lasciandosi inebriare dall'ideologia anche quando, negli anni sessanta, è transitato dalla fede comunista a quella anticomunista. In Esperienza (2000; Einaudi, 2002; cfr. "L'Indice", 2002, n. 11) Martin Amis ha lasciato parlare la memoria ricostruendo (alla luce di una sorta di "realismo meditativo") il suo romanzo di formazione e la sua metamorfosi da Osric (una "zanzarina" dai modi "compiaciuti ed affettati" ) ad Amleto. All'ombra della rimembranza, Amis ingaggia un duello con l'esperienza (la "triste nemica") in una terra desolata di "fuoco e cenere" funestata da perdite gravi: la scomparsa del padre (che era l'"intercessore", la figura che si erge "tra il figlio e la morte") e la tragedia collettiva dei "venti milioni di morti" vittime del totalitarismo terrorista. Nel secolo delle ideologie "assassine", infatti, il "crollo del valore della vita umana" non ha impedito a Kingsley Amis (per un quindicennio a partire dal 1941) e alla "nuova sinistra" sessantottarda di credere nella "giocosa messinscena" della rivoluzione mondiale guidata dalle due avanguardie redentrici: il proletariato e l'intelligencija.

Koba il Terribile è perciò una sorta di "simposio" di spettri in preda a una "sbronza spirituale", un macabro festino organizzato da dottrinari paranoici. Tra spleen e ideologia, protagonisti della notte di Valpurga del comunismo sono il fantasma di Kingsley (che in vita nutriva un "amore intramontabile" per i simposi e le "discussioni conviviali") e gli spettri dei due demoni dottrinari: Lenin (con la sua ridicola immortalità imbalsamata) e Stalin (il misterioso convitato d'acciaio che in gioventù aveva scelto lo pseudonimo di Koba, il fuorilegge amico del popolo protagonista del romanzo Il parricida di Aleksandr Kezbegi).

Nella "lettera al fantasma di mio padre", Martin Amis si confronta con quell'"esperienza del fanatismo" che ha indotto Kingsley a credere nel "comunismo sovietico" e a scegliere, insieme alla "stragrande maggioranza degli intellettuali occidentali", la "realtà sbagliata". Il "bisogno emotivo" di partecipare alla costruzione della "Città Giusta" in nome di un "nobile" ideale e l'insoddisfazione rapace nei confronti di quel capitalismo borghese che sembrava destinato al tramonto hanno indotto, nella prima metà del Novecento, i fedeli di una religione senza trascendenza a vedere in Stalin l'icona dell'ineffabile edificazione del comunismo. Spacciate in Occidente, le droghe del Cremlino hanno provocato la fantasmagorica visione di un ordine nuovo e di una nuova civiltà.

Amis si mostra indulgente verso la generazione dei padri; di contro, la lettera indirizzata al "compagno" Hitchens (giornalista e saggista; negli anni settanta ha collaborato con Amis al settimanale "New Statesman", fondato nel 1913 da "stravaganti e creduloni accoliti dell'Urss" come i Webb, Wells e Shaw) è animata da una vis polemica. Hitchens è una figura emblematica di quella "nuova sinistra" che ha visto in Trockij la "grande icona dell'occasione perduta" e la "fonte" di una rinnovata "energia rivoluzionaria". Fino al "crollo" del comunismo, Hitchens è stato un ammiratore di Lenin e di Trockij e del "terrore" e ha contribuito a "posticipare" la rivelazione della verità storica (dopo l'11 settembre, il trockista Hitchens ha aderito all'"internazionalismo democratico" dei neoconservatori americani). Per Amis, lo stesso Trockij era un "bastardo assassino" e un "lurido bugiardo": l'"eterno rivoluzionario", infatti, è stato un demiurgo sia del "repertorio di meschinità e di insensatezze" del bolscevismo, sia di quello stato di polizia perfezionato da Stalin.

Il "genio del bolscevismo" è espressione di un satanismo virtuoso che è riuscito ad assurgere all'empireo del mito; nella sua discesa nel paradiso capovolto del comunismo forgiato da demoni meschini, Amis sceglie come guide Conquest, Tibor Szamuely, Solženicyn, &Stilde;alamov, Volgokonov, Nabokov. Con le "dieci tesi " su Lenin e con il "breve corso" su Iosif il Terribile, Amis compone un romanzo horror storico che è, anzitutto, una sorta di "autopsia" del cadavere imbalsamato del bolscevismo. Sebbene si autodefinisca uno scrittore satirico che non crede in "nulla", Amis tende ad arginare la sua musa, l'"ironia militante", e stila un "inventario" orrorifico dell'esperimento sovietico. Nella Russia postcomunista, invece, l'assurdismo di scrittori come Pelevin e Sorokin, ponendosi nella scia dell'imagerie satirica di Bulgakov e Bachtin, si configura come una fenomenologia paradossale e dissacrante della tragicomica surrealtà dell'ideocrazia sovietica.

