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La forma è sostanza diceva Togliatti. Un libro da leggere assolutamente per comprendere Togliatti e la sua idea di via italiana al socialismo e del perché la tregua con i fascisti dopo la Resistenza e la nascita della Repubblica
L'opera è la più completa e interessante trattazione sul fascismo che Togliatti elaborò. Il futuro segretario del PCI tenne delle lezioni nel 1935 ai partecipanti italiani della Scuola internazionale leninista di Mosca che sono qui riportate pressochè interamente. Spunti interessanti emergono anche dal punto di vista storiografico (come dimostra soprattutto il saggio conclusivo del curatore) ma anche dal punto di vista delle prospettive politiche introdotte. Le lezioni analizzano molti aspetti del regime fascista italiano e le sue evoluzioni teoriche e pratiche. Le note, la prefazione e il saggio conclusivo permettono l'inquadramento storico e anche di venire a conoscenza di come le lezioni sono arrivate a noi. Unica pecca: a tratti il testo (e il saggio conclusivo) sono per veri specialisti della materia (e della storiografia).
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Quando Togliatti, fra il gennaio e l'aprile 1935, tenne le proprie lezioni sul fascismo alla Scuola leninista di Mosca, era ormai relativamente nota la definizione offertane dalla Terza internazionale come della "dittatura terrorista aperta degli elementi più reazionari, più sciovinisti e più imperialisti del capitale finanziario". Nel Corso, Togliatti, i cui contributi furono nel complesso quindici (un paio oggi perduti, gli altri ritrovati o ricostruiti negli anni grazie agli sforzi dell'Istituto Gramsci e di Ernesto Ragionieri), vide nel fascismo un "regime reazionario di massa", poggiante sulla "dittatura della borghesia", sostenuta però a sua volta dalle "masse piccolo-borghesi". Netto era il passo avanti rispetto alle Tesi di Lione (gennaio 1926), in cui il fascismo veniva ancora considerato da Togliatti e Gramsci come "lo strumento di un'oligarchia industriale e agraria per accentrare nelle mani del capitalismo il controllo di tutte le ricchezze del paese".
Anche lontano dall'Italia, nel periodo successivo, Togliatti non aveva cessato di analizzare l'evolversi della politica e dell'economia fasciste, come spiega nella ricca postfazione Francesco M. Biscione, curatore di questa edizione del Corso. Il leader comunista giunse a tacciare di schematismo ogni posizione che vedesse ontologicamente destinati al fascismo tutti i regimi capitalistici governati da democrazie borghesi: passaggio decisivo, che gli permise di liberarsi di una pesante zavorra ideologica, benché continuasse a ritenere la socialdemocrazia imbevuta, al pari del fascismo, di un'"ideologia piccolo-borghese". Per tale motivo, Togliatti invocava cautela nella politica di fronte unico con cui i comunisti dovevano cercare di sottrarre le masse operaie ai due gruppi politici concorrenti: non solo quello dei socialdemocratici, anche i più apertamente antifascisti (e qui analizzava Giustizia e Libertà), ma anche dei repubblicani radicali; quanto agli anarchici, nella lezione XV asserì che essi, non ponendosi il problema della conquista del potere, disorientavano la lotta di classe. Emergono anche, nel Corso, le disamine di vari aspetti dell'organizzazione fascista: il Pnf (del quale, insieme al progressivo depotenziamento, viene accortamente sottolineata la capacità di configurarsi, per la borghesia italiana, quale rimarchevole elemento di forza), la Milizia, e l'"organizzazione reazionaria delle masse" nel Dopolavoro come nei sindacati fascisti. Togliatti riteneva che i comunisti dovessero sfruttare i forti contrasti interni di questi ultimi, allo scopo di reindirizzare le masse irreggimentate in direzione rivoluzionaria; discorso analogo faceva per le corporazioni, basate sull'idea di una collaborazione di classe che egli, naturalmente, giudicava irrealistica: "Noi eravamo contro il parlamento eppure ci andavamo. Così dobbiamo fare per le corporazioni" (lezione IX). La presente edizione, introdotta da una Nota al testo filologica, è la più completa mai pubblicata, comprendendo anche gli indici delle dispense e numerosi brani redazionali del Quaderno n. 2, attribuibili a Togliatti.
Daniele Rocca
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