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Il fantasma esce di scena - Philip Roth - copertina
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fantasma esce di scena

Descrizione


Nathan Zuckerman ritorna a New York, la città che ha lasciato undici anni prima. Durante quel lungo isolamento sui monti del New England, Zuckerman non è stato altro che uno scrittore, niente di cui occuparsi a parte il lavoro e la vecchiaia da sopportare. Vagando per le strade come un fantasma che torna da una lunga assenza, Nathan Zuckerman fa tre incontri che in breve tempo spazzano via la solitudine gelosamente custodita. Il primo è con una giovane coppia alla quale offre uno scambio case: i due lasceranno Manhattan per il suo rifugio di campagna, e lui ritornerà alla vita cittadina. Ma, dall'istante in cui li incontra, Zuckerman desidera anche un altro scambio: la sua solitudine per la sfida erotica rappresentata dalla giovane Jamie, il cui fascino lo riattrae verso tutto ciò che credeva dimenticato. Il secondo contatto lo stringe con una figura del suo passato, Amy Bellette, musa e compagna del primo eroe letterario di Zuckerman, E. I. Lonoff. Amy, un tempo irresistibile, è ormai una vecchia stremata dalla malattia. Infine il terzo incontro, quello con l'aspirante biografo di Lonoff, un giovane segugio letterario. Di colpo invischiato - come mai avrebbe voluto o previsto - nelle trame dell'amore e della perdita, del desiderio e dell'animosità, Zuckerman mette in scena un dramma interiore di vivide e intense possibilità.
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Dettagli

2008
30 settembre 2008
226 p., Rilegato
9788806192198

Valutazioni e recensioni

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Raffaele
Recensioni: 5/5

Un ritorno al passato per il "fantasma" di Zuckerman che si aggira nella sua e nella nostra vita con la lucentezza di sempre. Grandi atmosfere di solitudine, di pietà e di rabbia in un contesto di assoluta attualità; un'uscita (presunta?) di scena sofferta e inaspettata. Solito splendido romanzo di Roth.

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diablo
Recensioni: 5/5

un libro bellissimo, intenso e molto vero, soprattutto nelle emozioni provate dallo scrittore. un livro onirico sui sentimenti, sul rispetto delle volontà di che scrive e vorrebbe non diventare oggetto di analisi ad ogni costo. un libro che raccomandarei a molti giornalisti o presunti tali.

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luciano
Recensioni: 3/5

alcune volgarità secondo me inutili e gratuite, mi sembra piuttosto starmpalato, anche se ben scritto. Strano che l'autore sia convinto che tutto ruoti attorno al sesso, come se non esistessero altri rapporti umani.

