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Almost blue - Carlo Lucarelli - copertina
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Almost blue

Descrizione


Scelto da IBS per la Libreria ideale perché è un romanzo che ha fatto la storia del genere giallo in Italia e quando uscì fece capire le potenzialità della nuova generazione di scrittori che si affacciava all'orizzonte.

Nessuno vuole ammetterlo, ma a Bologna c'è un assassino seriale: è l'Iguana, che assume di volta in volta l'identità delle sue vittime, per sfuggire alle "campane dell'inferno" che gli risuonano nelle orecchie. Tocca a Grazia cercare di prenderlo, e più delle sofisticate tecnologie che usa, le servirà l'intuito e la capacità di ascolto di Simone, cieco dalla nascita. Mentre cacciatore e preda si scambiano continuamente i ruoli, vediamo la scena ora con gli occhi attenti e ansiosi di Grazia, ora con lo sguardo febbricitante e doloroso dell'Iguana, o la percepiamo come un concerto di suoni e di voci, un complicato e fantastico arabesco mentale, quando la soggettiva è di Simone. E la città che così prende forma sotto i nostri occhi, fitto reticolo di trame e di ossessioni, è insieme la sorprendente megalopoli italiana che si stende su tutta l'Emilia, e anche il teatro magico dove tutte le storie possono accadere. Un thriller nervoso e impeccabile, una storia d'amore e solitudine, una scrittura che sa dosare tensione emotiva e colpi di scena.
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Dettagli

2
2007
29 maggio 2007
194 p., Brossura
9788806184384
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Indice


Le prime frasi del romanzo:

Il primo carabiniere che entrò nella stanza scivolò sul sangue e cadde su un ginocchio. Il secondo si arrestò sulla soglia come sul bordo di una buca, agitando le braccia aperte, per lo slancio.
- Madonna Santa! - urlò, serrando le guance tra le mani, poi si voltò e corse nel pianerottolo e giù per le scale e oltre la porta e fuori, nel cortile del palazzo, dove si aggrappò al cofano della Punto bianca e nera e si piegò in avanti, spezzato in due da un conato violento.
In ginocchio sul pavimento, al centro della stanza, la pelle dei guanti incollata al pavimento appiccicoso, il brigadiere Carrone si guardò attorno e gli sfuggì un singhiozzo roco, quasi un rutto. Provò ad alzarsi, ma scivolò sui tacchi, cadendo indietro sul sedere e poi su un fianco con uno schiocco umido e vischioso. Cercò di appoggiare la mano ma il braccio gli scappò di lato, lasciando una strisciata più chiara sulle mattonelle rosse. Finì con la schiena a terra, senza riuscire a sollevarsi, come in un incubo.
Allora serrò gli occhi e mentre annaspava impazzito, sbattendo gambe e braccia come uno scarafaggio nero rovesciato sul dorso, tra schizzi densi e tonfi appiccicosi, spalancò la bocca e cominciò a urlare.


Parte Prima
Almost Blue


Almost blue almost doing things
we used to do.

Quasi triste quasi facendo le cose
che eravamo soliti fare.

Elvis Costello, Almost Blue.

