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Nel giorno che ci ha lasciati voglio onorare il grande Philip Roth proprio nello spazio dedicato al libro che me lo ha fatto conoscere; mi ha insegnato a leggere, trasformando in vera passione il piacere per la lettura. Nessuno scrive come lui, per me è stato e resterà il migliore in assoluto. GRAZIE PHILIP ROTH.
È una sorta di staffetta ideale, quella che crea le relazioni tra i personaggi del primo romanzo di Philip Roth in cui Natan Zuckerman agisce da vero protagonista. Il giovane autore che ha pubblicato soli pochi ma fortunati racconti su alcune riviste va alla ricerca delle strategie utili a crescere come scrittore rivolgendosi al classico "venerato maestro", che invece è ormai stanco e ha perso la gioia dell'atto della scrittura. Questi a sua volta cerca di tenersi in piedi e magari di rinnovare le proprie energie creative in un triangolo con le due donne che si mettono a sua disposizione in qualità di giovane ancella, l'una, e di badante tuttofare, l'altra. Ma anche Amy, la ragazza che attira su di sé le attenzioni maschili, è palesemente insoddisfatta del proprio ego e cerca di ridisegnarlo in un ulteriore gioco di specchi con un personaggio molto più grande di lei, ma che a determinate condizioni potrebbe essere lei. Insomma, ognuno dei protagonisti cerca nel proprio vicino del carburante per alimentare il motore della propria soggettività, creando appunto una staffetta. E ogni legame rappresenta la risposta alternativa - in termini di concretezza della vita - a quella fornita da Henry James (e che torna più volte nel testo) alla domanda: perché scriviamo? In meno di 150 pagine, Roth riesce a concentrare ansie e speranze che avrebbero impegnato altri autori per due o tre volumi.
"Lo scrittore fantasma" è tanto breve quanto complesso. Il confronto fra il giovane scrittore Zuckerman e l'affermato autore Lonoff, narrato attraverso il punto di vista di Zuckerman, indaga principalmente la questione della scrittura, delle ragioni per le quali si scrive, delle conseguenze di tale atto. Le pagine di questo libro sono dense, piene di concetti interessanti e su cui vale la pena di soffermarsi e riflettere, ma personalmente non mi ha convinto molto la figura di Amy Bellette e la questione di Anne Frank (non dico altro per non svelare troppo a chi non l'ha letto). Ho preferito di gran lunga la prima metà del libro.
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