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Descrizione


"Testimone del vissuto": cosí si presenta Primo Levi in questa importante intervista del 1983 (tradotta in molti paesi tra cui Francia, Grecia, Argentina). In un intenso dialogo con Anna Bravo e Federico Cereja, Levi racconta il retromondo minuto dei gesti quotidiani ad Auschwitz, i volti e le storie dei personaggi dei suoi libri. Al centro della conversazione, aperta e variegata, è ciò che egli definisce "il galateo del Lager", i rapporti tra i prigionieri, l'"ottusità" che li aiuta a vivere in quel mondo spaccato in due ("noi" e "loro") e dove la morale - quella del prima - non vale piú.
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Dettagli

2011
25 gennaio 2011
XXV-93 p., Brossura
9788806204976

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monica
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In questa intervista Primo Levi racconta l'impatto emotivo che la sua vicenda personale ebbe sui suoi figli, della condizione dell'italiano in Lager, ritenuto l'ultimo fra gli ultimi nella scala gerarchica del prigioniero, isolato schernito abusato dagli stessi compagni di prigionia semplicemente per una questione linguistica. Parla della sua esperienza come testimone della Shoah nelle scuole, non tralascia i suoi sentimenti nel ricordare la sua condizione di prigioniero nel Lager di Auschwitz-Monotitz. Interessantissimo libro in quanto arricchito di dettagli sulla prigionia in questo Lager non descritti in altri scritti di Primo Levi.

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Voce della critica

Si tratta dell'intervista condotta da Anna Bravo e Federico Cereja a Primo Levi nel 1983, in occasione della ricerca promossa dall'Aned, che consisteva nel raccogliere le testimonianze di duecentoventi superstiti dei campi di sterminio. Fin dalle battute iniziali emerge la figura dello "scrittore" Primo Levi: l'icasticità dell'analisi, la pacatezza dei toni, l'esposizione trasparente e lucida degli argomenti, l'attenzione alle parole e al loro significato. Più volte, infatti, nel corso dell'intervista, Levi chiede ai suoi interlocutori chiarimenti sul significato dei termini che essi usano, scardinando quel "lessico di settore o di gruppo" e obbligando a ripensare a certe espressioni e formule. Accanto alla figura dello scrittore si affianca sempre quella del testimone, che parla soltanto di quello che ha visto e vissuto in prima persona, senza accettare influenze esterne, e diventando così un "testimone del vissuto". Alla narrazione di eventi e di episodi della vita nei lager si affianca un'importante riflessione sulle difficoltà che lo scrittore ha incontrato nella sua opera di testimonianza: in primo luogo la percezione della perdita di interesse, nel corso degli anni, per quei temi, soprattutto da parte dei ragazzi, e il conseguente rammarico provato; in secondo luogo l'inadeguatezza e l'imbarazzo generati dall'incapacità di rispondere a certe domande: perché si fanno le guerre, perché ci sono stati i lager, perché, se c'è un Dio, ha permesso un simile abominio. Il libro si conclude con un saggio di Anna Bravo, che sviluppa un tema soltanto toccato nell'intervista, ma approfondito in altre opere di Primo Levi, quello della zona grigia, che possiede "una struttura interna incredibilmente complicata ed alberga in sé quanto basta per confondere il nostro bisogno di giudicare".
Elena Fallo

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