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Anno edizione: 2008
Anno edizione: 2010
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In questo interessante e godibilissimo lavoro, Simona Argentieri mette a disposizione osservazioni e riflessioni che derivano dalla pratica analitica per riflettere su un fenomeno pervasivo, quanto trascurato: la malafede, ossia quella zona grigia di ambiguità in cui difensivamente nuotiamo in vistose contraddizioni tra il dire e il fare, tra l'immagine che presentiamo di noi e i comportamenti abituali che la contraddicono. Quest'area di ambiguità è più vasta dei casi di autoinganno, il quale in genere riguarda specifiche credenze disturbanti ed è in questo senso localizzato. La malafede investe invece il carattere nel profondo e permea di sé tutta la personalità. Non solo, essa esonda a livello sociale, si intesse nella cultura, in abitudini sociali atte a semplificare la complessità codificandola in rassicuranti categorizzazioni che identificano colpevoli e premiano una tolleranza che è solo indulgenza a cattive abitudini di pensiero. L'autrice ci conduce così dalla realtà delle nevrosi dei suoi pazienti ad atteggiamenti sociali che affrontano l'ambiguità mascherandola in parole d'ordine e atteggiamenti che ne offuscano la natura e hanno la sola funzione di rassicurare. Da psicoanalista, i fenomeni che indica come segno tipico di questa ambiguità trattata con malafede sono quelli legati al mondo delle passioni, della sessualità e dell'identità sessuale, offrendo acute analisi di fenomeni quali la pedofilia, e la sua elaborazione sociale, e dell'ambiguità dell'identità sessuale e di genere, con le derive della tolleranza indifferenziata, che si esprimerebbe tanto nella cultura "queer" e "transgender", quanto nell'eccesso di interventi medici a una definita riallocazione di genere. La cosa migliore di questo libro sta però non tanto nell'identificazione del fenomeno, ma nella sua considerazione morale. Il fatto che la malafede sia a vari livelli sintomo nevrotico e meccanismo difensivo inconscio non esonera le persone dalla responsabilità nei confronti di un tratto riprovevole del carattere e della cultura che lo esprime. La condanna morale si intreccia con la convinzione che dall'ambiguità non analizzata e affrontata non può derivare niente di buono: una realtà illusoria è foriera solo di delusione. La modalità positiva di uscita dall'illusione è invece la disillusione che richiede l'elaborazione del problema che ha nutrito ambiguità e malafede. È bello vedere come la psicoanalisi si ponga problemi etici respingendo così l'accusa che la vuole deresponsabilizzante e perdonista.
Anna Elisabetta Galeotti
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