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La guerra è la «prosecuzione della politica con altri mezzi». La guerra è «un atto di violenza per imporre all'avversario la nostra volontà». La guerra è «un gioco di interazioni» tra incertezza, frizioni, casualità. È un atto di intelligenza politica, calcolo di probabilità e disponibilità al rischio.
Il libro di Carl von Clausewitz (1780 – 1831) è un classico della guerra moderna, il risultato piú maturo dell’esperienza napoleonica e dunque della prima grande rivoluzione politico-militare della modernità. Il suo autore, generale prussiano, vuol capire la guerra che ha direttamente combattuto sul campo, tenendo rigorosamente fermo il nesso tra scopo politico, obiettivo militare e risorse morali e materiali, aspetti che rimangono ancora oggi attuali seppure la guerra sia combattuta con altri mezzi e altre risorse. Questa edizione a cura di Gian Enrico Rusconi propone in una nuova traduzione le parti e i capitoli fondamentali del Vom Kriege consentendo al lettore di accedere per la prima volta a quest’opera in una forma abbreviata ma fedele alla sua struttura originaria. Il saggio introduttivo, Clausewitz rivisitato, inquadra l’opera e la figura dell’autore nelle loro coordinate storico-politiche e concettuali.
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Non ostante l'opera sia un classico della letteratura militare di ogni tempo, ha un suo limite intrinseco. L'autore è un prussiano. Un uomo che considera la guerra come un qualcosa di esclusivamente razionale. Nella sua pagine sembra quasi di leggere un trattato di scacchi. Poco spazio all'improvvisazione, nessuno alla fantasia. E' quest'opera che ha la maggiore responsabilità nelle sconfitte della Germania. Quando l'esercito prussiano, addestratissimo, disciplinatissimo, comandato da ufficiali di carriera, si scontra a Jena con i rivoluzionari di Napoleone, è quest'ultimo a stravincere. Come mai quello che era definito l'esercito più potente e disciplinato del mondo, forgiato da Federico secondo, si scioglie come neve al sole di fronte ai francesi di Napoleone? Quello che Von Clausewitz non considera è la capacità di un singolo comandante militare di trascinare i suoi uomini. Quello che manca nella sua opera è un sia pur minimo cenno all'inventiva, alla capacità necessaria ad un comandante, di adattarsi alle situazioni nuove ed impreviste. Opera fredda, priva di slancio. Scientifica si dice, ma l'imponderabile fa parte della guerra e come tale non può essere racchiuso in una serie di rigide regole. Nessun confronto con l'opera di Sun Tzu: un fine maestro di psicologia oltre che di 'scienza' militare. Da leggere comunque.
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