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Voce della critica

"Enter Ghost - Exit Ghost" è la didascalia che indica, nei drammi di Shakespeare Amleto, Macbeth e Giulio Cesare, le entrate in scena e le uscite di un personaggio defunto. Nell'Amleto la prima apparizione dello spettro agli occhi del pubblico, tanto fugace e silenziosa quanto terrorizzante, avviene nella gelida notte danese, davanti a Orazio, agli ufficiali e ai soldati di guardia al castello di Elsinore. È qualcosa di più che fantasia, immaginazione? ("something more than fantasy?") si domandano. Figura prodigiosa e perturbante, lo spettro viene dal luogo da cui non si fa ritorno per diventare – nel corso della rappresentazione e nei successivi dialoghi con Amleto – pagliuzza conficcata nell'occhio della mente, tragica rivelazione di verità e, al tempo stesso, smascheramento di quella menzogna e di quell'ipocrisia che covano nella società, nella storia, nel potere.
Il titolo originale dell'ultimo romanzo di Philip Roth, tradotto in italiano da Vincenzo Mantovani con Il fantasma esce di scena, è, non a caso, Exit Ghost. Un palcoscenico vuoto con un sipario rosso in copertina. Qui il primo fantasma a entrare in scena è il personaggio di Nathan Zuckerman, protagonista di gran parte della narrativa di Roth, da Lo scrittore fantasma (Einaudi, 2002) alla trilogia di Pastorale americana (Einaudi, 1998), Ho sposato un comunista (Einaudi, 2000) e La macchia umana (Einaudi, 2001). In Lo scrittore fantasma Nathan ha ventitré anni e incontra un vecchio romanziere, E. I. Lonoff, che si è ritirato dal mondo rifugiandosi sui monti del New England con la moglie Hope e una giovane studentessa, Amy Bellette. In Il fantasma esce di scena è Nathan che, settantunenne, dopo essere rimasto "nascosto" per undici anni in una casa nei boschi del New England dedicandosi soltanto alla scrittura, fuori da ogni comunicazione con il mondo, con la storia e con l'amore, torna a vivere "nel presente", nella New York post 11 settembre. Ed è lui stesso un sopravvissuto, scampato a un tumore alla prostata, ridotto a una condizione quasi infantile alle prese con pannoloni e incontinenza. Anche Amy Bellette si riaffaccia sulla scena, ma non è più la donna affascinante incontrata da Nathan nel 1956, quando stava per diventare l'amante di Lonoff; è una vecchia con il cranio mezzo rasato per un'operazione al cervello, inattendibile custode di una biografia sentimentale e intellettuale dello scrittore ormai scomparso, che uno spregiudicato giornalista, Richard Kliman, vuole rubarle per darla alle stampe.
Non è necessario avere letto gli altri romanzi di Roth e non occorre conoscere la vita passata di Zuckerman, di Amy Bellette o di Lonoff fuori dalle tracce che dà il testo stesso, per apprezzare questo romanzo. Perché la sua bellezza consiste prima di tutto in uno di quei geniali cambiamenti di prospettiva che la letteratura propone rispetto alla vita e al mondo comune. In Everyman la scrittura si faceva tanto più intensa e appassionante quanto più la vita scorreva davanti agli occhi del personaggio (e del lettore) attraverso il punto di vista della morte, del buio, nell'abbandono ad amori sorpresi da lontano, al "sole cocente", alla "luce dardeggiante da un mare sempre in moto", all'"odore di acqua salata", al mondo intero colto come su una mappa geografica di internet: il "pianeta Terra da un miliardo, un miliardo di miliardi, un quadrilione di carati". In Il fantasma esce di scena, la particolare prospettiva permette al lettore di guardare il mondo con la nostalgia di chi l'ha lasciato, ma con la sorpresa euforica di esserci ancora dentro; con l'abbaglio di un nuovo presente, ma con la consapevolezza di non poterci più entrare fino in fondo, di non poterlo più gustare né piangere davvero.
