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Questo libro mi ha lasciato perplesso. Lasciando perdere alcune improprietà evidenziate da altri lettori che sono ben presenti nel libro e che sono sfuggite agli editori in fase di revisione, la storia lascia trasparire qualcosa di personale, come se l'autore conscio di un suo passato di adesione all'ideologia fascista volesse quasi scusarsi con il suo pubblico, non riuscendoci, perchè non emerge mai una condanna netta a quel periodo. L'ambientazione è decisamente bella e curata, ma l'insieme di storia e linguaggi diversi risulta spesso pesante e affaticata tanto da chiedersi se valga la pena di continuare a leggere il libro. Conoscendo Garlini come organizzatore della splendida manifestazione Pordenone Legge sorge anche la domanda di come mai i suoi libri escano sempre per case editrici in cui c'è Giulio Mozzi a selezionare i testi. Siamo certi che l'Italia non possa fare a meno di questo scrittore e giornalista?
Ho letto che ha diviso la critica fra detrattori e sostenitori, forse più numerosi i primi, io sono sicuramente tra i secondi. La trama mi ha conivolto, e l'autore è riuscito a farci respirare l'aria di quegli anni e da quella prospettiva, strada facendo lo spartito è andato in crescendo, poco importa se alcune teorie sono confutabili, se ci siano evidenti semplificazioni storiche, e se il personaggio sia talvolta un pò forzato.ci sono indubbiamente dei limiti,ma non dei peccati mortali, il fascino sepolcrale di quegli ambienti,si avverte, la storia tiene, in ogni suo set (dal veneto a roma al sudamerica passando per l'Afghanistan), non è romanzo criminale ma funziona.
Voto 7 , se mi piacessero i noir l'avrei valutato di più, ma invece l'ho letto per l'ambientazione. Finalmente un libro dove ci si sforza di capire chi sono i fascisti senza dipingerli come dei ricchi teppisti che hanno affibbiato l'etichetta di fascista alle loro bravate perchè a scuola gli hanno detto che il fascismo coincide con violenza e prevaricazione (entrambe peraltro presenti a palate nel testo); anche se, in verità, i fascisti di San Babila sembrano più impegnati criminalmente, e meno politicamente, del clan Misso di Napoli. L'autore mostra di avere cercato di conoscere e capire le idee che mossero i militanti di quel periodo, idee che peraltro si erano parzialmente distaccate dal fascismo vero e proprio avvicinandosi al tradizionalismo reazionario (si pensi all'influenza esercitata da Evola, mai tesserato nel PNF, o dalla Gioventù legionaria rumena, formazione politica che lo Mussolini in persona aveva definito estranea al fascismo). Soprattutto all'inizio l'autore cerca di imitare l'estetica espressiva dei militanti con risultati tutto sommato non disprezzabili (anche se si percepisce la differenza) questi momenti si fanno più rari e contrastanti colla realtà effettiva man mano che procede il racconto. Infatti si tratta della parabola discendente di un gruppo di fascisti friulani da "soldati politici" a "criminali politici" coinvolti nella strategia della tensione; col protagonista desideroso d'acquisire forza e durezza per riscattare il passato meschino del defunto padre. Quello che più stupisce è l'incoerenza dei protagonisti, che s'ispirano ai valori aristocratici e guerrieri di Evola, ma non rispettano più di tanto questi principi ad esempio il protagonista tradisce la sua ragazza, va in night club, vende eroina... senza che la cosa sembri provocare dubbi o incertezze. Forse l'autore ha scelto di mostrare tali incoerenze anche per sostenere che chi cresce in una società come la nostra non è in grado di seguirli in maniera autentica e coerente.
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