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Le antiche vie. Un elogio del camminare - Robert Macfarlane - copertina
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antiche vie. Un elogio del camminare

Descrizione


"Gli uomini sono animali, e come tutti gli animali anche noi quando ci spostiamo lasciamo impronte: segni di passaggio impressi nella neve, nella sabbia, nel fango, nell'erba, nella rugiada, nella terra, nel muschio. È facile tuttavia dimenticare questa nostra predisposizione naturale, dal momento che oggi i nostri viaggi si svolgono per lo più sull'asfalto e sul cemento, sostanze su cui è difficile imprimere una traccia. Molte regioni hanno ancora le loro antiche vie, che collegano luogo a luogo, che salgono ai valichi o aggirano i monti, che portano alla chiesa o alla cappella, al fiume o al mare". Robert Macfarlane è l'ultimo, celebrato poeta della natura, erede di una tradizione che da Chaucer fino a Chatwin e Sebald è capace di trasformare una strada in una storia, un sentiero su un altopiano in un viaggio nella memoria. Riallacciando l'ancestrale legame tra narratore e camminatore, Macfarlane compie il gesto più semplice, eppure oggi anche il più radicale: quello di uscire dalla sua casa di Cambridge e iniziare a camminare, a camminare e osservare, a osservare e raccontare. Battendo i sentieri dimenticati di Inghilterra e Scozia, l'antico "Camino" di Santiago, le strade della Palestina costellate di checkpoint e muri di contenimento, gli esoterici tracciati tibetani, Macfarlane riesce, come un autentico sciamano, a far parlare paesaggi resi muti dall'abitudine, a dare voce ai fantasmi che li abitano, a leggere i racconti con cui gli uomini hanno abitato il mondo.
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Dettagli

2013
8 ottobre 2013
408 p., ill. , Rilegato
9788806212100

Valutazioni e recensioni

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Sergio
Recensioni: 1/5
Delusione

Comprato per le belle recensioni precedenti. A stento sono arrivato alle cento pagine e poi ho gettato la spugna e messo in libreria. Chissà magari in futuro.

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betty
Recensioni: 5/5

Magnifico libro che dimostra che viaggiare non implica andare all'altro capo del mondo ma è soprattutto una predisposizione mentale, che può appagare ed arricchire anche partendo dal sentiero che passa dietro casa. Prosa fluida, tante informazioni ed emozioni, mai noioso, mai banale.

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Silvia
Recensioni: 5/5

Un libro straordinario. Avvincente come un romanzo, un saggio erudito in cui ogni pagina riserva una sorpresa, uno spunto, una descrizione magistrale di paesaggi, esteriori ed interiori.