Il punto di partenza è quello che anima le prime pagine di Linea d'ombra di Joseph Conrad, più volte citato nel romanzo, e da recuperare per intero: "Soltanto i giovani hanno momenti del genere (…) Momenti di avventatezza (…) Era scesa su di me la malattia della giovinezza, trascinandomi via". Queste parole si adattano perfettamente alla storia di Nathan Zuckerman. Dopo quello che si annuncia come un nuovo, prodigioso intervento alla prostata (ma che in realtà non lo è), con la memoria vacillante, ancora incontinente e impotente, "consapevole dell'errore" e, appunto, "come un fantasma che tornasse dopo una lunga assenza", lo scrittore si ritrova a fronteggiare nella maniera più imprevista e imprevedibile le tre cose che gli stanno più a cuore: la storia politica e sociale dell'America, l'amore, la letteratura. Deciso a scambiare la propria casa del New England con qualcuno che gli ceda un appartamento a New York per almeno un anno, Zuckerman incontra una coppia di giovani scrittori, Billy e Jamie, intenzionati allo scambio. Jamie ha paura del terrorismo e vuole fuggire da New York. Sono i giorni della seconda vittoria di Bush, nel 2004, e la donna, una trentenne dai capelli neri e dal corpo sinuoso, diventa per Zuckerman il pretesto per sviscerare i problemi dell'America, i disastri del terrorismo, l'ignoranza e le menzogne politiche, le "ambigue favole" da cui il personaggio si era tenuto lontano. Non solo, ma Jamie risveglia in lui un paradossale sentimento amoroso, "una forte attrazione gravitazionale sul fantasma del mio desiderio". E se l'impotenza, secondo una metafora che implicitamente percorre tutto il romanzo, si traduce in un blocco della comunicazione, allora ecco che la soluzione viene dalla letteratura. I dialoghi tra Nathan e Jamie rivivono trasformati e sfasati in un dialogo teatrale fittizio in cui una "lei" e un "lui" si corteggiano e si conoscono dandosi un addio tra i più originali (la promessa della "follia" che segue all'attraversamento della linea d'ombra, della giovinezza, della maturità, della vecchiaia, il bagno nell'acqua color caffelatte dei bayous di Huston…). La parola teatrale diventa così la forma alternativa (quella del sogno, dell'immaginazione, della poesia) al linguaggio della quotidianità, della vita, all'empasse reale e simbolico dell'impotenza.
Questo gioco di prospettive, di rimandi e di doppi (da cui spunta anche lo spettro dello scrittore George Plimpton, la cui morte e la cui precedente vitalità sono rimpiante e interrogate come Amleto interroga nel cimitero il teschio del povero Yorick) rende il testo più complicato e più affascinante al tempo stesso, nel "miscuglio di comicità e cupezza" con cui arriva al lettore (come a Nathan arrivano le pagine di Lonoff). Il romanzo diventa così anche una presa di posizione contro l'impoverimento culturale e letterario che circonda il mondo autoreferenziale del testo stesso. Contro quelle storpiature della critica e del giornalismo che riconducono qualsiasi testo a forzato biografismo. La ribellione si coglie non solo dalla storia di Nathan Zuckerman, ma dalle parole di Amy Bellette e dalla voce delirante del suo stesso tumore. La donna scrive una feroce lettera al direttore del "Times", dove ammette che la letteratura è "fastidiosa" non meno dello spettro di Amleto. E che per questo, forse, è in procinto di sparire, o meglio, di perdere la propria funzione di vitale disturbo: "C'è stato un tempo in cui le persone intelligenti usavano la letteratura per pensare. Quel tempo sta per finire (…) Oggi in America è la letteratura che è stata espulsa come seria influenza sul modo in cui la vita è percepita (…) Immaginazione? Non c'è immaginazione. Letteratura? Non c'è letteratura. Tutte le parti squisite – e anche le parti non proprio squisite – scompaiono, e restano solo queste persone che si sentono ferite nei propri sentimenti".
La letteratura non è quel fantasma, "something more than fantasy"? Che cosa significa vivere, se non "forgiare una vita"? Roth non cita mai direttamente Shakespeare, ma Eliot, i versi di Little Gidding in cui il poeta, camminando per la strada prima dell'alba, incontra uno spettro che gli dà una profezia sul suo doloroso futuro, "Perché le parole dell'anno scorso appartengono alla lingua dell'anno scorso / E quelle dell'anno venturo aspettano un'altra voce".
Come lo spettro di Amleto, la letteratura finisce per restare chiusa tra due didascalie: "Enter Ghost - Exit Ghost". Come il vecchio re defunto al figlio che porta il suo stesso nome, però, la sua apparizione ci serve a prendere coscienza di noi stessi, della nostra identità, a rappresentare lo spettacolo del mondo. Anche quando si pensa, come Nathan Zuckerman, che "il dramma della scoperta di se stessi" sia già "finito da un pezzo".
Chiara Lombardi

