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Anno edizione: 2008
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Le vicende della Nigeria sono l'ambiente in cui veniamo trasportati da questo libro. A tratti è crudo senza arrivare alla violenza gratuita. In generale è una lettura positiva che però non mi ha lasciato molto.
Magnifico affresco di una nazione mai nata. Non conoscevo la storia della Nigeria e del Biafra e qui viene raccontata in modo affascinante. Attraverso le storie intrecciante di alcuni personaggi, tratteggiati in modo impareggiabile. La scrittrice è riuscita a mescolare tradizioni e modernità, ricchezze e povertà, in un racconto avvincente. Veramente un Via col vento africano... Bello.
Una meraviglia fatta di carta e inchiostro. Un libro da leggere, rileggere, regalare, imparare a memoria e tenere nel cuore e nella mente. Una lettura necessaria.
Recensioni
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Visto il superficiale interesse dell'occidentale medio per l'Africa, si ha l'impressione che il lugubre appellativo "Biafra" sia l'unica traccia della guerra civile nigeriana (1967-1970) rimasta nel nostro immaginario collettivo. Stiamo parlando della "fame come arma di guerra nigeriana. La fame che distrusse il Biafra, che lo rese celebre (
) e permise ai genitori di tutto il pianeta di ordinare ai propri figli di finire quello che avevano nel piatto. (
) La fame che diede una bella spinta alla carriera di molti fotografi. La fame che infine portò la Croce Rossa Internazionale a definire il Biafra la più grave emergenza umanitaria dai tempi del secondo conflitto mondiale". Chimamanda Ngozi Adichie, di etnia Igbo come la maggior parte dei Biafrani, è nata solo nel 1977, e con questo secondo romanzo affronta uno spettro che ancora incombe sulla sua storia famigliare. Half of a Yellow Sun ha, tra i suoi tanti pregi, quello di mostrare la valenza di un conflitto che gettò un'ombra carica di cattivi presagi su due grandi questioni dell'epoca: la fine del colonialismo europeo e le speranze delle nuove nazioni africane indipendenti.
Nei primi anni sessanta Odenigbo è professore di matematica all'Università di Nsukka, intellettuale anti-imperialista che scrive di socialismo africano. Trasferitosi al campus dal villaggio natio, Ugwu, adolescente semianalfabeta che gli fa da servitore, si ritrova ogni sera ad ascoltare interminabili discussioni su argomenti come l'assassinio di Lumumba in Congo, il razzismo della filosofia occidentale o l'origine africana dei genocidi europei (implicito riferimento a Hannah Arendt). In questa atmosfera carica di progetti per la futura umanità, Odenigbo decide di mandare a scuola il ragazzo. Ugwu si affeziona molto anche alla compagna di "Padrone", l'affascinante Olanna Ozobia: "C'era un che di levigato nella sua voce, in tutta la sua persona; era come la pietra sotto la fontana, lisciata da anni e anni di acqua corrente, e guardarla era come trovare quel sasso e sapere che di fatti così ce n'erano davvero pochi". I potenti genitori di Olanna fanno parte della nuova élite che, oltre a prosperare sulla corruzione endemica del sistema politico-militare, ostenta mondanamente la propria ricchezza. Oltre all'intellettuale progressista, il ragazzino poverissimo e la rampolla illuminata della borghesia affarista (tutti e tre Igbo), c'è l'inglese Richard Churchill, giunto in Nigeria con aspirazioni letterarie e affascinato dall'arte tradizionale Igbo, che si innamora di Kainene, sorella gemella di Olanna.
Questi i cinque personaggi principali di un romanzo corale strutturato magistralmente e narrato in terza persona dal punto di vista, alternativamente, di Ugwu, Olanna o Richard. Attraverso questa prospettiva multipla, l'autrice racconta la complessità della situazione nigeriana negli anni sessanta: prime elezioni, nuova Costituzione e censimento nazionale vengono truccati dal governo inglese per favorire i più malleabili poteri del nord musulmano; una sequenza di colpi di stato militari scatena pogrom contro gli Igbo che vivono nel nord ("Ci ammazzano come formiche"); alcuni parenti di Olanna vengono trucidati e lei si salva per miracolo su un treno di profughi, dove alla fine scopre cosa portava la sua vicina in un recipiente: "Vide la testa di una bambina dalla pelle grigio cenere e i capelli a treccine, gli occhi rovesciati indietro e la bocca aperta". Lo sconvolgimento di fronte a questi massacri compatta gli Igbo dietro la bandiera della secessione della zona sud-orientale battezzata Biafra, causa scatenante della guerra.