Dal canto suo, Amis sottolinea che, nonostante la "brutalizzazione ideologica" della Russia e il "grande terrore", il comunismo è stato fonte di ilarità e il suo stesso crollo ha suscitato la "catastrofe della risata". Secondo Amis, il mistero buffo del comunismo risiede nella "grottesca rapidità" con la quale l'utopia è diventata "distopia". In realtà, il ridicolo è consunstanziale all'utopia, quale parusìa degradata e crudele che coniuga l'eudemonismo con l'ossessione di un'altra terra. L'utopia vuole inverare nella storia l'omogeneità sociale, pianifica l'avvenire ed è totalizzante, perché impone l'ortodossia ideologica. Quale sogno ridicolo, il comunismo sovietico ha "politicizzato" anche il sonno trasformando l'Urss nel crepuscolare continente onirico del radioso avvenire. Il leniniano riso atrabiliare della denigrazione dei nemici ideologici e le staliniane veglie dell'ideocrazia hanno custodito il sonno stordito causato dalla vertigine di ineffabili successi. Per Amis, invece, la vertigine del fallimento era inscritta nel codice genetico del bolscevismo a partire da Lenin che, con il suo nichilismo "infantile e da incubo" ha scatenato una guerra civile permanente che si è caratterizzata come "controrivoluzione "o (secondo la definizione di Herzen) "retrorivoluzione". Tale "controrivoluzione" si è basata su quattro capisaldi: "terrore", "carestia, "schiavitù" e fallimento. Questi quattro cavalieri dell'apocalisse comunista non sono figure dell'escatologia marxista: essi derivano dal retaggio dell'inveterato dispotismo russo e dai demoni nichilisti del XIX secolo (Černyševskij e Nečaev). Da questo connubio tra autocrazia e nichilismo è nato Koba il Terribile, l'uomo nuovo che ha fatto raggiungere al comunismo la "perfezione negativa" di utopia crudele.

Nel descrivere la genesi del "grande terrore" e del Gulag, Amis segue un orientamento ermeneutico che è stato inaugurato negli anni trenta da Boris Souvarine nel suo libro su Stalin (che lo scrittore inglese non cita): Koba il "Brutale" (grubyj come amava autodefinirsi lo stesso Stalin) è il retaggio di una "nemesi di Stato" che ha ricondotto la Russia all'atavismo moscovita, ai tempi dell'opričnina di Ivan il Terribile: in tal senso, il comunismo sovietico è stato una sorta di tragica parodia carnevalesca dell'età dell'oro forgiata dalla rivolta del "mondo delle tenebre" e fondata sulla paura totale. Addentrandosi nella labirintica esperienza dello spettro dello stalinismo, Amis accredita l'immagine della "tradizione russa" come irriducibile anomalia mostruosa (che sembra perpetuarsi in Putin, il "liquidatore" degli "oligarghi"). In realtà, il comunismo sovietico è sorto da un'eteroclita alchimia tra nichilismo russo (ed europeo), utopismo socialista e profetismo apocalittico marxiano (così come è espresso nel Manifesto del partito comunista). Al simposio di Amis non è stato invitato lo spettro di Marx: con la sua escatologia apocalittica, Marx è un revenant che non solo annuncia una minaccia passata (il comunismo), ma, secondo Derrida, continua a inscenare la "sarabanda" spettrale del feticismo delle merci.

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Conosci l'autore

Martin Amis

1949, Swansea

Martin Amis è stato uno scrittore britannico. Figlio del notissimo scrittore Kingsley Amis, prima di dedicarsi completamente alla scrittura narrativa il giovane Martin ha collaborato con il London Observer, il Times Literary Supplement e il New Statesman, di cui è diventato direttore all’età di 27 anni. La sua produzione letteraria comprende romanzi, racconti, saggi e sceneggiature, con cui si è guadagnato la fama di autore satirico tra i migliori del suo tempo. Il debutto come narratore è stato nel 1973 con The Rachel Papers, al quale hanno fatto seguito, tra gli altri, i racconti di Altra gente. Un racconto del mistero (1981) e di I mostri di Einstein (1987), e i romanzi Money (1984), Territori londinesi (1989) e La freccia del tempo (1991), opera...

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