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Recensioni

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Voce della critica

  "Di viaggi si è scritto molto, di strade assai meno", osservava Edward Thomas, poeta edoardiano, poco noto in Italia, infaticabile camminatore per i sentieri meno battuti dell'Inghilterra all'inizio del secolo scorso. Le antiche vie di Robert Macfarlane, scrittore girovago e docente di letteratura inglese a Cambridge, prova oggi a colmare questa lacuna, nella convinzione che la voce della strada custodisca il segreto del legame tra l'umano e ciò che lo circonda, tra il fuori e il dentro del viaggio. "I sentieri sono le consuetudini di un paesaggio. Sono atti di creazione consensuale. (…) I sentieri uniscono. È la loro missione fondamentale, la ragione prima della loro esistenza. A rigor di termini uniscono luoghi, in senso lato persone". Immaginato come il terzo volume di "una trilogia informale dedicata al paesaggio e allo spirito umano", dopo Come le montagne conquistarono gli uomini (2003) e Luoghi selvaggi (2007), Le antiche vie racconta la storia del fitto tracciato di sentieri che da millenni, senza clamore, attraversa la Gran Bretagna. Come nei libri precedenti, Macfarlane vi snocciola una ricca serie di riferimenti letterari, finemente intrecciandoli al racconto di esperienze di viaggio personali. Al centro della narrazione c'è ancora una volta il tema più autentico della sua scrittura: quei "luoghi selvaggi" che secondo l'autore sarebbe possibile incontrare non lontano, all'altro capo del mondo, ma vicino, a due passi da casa, in tutti gli spazi periferici e marginali cui una modernità in polvere avrebbe ormai voltato le spalle. Macfarlane chiama questi luoghi "xenotopie": luoghi "stranieri", "estranei", addirittura "esotici", non distanti, ma "dissonanti", capaci cioè di rovesciare ogni abitudine percettiva, di suscitare "la sensazione di abitare uno spazio tra due mondi, o anche di occupare due sistemi geometrici del tutto diversi". Inoltrarsi in una "xenotopia" significa fare pratica di "strolling": l'arte di girovagare a piedi di cui per secoli gli scrittori inglesi sono stati maestri ("Camminando, ci penserò" diceva lo Yorick di Sterne), e che di recente pare essere tornata una loro specialità. Non molti anni fa, Iain Sinclair ha affascinato Londra con il racconto delle sue passeggiate urbane: lo sguardo di Macfarlane, in un analogo esercizio di "psicogeografia", si concentra ora su spazi aperti e disabitati, in cerca di voci esili e inascoltate. Vengono in mente le passeggiate in East Anglia raccontate da Winfried G. Sebaldin Gli anelli di Saturno (1996), alla ricerca di destini sospesi, di impalpabili incontri, di storie inverosimili, soprattutto quando Macfarlane descrive l'incerto dissolversi e riaffiorare della Broomway, sorta di via camminabile sulla costa orientale dell'Inghilterra, a volte sommersa, a seconda delle ore e delle condizioni metereologiche, dall'alzarsi della marea. Sentieri come la Broomway portano lontano dalla fretta e dalle ansie di tutti i giorni, in un luogo della mente dove poter ritrovare un legame più diretto con il mondo e con se stessi. "Da un po' di tempo ho l'impressione che per ogni paesaggio importante le due domande da farci dovrebbero essere le seguenti ‒ scrive Macfarlane. ‒ Primo, che cosa so quando sono in questo luogo che non posso sapere da nessun'altra parte? Dopo di che, e senza speranza di risposta: che cosa sa di me questo luogo che neanch'io posso sapere di me stesso?". "Soltanto i pensieri nati camminando hanno valore", ha scritto Nietzsche. Prima di lui, la stretta interdipendenza tra il camminare e il pensare era già stata intuita da Thoreau, Kierkegaard, Rousseau, Montaigne. "Solvitur ambulando", recita il detto latino, come se l'immaginazione, per mettersi in moto, avesse bisogno di un movimento reale. Verità antica, secondo Macfarlane, che cita a questo proposito molte etimologie sul significato creativo ed esperienziale del camminare: in inglese, ad esempio, "apprendere" (to learn) e "scrivere" (to write) deriverebbero da termini che indicavano rispettivamente il "seguire orme" e l'"imprimere tracce". Del resto, un sentiero è sempre anche una metafora del racconto, un detonatore di storie: invita a proseguire in avanti verso l'ignoto e a tornare indietro nel tempo, pensando a chi l'ha percorso prima di noi. È come un gomitolo di tempo: lo si percepisce nell'immediatezza del momento, ma non lo si comprende che nella profondità del passato. Come per un altro cantore di strade, Bruce Chatwin, anche per Macfarlane la scrittura è un modo di preservare la singolarità dei luoghi dalla furia omologante del presente, di "archiviare in parole ciò che stava svanendo, o di ricreare in parole ciò che era svanito". Camminare, pare suggerire Le antiche vie, apre le porte di quelle che Edward Thomas chiamava le "stanze senza chiavi della mente". Accorda il ritmo della vita a quello del respiro, e ricorda che ne esiste anche un altro, più profondo, forse perenne: "Le strade proseguono / mentre noi dimentichiamo e siamo / dimenticati come una stella / cadente che passa e svanisce".   Luigi Marfè

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Conosci l'autore

Robert Macfarlane

1976, Halam, Nottinghamshire

Robert Macfarlane (Halam 1976) , scrittore inglese, è un appassionato alpinista, critico letterario, collaboratore della BBC e insegnante a Cambridge. Tra i suoi libri ricordiamo Come le montagne conquistano gli uomini (Mondadori 2005), Luoghi selvaggi (Einaudi 2011) e Le antiche vie (Einaudi 2013 e 2018).

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