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L'italiano nascosto. Una storia linguistica e culturale
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L'italiano nascosto. Una storia linguistica e culturale - Enrico Testa - copertina
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italiano nascosto. Una storia linguistica e culturale

Descrizione


L'interpretazione della storia dell'italiano si è a lungo fondata sulla cesura tra lingua letteraria e dialetti: da un lato raffinati cesellatori della pagina, dall'altro una schiera di rozzi interpreti degli idiomi locali. Utilizzando studi recenti e commentando numerosi documenti, anche inediti o rari, questo libro di Enrico Testa propone una visione radicalmente diversa e prospetta l'esistenza, nel corso dei secoli, di una terza componente: un italiano di comunicazione dalla vita nascosta, privo di ambizioni estetiche ma utile a farsi capire. Uno strumento linguistico spesso trasandato che, basato su una forte stabilità di strutture e su un'identità di lunga durata, ha permesso, sotto la spinta di bisogni primari, il concreto definirsi di rapporti tra scriventi (e parlanti) di luoghi e statuti sociali diversi. A comporre questo inconsueto quadro linguistico e culturale sono convocati qui numerosi personaggi, infimi e noti: streghe e servitori, mezzadri e parroci di campagna, mercanti, dragomanni e pescivendoli, mugnai e sovrastanti, briganti e soldati, ma anche catechisti e maestri d'abaco, monache, vescovi e santi insieme a famosi letterati che, nel disbrigo delle loro faccende quotidiane, non esitano a ricorrere a una semplicità comunicativa contigua al mondo subalterno. Un'avventura o percorso nella storia della nostra lingua che consegna al lettore un panorama complesso e iridescente, folto di forme intermedie e in chiaroscuro.
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Dettagli

2014
21 gennaio 2014
VII-321 p., Brossura
9788806211653

Voce della critica

 

Il libro di Enrico Testa gioca fin dal titolo sul paradosso di una lingua nascosta e comune, l'italiano parlato e (poco) scritto da chi l'ha appreso o lo usa per pura necessità di comunicazione, fatto di "parole necessarie a' bisogni giornalieri e comunisssimi della vita" per dirla col Foscolo delle Epoche della lingua italiana, da cui il volume prende le mosse. Un italiano che già Boccaccio poteva immaginare in bocca ai "mercatanti e ciciliani e pisani e genovesi e viniziani" nell'affollato porto di Acri; che i viaggiatori stranieri potevano cogliere come "varietà locale dell'italiano comune" (Luca Serianni) percorrendo la nostra penisola tra Sette e Ottocento; che ancora ritroviamo in capolavori del cinema italiano come La grande guerra di Monicelli. Un italiano distante dalle luci della ribalta della nostra fastosa tradizione letteraria, e per questo ben più centrale nel lungo divenire dei processi di alfabetizzazione e di italianizzazione che costituiscono la storia vera della lingua che parliamo oggi. Un italiano che esisteva prima dell'Unità e del Manzoni; l'abbondante messe di episodi, personaggi e testimonianze scritte dal Cinquecento in avanti, che forma il tessuto del volume, è raccolta, forzando le tradizionali opposizioni fra lingua e dialetto e fra scritto e parlato, sulla base di due soli parametri: l'"assenza di (canonica) letterarietà" e lo "spiccato intento comunicativo". Il libro segue questi varchi e passaggi facendo emergere dai testi "una forte stabilità di forme e di strutture" attraverso cinque tappe, a partire dalle Scritture dei semicolti: una galleria di streghe e briganti, eretici e rivoltosi, artigiani e mezzadri che getta sul tappeto le principali questioni su cui si misureranno i capitoli successivi. Prima, l'aggancio forte con l'oralità, che nell'urgenza di comunicare porta i letterati illustri del terzo capitolo (Ariosto, Castiglione, e Pietro Bembo) a una scrittura epistolare meno ingessata, non esente da tratti locali ma piacevolmente comprensibile anche al lettore odierno in forza di ragioni pragmatiche e testuali che avvicinano questi testi a quelli prodotti dai semicolti: le due serie si allineano per la tendenza alla semplificazione, per il ruolo fondante dei "costrutti della messa in rilievo" e per la pianificazione testuale a maglie larghe. Seconda questione, il carattere "in qualche modo eversivo" che accompagna "l'accostamento del semicolto alla scrittura" (D'Achille) e che il libro affronta da prospettive diverse: nella rassegna sulla stampa popolare del secondo capitolo e in modo articolato nel quarto, dedicato al contributo della chiesa romana alla diffusione di questa varietà comune di italiano. L'azione è esaminata prima dall'alto, nello sforzo di semplificazione della lingua della predicazione e della catechesi e poi dal basso, nel sorgere di una serie di "officine dell'italiano" (confraternite, scuole di dottrina, ambienti monastici) che "ampliano gli strettissimi confini della lingua comune" (ancora Foscolo) avviando alla lettura e anche alla scrittura di un italiano di grado zero, privo di elementi dialettali e semplificato nel lessico e nella sintassi. Con una grossa cesura, che l'autore individua nella "generale riduzione dello spazio del volgare" promossa dal Concilio di Trento: le responsabilità della Controriforma sono per la prima volta affiancate, e in modo documentato e convincente, alle conseguenze del bembismo nell'arretramento dell'italiano di comunicazione. Lo sfondamento spaziale dell'ultimo capitolo, dedicato all'Italiano d'oltremare, riannoda le fila della terza questione discussa nel volume, tratteggiando la fisionomia linguistica di dragomanni e interpreti, impiegati come traduttori di documenti diplomatici e commerciali in un italiano "itinerario" e veicolare tra Marsiglia, Tunisi e Livorno dal Cinque al Settecento: donne, mercanti e artigiani, né letterati né semicolti, dei quali la guida del gentiluomo inglese Edward Lear in viaggio per l'Italia a metà Ottocento affermava: "Quando vogliono farsi capire parlono come cristiani: ma fra loro come diavoli".   Margherita Quaglino

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Conosci l'autore

Enrico Testa

1956, Genova

È nato a Genova, dove insegna Storia della lingua italiana all'università. Dopo "Le faticose attese" (San Marco dei Giustiniani 1988), ha pubblicato da Einaudi le raccolte poetiche "In controtempo" (1994), "La sostituzione" (2001), "Pasqua di neve" (2008), "L'esistenza. Tutte le poesie 1980-1992" (2010), "Ablativo" (2013), "Cairn" (2018) e L'erba di nessuno (2023), libro entrato nella dozzina finalista del Premio Strega Poesia 2024. Sempre per Einaudi ha curato il "Quaderno di traduzioni di Giorgio Caproni" (1998) e l'antologia "Dopo la lirica. Poeti italiani 1960-2000" (2005). Tra i suoi saggi: "Lo stile semplice. Discorso e romanzo" (Einaudi 1997), "Per interposta persona. Lingua e poesia nel secondo Novecento" (Bulzoni 1999), "Montale" (Einaudi 2000), "Eroi e figuranti. Il...

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