Il suono del disco che cade sul piatto è un sospiro veloce, che sa appena un po' di polvere. Quella del braccio che si stacca dalla forcella è un singhiozzo trattenuto, come uno schioccare di lingua, ma non umido, secco. Una lingua di plastica. La puntina, strisciando nel solco, sibila pianissimo e scricchiola, una o due volte. Poi arriva il piano e sembrano le gocce di un rubinetto chiuso male e il contrabbasso, come il ronzio di un moscone contro il vetro chiuso di una finestra, e dopo la voce velata di Chet Baker, che inizia a cantare Almost Blue.
A starci attenti, molto attenti, si può sentire anche quando prende fiato e stacca le labbra sulla prima a di almost, così chiusa e modulata da sembrare una lunga o. Al-most-blue... con due pause in mezzo, due respiri sospesi da cui si capisce, si sente che sta tenendo gli occhi chiusi.
Per questo mi piace Almost Blue. Perché è una canzone che si canta a occhi chiusi.
Io, con gli occhi chiusi, ci sto sempre, anche se non canto. Sono cieco, dalla nascita. Non ho mai visto una luce, un colore o un movimento.
Ascolto.
Scandaglio il silenzio che mi circonda, come uno scanner, uno di quegli apparecchi elettronici che spazzano l'etere a caccia di suoni e di voci e si sintonizzano automaticamente sulle frequenze occupate. So usarli benissimo, gli scanner, quello che ho dentro la testa da venticinque anni, fin da quando sono nato e quello che tengo in camera mia, accanto al giradischi. Se avessi degli amici, se ne avessi, di sicuro mi chiamerebbero Scanner. Mi piacerebbe.
Io di amici non ne ho. Per colpa mia. Perché non li capisco. Parlano di cose che non mi riguardano. Dicono lucido, opaco, luminoso, invisibile. Come in quella favola che mi raccontavano da bambino per farmi dormire, in cui c'era una principessa così bella e con una pelle così fine che sembrava trasparente. Ci ho messo tanto, tante notti sveglio a pensare, prima di capire che trasparente voleva dire che ci si poteva guardare dentro.
Per me significava che le dita ci passavano attraverso.
Anche i colori per me hanno un altro significato. Hanno una voce, i colori, un suono, come tutte le cose. Un rumore che li distingue e che posso riconoscere. E capire. L'azzurro, per esempio, con quella zeta in mezzo è il colore dello zucchero, delle zebre e delle zanzare. I vasi, i viali e le volpi sono viola e giallo è il colore acuto di uno strillo. E il nero, io non riesco a immaginarlo ma so che è il colore del nulla, del niente, del vuoto. Però non è solo una questione di assonanza. Ci sono colori che per me significano qualcosa per l'idea che contengono. Per il rumore dell'idea che contengono. Il verde, per esempio, con quella erre raschiante, che gratta in mezzo e prude e scortica la pelle, è il colore di una cosa che brucia, come il sole. Tutti i colori che iniziano con la b, invece, sono belli. Come il bianco o il biondo. O il blu, che è bellissimo. Ecco, ad esempio, per me una bella ragazza, per essere davvero bella, dovrebbe avere la pelle bianca e i capelli biondi.
Ma se fosse veramente bella, allora avrebbe i capelli blu.
Ci sono anche colori che hanno una forma. Una cosa rotonda e grossa è sicuramente rossa. Ma le forme non mi interessano. Non le conosco. Per conoscerle bisogna toccarle e a me toccare non piace, non mi piace toccare la gente. E poi con le dita sento solo le cose che ho attorno, mentre con le orecchie, con quelle che ho dentro la testa, posso arrivare lontano. Preferisco i rumori.
Per questo uso lo scanner. Tutte le sere, salgo in camera mia e metto sul piatto un disco di Chet Baker. Sempre lo stesso, perché mi piace il suono della sua tromba, tutte quelle p, piccole e profonde, che mi girano attorno e mi piace la sua voce che canta piano, come se venisse da dietro la gola e facesse fatica a uscire e per farlo si dovesse soffiare con tanto impegno da dover chiudere gli occhi. Soprattutto quel pezzo, Almost Blue, che io punto per primo, anche se è l'ultimo. Così tutte le sere e tutte le notti aspetto che Almost Blue mi scivoli lentamente in fondo alle orecchie, che la tromba, il contrabbasso, il pianoforte e la voce diventino la stessa cosa e riempiano il vuoto che ho dentro la testa. Allora, accendo lo scanner e ascolto le voci della città.
Io, Bologna, non l'ho mai vista. Ma la conosco bene, anche se probabilmente è una città tutta mia. È una città grande: almeno tre ore.
L'ho sentito una volta che mi sono sintonizzato sul CB di un camion e l'ho seguito per tutto il tempo che è rimasto nel raggio del mio scanner. Da quando è entrato finché non l'ho sentito sparire all'improvviso, il camionista ha sempre parlato con qualcuno, guidato e parlato, guidato e parlato, per tutta la mia città.

Valutazioni e recensioni

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Recensioni: 3/5
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Fiorella Palomba
Recensioni: 2/5
Deludente

Con uno slalom faticoso tra l’eccesso descrittivo e le ripetizioni sono arrivata alla fine del romanzo. Una idea originale viene annegata in dialoghi uggiosi e descrizioni pretenziose. Simone cieco che colora i suoni e le voci, Grazia con il malessere premestruale, Vittorio con lo stile calligrafico particolare sono ripetuti e si trasformano da geniali in noiosi e irritanti. Una nota a margine: le “alette” della copertina sono importanti per il lettore come segnalibro, qui non ci sono, ahi noi.🌸

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Lorena
Recensioni: 4/5
Sensi

Un buon thriller, ben congeniato e con personaggi particolari e ben caratterizzati. Dopo l'inizio un po' ostico, la storia decolla bene e mantiene un buon ritmo fino al finale. Mi è piaciuto molto Simone e come l'autore ha delineato il suo mondo fatto di voci e colori.