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La recensione di IBS

Considerato dalla stampa internazionale il più grande scrittore vivente, premiato dalla critica e dal pubblico con i più prestigiosi riconoscimenti letterari, Philip Roth torna con un romanzo amaro e crepuscolare, che ha per protagonista il suo alter ego: lo scrittore Nathan Zuckerman.
Dopo Lo scrittore fantasma, in cui il giovane Nathan insegue i suoi miti e i suoi ideali; Zuckerman scatenato, in cui raggiunge l'affermazione attraverso la pubblicazione del suo primo capolavoro, e La lezione di anatomia, in cui l'ormai anziano scrittore è costretto a fare i conti con la malattia; in questo nuovo capitolo Zuckerman è alle prese con il rigurgito delle sue antiche passioni. A settantuno anni, dopo undici anni di perfetto isolamento, Nathan si guarda intorno e vede un uomo solo, fasciato in un pannolone da incontinente, costretto all'impotenza e al rifiuto di ogni desiderio. Vede un vecchio rassegnato, che ha lasciato la frustrazione insieme agli altri aneliti, per rifugiarsi sui monti del New England. Il disprezzo che prova per se stesso supera l'ammirazione che dimostrano i lettori nei suoi confronti e gli impedisce di vivere, esporsi, partecipare alle cene e alle occasioni mondane. Fino a che, spinto dalle parole di commiato di un amico, decide di ritornare a New York, per sottoporsi a un intervento che promette di ridurre la sua incontinenza, e si ritrova completamente immerso, invischiato, nelle assurde dinamiche sociali della grande mela. Una città profondamente trasformata dopo l'11 settembre, popolata da persone che conversano in maniera compulsiva al cellulare e da ragazzine svestite come dive di Hollywood, una città prostrata dalla paura per Al Qaeda e per l'imminente rielezione di Bush alla presidenza.
Nathan Zuckerman si aggira per le strade di New York come un fantasma, riemerso da una vita parallela, incredulo al cospetto dell'assurdità dell'esistenza, impotente e attonito in un mondo che non riconosce quasi più. Quando all'improvviso un volto riaffiora dal passato, una vecchia signora disfatta forse più di lui, con una cicatrice che le taglia in due in cranio e con indosso una vestaglia logora. è Amy Bellette, l'amante del grande scrittore ormai dimenticato E. I. Lonoff, uno dei suoi idoli di gioventù, che ebbe modo di incontrare nel lontano 1956.
A distanza di quasi trent'anni Philip Roth rientra nella storia che diede origine alla saga, (Lo scrittore fantasma, pubblicato nel 1979) facendo ritrovare due dei protagonisti del suo vecchio romanzo. Grazie a questo incontro Zuckerman scopre che un giovane cronista, biografo d'assalto, sta cercando di pubblicare uno studio su Lonoff, con l'intento di rivelare un tremendo segreto relativo alla sua vita privata. Ma il vecchio scrittore osteggia il giovane Kliman con tutta la rabbia che ha dentro e, affrontandolo, ritrova la sua grinta giovanile. Allo stesso modo, quasi per un'esigenza fisica incontrollabile, riscopre il suo slancio amoroso: attraverso un annuncio incontra Jamie, una giovane e sensuale scrittrice e suo marito, che gli propongono uno scambio di appartamento. Abbacinato dalla carica erotica della ragazza, Zuckerman si sorprende a fantasticare su di lei, immagina degli assurdi dialoghi carichi di allusioni e traspone questa vitalità fittizia, questa gioia effimera nel romanzo che si appresta a scrivere. Una sola settimana a New York per ritornare in scena, respirare la frenesia della vita, e uscirne ancora una volta, definitivamente.
Solo una settimana di vita, per riassaporare il grande talento di Philip Roth. La costruzione della frase, la sua architettura magistrale, perfetta; la trama, un crescendo vorticoso ed emozionante; i personaggi, che vivono del riflesso della genialità del loro ideatore; senza tralasciare le piccole elegie amare e politicamente scorrette che farciscono pagine pregne di significato. Meta-letteratura, nell'opera di un autore capace di invertire il tacito accordo tra il lettore e lo scrittore, capace di sovvertire i canoni della creazione letteraria, capace di stupirci, ancora una volta.

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Conosci l'autore

Philip Roth

1933, Newark, New Jersey

Philip Roth (Newark 1933 - Manhattan 2018) è stato uno scrittore statunitense. Figlio di ebrei piccolo-borghesi rigorosamente osservanti, ha fatto oggetto della sua narrativa la condizione ebraica, proiettata nel contesto urbano dell’America dell’opulenza. I suoi personaggi appaiono vanamente tesi a liberarsi delle memorie etniche e familiari per immergersi nell’oblio dell’attualità americana: di qui la violenta carica comica, ironica o grottesca, che investe anche le loro angosce. Dopo un primo, felice romanzo breve, Addio, Columbus (1959), e i meno incisivi Lasciarsi andare (1962) e Quando Lucy era buona (1967), Roth ha ottenuto la celebrità con Lamento di Portnoy (1969).Dopo Il grande romanzo americano (1973, riedito in Italia da Einaudi nel...

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