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Credo di aver letto la versione americana del libro ("Programming the Universe"). Se si tratta dello stesso libro suggerisco la lettura del capitolo 4 "Informazione e sistemi fisici". Oltre a dare un'introduzione al problema del cosiddetto "diavoletto di Maxwell" e alla soluzione di Landauer e Bennett introduce la distinzione tra informazione visibile e invisibile che a mio parere può essere molto utile per le scienze cognitive.
Questo libro conferma quello che sospettavo da tempo: i buoni vecchi testi divulgativi di fisica (perché alla fine di questo tratta questo libello) non esistono più. Il problema è che questo testo (meno di 200 pagine) è brutto perché è scritto male e perché alla fin fine l’argomento non è così rivoluzionario. Leggendo il programma dell’universo si capiscono alcune cose rivelatrici: 1- che Lloyd è professore al MIT (lo scrive di continuo nel libro) 2- che le battute di spirito dei fisici e gli esempi che dovrebbero essere pedagogici dimostrano quanto a volte sono ormai lontane le spiagge della bella divulgazione 3- che l’autore i fin dei conti ha scritto un libro anche troppo lungo visto che i computer quantistici non sono ancora stati costruiti (non ditemi che una decina di atomi che computano sono un computer, per favore!). Da sottolineare poi una certa arroganza, visto si cita di continuo manco se tutto questo avesse portato a un Nobel o al capovolgimento dei canoni fisici… Insomma, questo libro ha una profondità concettuale nulla, per il fatto che mi sembra più un libro di bassa informatica che un qualcosa che entri nel dettaglio dell’argomento, pensate che il secondo principio della termodinamica è messo in tre righe tra parentesi e la fisica in generale è davvero spiegata male. Le frasi che vorrebbero sembrare poetiche, come quello di "far parlare gli atomi", sono tristi. In conclusione, chi non ne sa niente di fisica non ci capirà niente comunque, chi voleva un libro più approfondito ne resta deluso. Ma allora per chi Lloyd scrive?? Lasciatemi rispondere con un grande “Mah”.
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