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Anno edizione: 2010
Anno edizione: 2007
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Sebbene un po' lento e faticoso da seguire nella prima parte, il libro mi è piaciuto molto. Bello nella seconda parte.... non mancano profonde riflessioni e umorismo.
Lento...troppo...una storia alla ricerca delle sue origini perse nel tempo, alla caccia di nonni cresciuti e vissuti nell'America d'Ottocento. Di per sè l'idea non è male, il libro ha degli spunti carini, ma non risulta molto scorrevole, difficile.
Con La vista da Castle Rock la Munro intreccia autobiografia e genealogia, vicenda personale e storia collettiva, per raccontare la Scozia degli antenati, la nascita di una nazione - il Canada - e le sue trasformazioni. Il tutto senza rinunciare a quel dio delle piccole cose che illumina la sua prosa, la quale, come scriveva il suo maestro Henry James a proposito di una mente dotata di genio, «afferra ogni più piccolo suggerimento della vita e converte le vibrazioni dell’aria in rivelazioni». Il libro è diviso in due parti: nella prima la Munro attinge ai documenti storici per ripercorrere le cronache familiari di un ramo paterno, i Laidlaw, a partire dal capostipite, Will O’Phaup, nato alla fine del Seicento nelle Lowland scozzesi, passando per il viaggio oltreoceano che la famiglia Laidlaw compie nel 1818 per raggiungere il Nuovo Mondo, fino alla generazione precedente a quella dell’autrice, con il racconto sul padre, allevatore di volpi argentate e guardiano in una fonderia. La seconda parte, autobiografica, ha per protagonista la stessa Munro, in diverse fasi della sua vita. «Si potrebbe dire che racconti del genere prestano maggiore attenzione alla verità della vita rispetto alla narrativa consueta» avverte la Munro. «Ma non quanto basta per prenderli alla lettera». Tra le sue mani, infatti, storia familiare, documenti d’archivio, memoir, tutto si trasforma in arte narrativa pura. Il risultato è un libro dalla bellezza indefinibile, perché il talento della Munro rifulge nella descrizione - e nella manipolazione - del passaggio del tempo, si alimenta dell’impalpabile quanto della precisione maniacale del dettaglio, di continue divagazioni quanto di un disegno d’insieme solidissimo, e si esalta nel piacere di raccontare, radiografando pensieri, parole, opere e omissioni dell’ordinary people.
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