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Ottimo libro,una storia originale,anche se ,in alcune parti ,non e' stata approfondita come ci si sarebbe aspettato.Il personaggio principale ci descrive un'Italia allo sbando,in una sorta di mondo alternativo ma molto credibile.Una nazione senza piu' speranza e senza piu' sogni,senza ideali e senza morale.Unica luce in mezzo all'oscurita' e' una ragazza,quella che da' il titolo al romanzo,una creatura speciale che riesce a dare un po' di luce in un mondo buio.Attraverso i ricordi e le riflessioni del personaggio principale,riusciremo a scoprire cosa ha portato la nazione a tutto questo,perche'la gente si e' trasformata,si e' disumanizzata...Una storia che potrebbe sembrare banale ma,man mano che si procede nel racconto,scopriremo essere profonda e carica di significati,carica di morale.Unica pecca ,a mio parere,il non aver approfondito la vicenda delle visioni e dei falsi ricordi del protagonista,cosa che lascia alcune domande in sospeso...Per il resto,questo e',a parer mio,un'ottimo racconto,vale la pena leggerlo.
Gran bel libro; una evoluzione intimista dell'altrettanto riuscito "Stato dell'unione"; anche qui il presente alternativo si insinua gradualmente, in maniera quasi subdola, nella storia.....Avoledo si conferma una delle migliori penne in attività oggi in Italia; come nei thriller, però, anche nei romanzi ucronici la cura per i dettagli deve essere massima....(coltello o pistola?)
Magari era un libro ambizioso, ma forse doveva prendersi un po' piu' di tempo..sta scrivendo due libri all'anno! Lo considero il piu' bravo scrittore italiano in circolazione, ma questo libro non e' all'altezza. Pesante, a volte noioso, e credo non sia riuscito a esprimere cio che voleva, almeno io non l'ho capito. Scusami Tullio. E' il commento di un tuo grande ammiratore.
Recensioni
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Nelle contrade venete la narrativa ha fiutato forse prima che altrove, in Italia, miasmi e veleni del collasso antropologico, culturale, ambientale che il nostro paese, e non solo, sta attraversando. E pour cause. Questa terra, nell'ultimo trentennio del secolo scorso, ha visto, come si sa, un impetuoso e selvaggio sviluppo economico fondato sull'autosfruttamento, sulle dinastie imprenditoriali familiari, sul metalmezzadro, sul capannone diffuso, uno sviluppo portatore di notevole ricchezza, ma impietosamente violento verso l'ambiente e incunabolo dell'ideologia leghista con le sue venature razzistiche.
Oggi, naturalmente, come globalizzazione vuole, siamo alla fase delle ristrutturazioni altrettanto impetuose e selvagge. Questo è il rumore di fondo che percepiamo leggendo, fra gli altri, i più lievi e garbati romanzi dei fratelli Ervas (Marcos y Marcos), come i più fantasiosi e avveniristici romanzi del friulano Tullio Avoledo, lo "scrittore-bancario". Dotato di grande facilità e felicità di scrittura, nel giro di pochi anni, a partire dal 2003, Avoledo ha già messo a segno sette romanzi, i primi presso Sironi (L'elenco telefonico di Atlantide, che lo ha fatto conoscere, Mare di Bering, Lo stato dell'unione), i successivi presso Einaudi (Tre sono le cose misteriose, Breve storia di lunghi tradimenti e questo La ragazza di Vajont) e l'ecologico e oscuramente minaccioso L'ultimo giorno felice nella collana "VerdeNero" delle Edizioni Ambiente. Non tutti di uguale valore, com'è ovvio, talora poco limati e un po' troppo inclini a uno spirito manieristico che si vuole politicamente scorretto, mettono insieme ristrutturazioni nel mondo del credito, campagne per l'Identità celtica e misteriose e rocambolesche cospirazioni internazionali, ferrigne ma seducenti donne di potere (aziendale o politico), routine familiare, sesso e bevute, in un cocktail comunque sempre godibile. Il cronotopo è la zona veneta in un tempo pressoché parallelo a quello reale. Ovunque aleggiano inquietanti riferimenti al nazismo.
Il fascinoso e quasi perfetto La ragazza di Vajont (c'è solo qualche défaillance nei momenti più sentimentali della trama), un punto di arrivo per Avoledo, si inserisce in questo quadro, pur distinguendosene per tono, controllo stilistico (non c'è la coazione alla battuta) e compattezza della trama (fondamentalmente due personaggi, nessun intrigo). Ci troviamo nel Friuli in un 2007 esito di un'altra storia. La regione fa parte di un regime totalitario postumo, ispirato al nazismo e alle sue dottrine di purezza razziale. Tutto è cristallizzato, freddo, algido. Il benessere è scomparso. I cellulari sono un prodotto dell'immaginazione. Le poche automobili circolanti appartengono ai membri del Partito. Le case sono prive di riscaldamento. Neve e fango dappertutto. Il passato è nebuloso, le memorie cancellate. Un brivido percorre il libro insinuandosi nel lettore. In questa cornice si sviluppa la rapida e delicata vicenda che prima unisce, e poi divide, il protagonista (un tempo scrittore e saggista, che pare sia stato l'ideologo del regime grazie alle sue suggestive e meticolose ricostruzioni del nazismo) e una giovane mischling, mezzosangue, e dunque inferiore, la "ragazza di Vajont" appunto. Una senza nome dall'epiteto quanto mai evocativo (ma non per lei): come il "nuovo" paese di Vajont anch'essa è senza storia, anche nel suo destino c'è o incombe una catastrofe.
L'abilità di Avoledo, in questo romanzo, sta nelle sfumature, nelle ambiguità, nelle allusioni: non ci sono dirette citazioni dell'oggi; il regime totalitario è appena tratteggiato, lo sentiamo soprattutto negli effetti di autocensura che produce sui cittadini-sudditi, nell'asfittica atmosfera in cui sono costretti a vivere; non è chiaro se il protagonista ci racconti la verità o la mistifichi (d'altronde è sua la sola campana che sentiamo), se ricordi o meno i suoi trascorsi; la mistificazione, se c'è, potrebbe anche essere inconsapevole; sicuramente l'uomo sa troppo ed è tenuto d'occhio dal regime; sicuramente è sottoposto a sedute di controllo psicologico; ma sicuramente anche gode di eccezionali privilegi (dispone di una Jaguar); certamente ci sono terribili macchie nel suo passato (ha condiviso il crimine di stupro di gruppo, tra l'altro eccitandosi); certamente alla ragazza, che peraltro a lui ridà vita, offre a sua volta una possibilità di vita (ed è il gesto che di fatto conclude il libro con un'apertura sul futuro). Senza parere, Avoledo ci conduce sul sottile crinale che divide l'innocenza dalla colpa o, meglio, che le congiunge. Così come ci suggerisce che non sempre la storia è maestra di vita, anzi può magari insinuare nelle menti nefasti modelli. Il libro è dedicato a Iris Chang, autrice dello Stupro di Nanchino, morta suicida, si dice, di fronte all'orrore della materia studiata, così come il protagonista del libro, del cui nome sappiamo solo che contiene una doppia "l" (Tullio, forse?), ha sentito (in passato?) un'attrazione fatale per il suo oggetto di indagine. Certamente, nel suo presente ucronico, continua a foggiare modellini di aerei scaturiti da tecnigrafi nazisti.
Mario Marchetti
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