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Con un nuovo titolo, La favola delle due galline, Einaudi ripubblica le due storie che Fenoglio scrisse tra il '61 e il '62 dedicandole alla figlia nascitura Margherita; si tratta della favola eponima e di Il bambino che rubò uno scudo, breve apologo incompiuto; entrambi i testi sono illustrati da Alessandro Sanna ed erano già presenti nell'edizione critica delle Opere dello scrittore diretta da Maria Corti e pubblicata nel '78, il primo con il titolo La favola del nonno, qui modificato per volontà della curatrice nonché figlia dello scrittore.
Curiosa storia, questa delle due galline Chica e Tuja, l'una svagata, l'altra pratica, l'una sognatrice, l'altra tutta spirito mercantile, tanto da tormentare, strillare e scacciare infine nel buio della foresta fredda e scura la sorella vezzosa dedita ad attività "indubbiamente graziose ma del tutto inutili". Vera e propria favola di identità, allora, questa Favola delle due galline, se è vero che Fenoglio percepì sempre il ramo familiare materno e quello paterno come inconciliabili e in battaglia: giudiziosa e pratica la madre, imprudenti, "senza mestiere e senza religione", tremendamente innamorati di sé, i Fenoglio. E certamente molto simile alla gallina Chica dovette apparire per molto tempo il primogenito dei Fenoglio agli occhi della madre, talmente assorbito dalla scrittura da abbandonare dopo la guerra qualsiasi altra attività per dedicarsi a essa e a nient'altro, e da affidarsi ai familiari perfino per la sussistenza.
Non a caso, sia nelle testimonianze dei familiari che nelle parole dello stesso Fenoglio, gli scontri tra madre e figlio vengono rappresentati come veri e propri duelli primordiali in cui "questi due sangui mi fanno dentro le vene una battaglia che non dico", e in cui, per usare le parole di Marisa Fenoglio, "ci lasciavamo le penne, tutti". Come in una lotta tra galline, appunto. Una lotta in cui la gallina fantasiosa e ribelle vede personificato il peggiore incubo di ogni bambino: perdersi, scacciato dal punto d'origine, arrivando tanto distante da casa da temere di non poterci più ritornare.
Più trasparente ancora la trasposizione di sé del Bambino che rubò uno scudo: nel bambino "discreto e persino un po' contegnoso, sempre vestito a modo, mai spettinato", che riusciva bene a scuola, "sebbene studiasse per uno e fantasticasse per dieci", è impossibile non vedere un riflesso dello scrittore bambino. Anzi, del suo lato in ombra, visto che si tratta di un bambino ladro che inganna e truffa i genitori, soprattutto la madre (ancora). È più di un riflesso allora, è un'ombra, visto che il bambino giudizioso, ma ladro, di questa favola a un certo punto si incanta a guardare l'ombra di una bambina che il sole proietta su un muro, e subito ne traccia i contorni con il lapis. Questo segno è l'unica traccia che resta del passaggio di questa bambina sul punto di morire.
E ciò che continua ad accompagnarci di queste favole piene di una grazia misteriosa e tenue è l'immagine di uno scrittore bambino che disegna sul muro i contorni delle ombre. Marilena Renda
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