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Anno edizione: 2015
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L'aspetto che mi ha impressionato favorevolmente di questa raccolta di racconti è la sensualità che li accomuna tutti: in effetti dal Muro all'Infanzia di un Capo, si riflette sul senso della vita non in modo filosofico ed astratto, ma attraverso i sensi del corpo: sono i sensi che sconvolgono le identità dei protagonisti posti davanti ad una realtà che essi non accettano e vorrebbero modificare. Potrei aggiungere che il "Muro" potrebbe essere letto anche in chiave anarchica: le leggi della morale conservatrice e borghese che impediscono all'individuo di vivere le vita secondo la propria natura. Ad esempio il ragazzo protagonista dell'Infanzia di un Capo, il quale cerca in tutti i modi di estirpare da se stesso la complessità della propria sessualità, oppure la donna di "Intimità" che vorrebbe appagare il proprio desiderio di sessualità carnale, ma non vi riesce: insomma, un piccolo "ciclo dei vinti" che vivono con il senso di colpa la propria natura. Davvero una capolavoro questo libro si Sartre. Lo affermo senza retorica.
Molti dei personaggi dei racconti osservano le loro azioni come da mondi remoti: Pablo Ibbieta che sente la morte con indifferenza, non per eroismo, ma per noia; il sig Darbedat vede la figlia in uno stato di totale dedizione al marito demente e vorrebbe negarle il diritto di rifiutarsi agli altri esseri umani, Paolo Hilbert con le sue paranoie alla Dostoevskij: "perché bisogna uccidere tutta questa gente che é già morta ?", Lulù con la vita come corrente trascinante ed infine Lucien Fleurier, il protagonista di "Infanzia di un capo", che meglio descrive l'inquietudine che aleggia in tutti i racconti: "quella nebbia abbondante e sottile, la cui opaca inconsistenza a torto la faceva sembrar luce, scivolava dietro l'attenzione che prestava alle parole di suo padre: quella nebbia era lui stesso". Penso che se questa sensazione la si fosse provata almeno una volta nella propria vita, oggettivamente le parole dell'autore ci aiuterebbero a sentirci meno particolari e "strani" e da qui non si potrebbe che amare Sartre a prescindere.
Non so se perché abbia iniziato a leggerlo dopo aver concluso "La Montagna Incantata" di Mann, ma non sono nemmeno riuscito a concludere questa raccolta di scipiti racconti. Delle vicende lette nulla mi si è impresso nella mente tanto li ho trovati scialbi e pretenziosi. L'autore credeva di toccare corde profonde dell'animo umano semplicemente presentando situazioni angosciose e cruciali come per il condannato a morte nel racconto Il muro? Non basta se ci passa sopra col suo bidimensionale e sterile stile realista senza andare un po' più sotto la superficie. I racconti vorrebbero forse scioccare il lettore per i temi trattati? Ciò era forse possibile nel lontano 39, data di pubblicazione, quando la letteratura era ancora oberata dalla censura e dalla bigotta morale coeva. Il fatto che mi sia annoiato al punto da non concluderlo dopo averlo letto la lunga e sublime opera di Mann - che pure mette il lettore a dura prova - la dice lunga.
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