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Andrea Fava
Recensioni: 5/5

Riletto a distanza di ventanni e ugualmente inquietante.

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La recensione di IBS


Tra musica, delitti e una Bologna quanto mai vitale un giovane uomo cieco ascolta attraverso il suo scanner le voci della città. E, chiuso nella sua stanza, si trova al centro di una vicenda sanguinosa e incredibile.

Quando ho aperto il libro per iniziare a leggere questo breve romanzo devo confessare che ero un po' prevenuta dall'idea che mi ero fatta della storia: il solito serial-killer, la solita narrazione "alla maniera" pulp (quasi che fosse già un genere da bottega dell'arte) i soliti personaggi tratteggiati superficialmente, utili solo per "mandare avanti" una trama sanguinolenta da Grand Guignol. Mi sono ricreduta quasi immediatamente. Il romanzo, scritto in maniera scorrevole e, per assurdo, piacevole e spesso ironica (malgrado la drammaticità dei fatti narrati) è tutt'altro che superficiale, nient'affatto scontato e non credo si possa veramente classificarlo tra i testi "pulp".

L'autore presenta innanzitutto velocemente la scena di un delitto, un omicidio che, come vedremo in seguito, non sarà destinato a rimanere isolato. Poi ci fa conoscere uno dei protagonisti, Simone, un giovane cieco con la passione per la musica e in particolare per Coleman Hawkins, Miles Davis, Chet Baker e il suo pezzo intitolato "Almost Blue", un brano destinato ad accompagnare tutto il racconto. L'ispettore di polizia Grazia Negro è un'altra protagonista con la quale il lettore si incontra quasi subito, impegnata nelle indagini su un omicidio e decisa a provare che in realtà i delitti legati fra loro sono molti e che a Bologna gira un serial killer pericoloso pronto a colpire ancora. Sarà difficile convincere le alte sfere che le indagini debbono proseguire su questa pista, ma Grazia è una persona decisa, che sa farsi valere. Simone invece si isola, ascoltando il suo scanner, una radio che si può sintonizzare anche sulla frequenza dei telefonini, attraverso la quale, per caso, sente la voce di Grazia, una voce blu, una voce rara, bella...

Ma c'è anche la voce dell'assassino che filtra attraverso lo scanner... E il pensiero dell'assassino lo conosciamo perché l'autore inserisce alcuni momenti, alcuni rapidi flash in cui compare lui, l'iguana, il serial killer che si tramuta nelle sue vittime. Possiamo immaginare quali saranno i suoi passi successivi e trepidare sperando che Grazia e Simone, collaborando, possano scovarlo, finalmente.

E, terminata la lettura, non potremo fare a meno di cercare un'incisione di Almost Blue con la struggente tromba e la suadente voce di Chet Baker.

A cura di Wuz.it

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Conosci l'autore

Carlo Lucarelli

1960, Parma

Affermato scrittore di letteratura gialla e noir, vive tra Mordano (Bo) e San Marino. Il suo percorso narrativo va dai racconti brevi sparsi nelle varie antologie del Gruppo 13 (di cui fa parte) alla trilogia giallo-storica con il commissario De Luca pubblicata dalla Sellerio (Carta bianca, L'estate torbida e Via delle Oche). Dopo Almost blue (1997), Il giorno del lupo (1998 e 2008), L'isola dell'Angelo caduto (1999, Finalista al Premio Bancarella 2000), Mistero in blu (1999 e 2008), Guernica (2000) e Lupo mannaro (2001), tra i suoi libri pubblicati da Einaudi Stile libero ci sono il romanzo Un giorno dopo l'altro (2000 e 2008) e i racconti di Il lato sinistro del cuore (2003); poi Misteri d'Italia (2002), Nuovi misteri d'Italia (2004), La mattanza (2004) e Piazza Fontana (2007), gli ultimi...

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