Inizia così una lenta ma inesorabile discesa in un inferno di abbrutimento disumanizzante dove, come in ogni grande romanzo di respiro storico, le vicende personali sono sviluppate parallelamente ai grandi eventi con estrema scorrevolezza; in questo caso il vero motore della vicenda sono i dialoghi, resi vividamente dalla traduzione di Susanna Basso. Pur senza mai cadere nel morboso, nessun dettaglio viene risparmiato: le privazioni, i profughi, i bombardamenti aerei e, ovviamente, la fame: "C'era una madre seduta a terra con due bambini accanto. Olanna non avrebbe saputo dire quanti anni avessero. Erano nudi; i globi gonfi del ventre non sarebbero comunque stati dentro una camicia. Natiche e petto si erano ridotti a piccole sacche di pelle grinzosa. Sul capo, avevano ciuffi rossicci. Lo sguardo di Olanna incrociò quello fermo della madre e subito si abbassò. Olanna si scacciò dalla faccia una mosca, pensando che quelle sì che erano vive, vibranti, sane".
È un terrore quotidiano raccontato in tutta la sua concretezza, riflesso nella scrittura dell'opera: se i primi capitoli si concludono talvolta in modo tradizionale, con un elemento del paesaggio che riverbera lo stato d'animo del personaggio, quelli durante la guerra paiono concludersi in modi più bruschi e diretti. Inoltre, per molti dei protagonisti, lo stato di paura si traduce in un imbarbarimento della mentalità, in una desolante sclerosi della libertà di pensiero, sotto i colpi di una propaganda di regime dai toni orwelliani: "Non perdere d'occhio i tuoi figli perché potrebbero collaborare con la Nigeria!". L'intellettuale Odenigbo si rifugia in una visione tribalista, prima di cedere all'alcolismo. Al trascinante poeta Okeoma (dichiaratamente ispirato al notissimo scrittore Christopher Okigbo, morto combattendo) non rimane che dire: "Io sono un soldato", mentre Olanna lo osserva: "Aveva una voce diversa. A Nsukka, leggeva le sue poesie in tono drammatico, come convinto che non esistesse nulla di più importante della sua arte. Adesso invece sembrava declamatorio, seppure involontariamente". Il mite Ugwu, reclutato a forza come migliaia di ragazzini, stupra una barista con alcuni commilitoni: "Non la guardò mai in faccia, e nemmeno guardò l'uomo che la teneva, o qualsiasi altra cosa; si limitò a muoversi in fretta e sentì l'orgasmo arrivare come un torrente di liquido che lo inondava: una liberazione carica di disprezzo per sé. Si richiuse i pantaloni mentre qualche soldato applaudiva. E finalmente guardò la ragazza. Che lo fissava con odio pacato".
Ma in questa estenuante routine di sopravvivenza ci sono anche momenti in cui la nobiltà dell'essere umano sembra inattaccabile: le due gemelle si riconciliano dopo varie incomprensioni e tradimenti perché, come dice Kainene, "ci sono cose talmente imperdonabili da rendere perdonabile tutto il resto"; tormentato dal ricordo dello sguardo della sua vittima, Ugwu si mette a scrivere della guerra, compulsivamente, incarnando una speranza di riscatto attraverso la letteratura; in un certo senso era stato profetico il progressista Odenigbo nel chiedergli di non chiamarlo "Signore": "Odenigbo è il mio nome per sempre. Signore invece va e viene. Domani il signore potresti essere tu".
L'attività giornalistica dell'inglese Richard per il regime contribuisce a fornire un quadro del conflitto nel contesto africano e mondiale e a mostrare lo squilibrio di forze in campo, con un Biafra piuttosto abbandonato a se stesso che non poté reggere il confronto con il massiccio sostegno sovietico e britannico alla Nigeria. I suoi viaggi di lavoro e gli incontri con altri giornalisti smascherano i pregiudizi di un giornalismo occidentale per cui "cento neri morti valgono un unico bianco", che abbandona un intero popolo a fame e stermini, che rifiuta di vedere le responsabilità politiche del colonialismo per privilegiare una morbosa ricerca del tribalismo a tutti i costi, come succederà ancora per altre tragedie africane nei decenni successivi. Richard si identifica con gli Igbo e la causa del Biafra fino ad ammirare un po' acriticamente il leader Ojukwu, mentre il romanzo, soprattutto grazie all'esperienza di militare forzato di Ugwu e al sarcasmo clinico e acuto di Kainene, non nasconde la cialtroneria e l'avidità dei vertici del regime.
Forse anche in relazione a questo, Adichie avrebbe potuto dare più risalto alla questione del petrolio, vero nocciolo di questa guerra. E un'altra pecca minore di quest'opera può venire in mente ripensando alle numerose minoranze del sud-est che dagli Igbo furono schiacciate; si vedano le memorie di guerra di Ken Saro-Wiwa (On a Darkling Plain, 1989), un Ogoni che si ribellò alla causa biafrana e lavorò per il governo nigeriano. Metà di un sole giallo fa qualche breve accenno a questi oppressi dai perdenti, ma si sente l'assenza di un personaggio nigeriano non Igbo ben sviluppato, che avrebbe conferito ulteriore completezza a questo quadro indimenticabile di un momento chiave del secondo Novecento. Pietro Deandrea
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