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Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Ho letto 17 equations that changed the world di Ian Stewart. Secondo alcune recensioni c'erano errori di traduzione nell'edizione italiana e quindi ho letto la versione in lingua originale. Molti anni fa avevo letto "Le 5 equazioni che hanno cambiato il mondo" di Michael Guillen e lo avevo trovato molto interessante, scritto bene. Pensavo che Le 17 equazioni che hanno cambiato il mondo fosse un estensione del primo che avevo letto. Per niente! È un libro noioso (il capitolo sulla topologia é praticamente illeggibile) che non serve né a coloro che di fisica matematica non sanno niente né a quelli che conoscono la materia. Fortemente sconsigliato.
Se un'equazione dimezza le vendite, forse un'equazione sbagliata le riduce ad un quarto, come un passaggio matematico sbagliato per spiegare le proprietà dei logaritmi presente nel capitolo dedicato. è a questo punto che il cliente allora comincia a non essere più soddisfatto anche della grafica così scarsa impiegata, o della traduzione che in alcuni punti è oscura, o del prezzo, che quindi diventa troppo alto per un simile prodotto. Comperato con un misto di entusiasmo e curiosità, ma anche per poterlo magari impiegare come lettura di alcuni capitoli da assegnare a studenti, sono rimasto molto deluso. Si rischia di passare informazioni imprecise a chi deve imparare.
Recensioni
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Tra curiosità e divertenti retroscena sui più celebri matematici, Stewart delinea un’appassionante storia del pensiero matematico attraverso le diciassette equazioni che più hanno cambiato il mondo.
A Stephen Hawking, nei mesi precedenti la pubblicazione di “Dal Big Bang ai buchi neri”, fu cordialmente intimato di non inserire alcuna equazione all’interno del testo. Ognuna di esse avrebbe dimezzato le vendite. “Politica editoriale”, dicevano. Il fisico britannico non seppe resistere e ne inserì soltanto una, la celeberrima E=mc². Risultato? Dieci milioni di copie vendute. Chissà se senza quella formula ne avrebbe vendute il doppio...
Con questo simpatico aneddoto si apre il saggio di Ian Stewart, docente universitario di matematica presso la Warwick University. A differenza di Hawking, l’autore non ha ricevuto alcuna pressione dalla casa editrice, potendo perciò sbizzarrirsi a scrivere pagine e pagine fitte di schemi ed equazioni, dal Teorema di Pitagora fino alla Teoria del Caos.
Presentate in ordine cronologico di “comparsa”, le formule sono un pretesto per delineare la storia del pensiero matematico, dalla stretta coabitazione prescientifica con la filosofia classica fino alle attuali applicazioni nella finanza e nell’industria.
Siamo quindi di fronte a un saggio prettamente divulgativo il cui contenuto non deve spaventare chi ha abbandonato lo studio della matematica da decenni. I diciassette capitoli, tanti quanti le equazioni, hanno lunghe parti di ripasso dei concetti fondamentali, in modo tale da non escludere i più lazzaroni dal pieno godimento della lettura.
Sempre accompagnate da grafici, schemi e spiegazioni, le equazioni, soprattutto quelle che si affronterebbero solo alle facoltà scientifiche, vengono infatti presentate a un lettore immaginato come semplice appassionato di matematica. Non è un mondo per soli ingegneri, o almeno non ancora...
Per chi invece mastica abitualmente certi argomenti prevale l’interesse storico, soddisfatto dalla buona ricostruzione degli eventi, anche quelli più bizzarri, che indussero matematici e fisici all’elaborazione dei postulati. Non mancano infatti retroscena e curiosità. Uno tra i più divertenti riguarda Nepero, colui a cui dobbiamo i logaritmi. Egli si interessava pure di argomenti teologici, soprattutto dell’Apocalisse di Giovanni, che a suo avviso, dopo astrusi calcoli, sarebbe avvenuta nel 1688. Inoltre si dilettava con la negromanzia, portava sempre con sé un ragno nero in una scatola e aveva come assistente un gallo nero che aveva il raro dono di riconoscere quali tra i suoi schiavi rubassero.
Altre pagine di grande interesse sono quelle dedicate al gatto di Schrödinger, divenuto quasi un’icona pop. Citato da tutti, per colpa, o per merito, di film e serie tv, in pochi in realtà conoscono il reale significato di questo paradosso e la ragioni dietro la scelta dell’animale. Stewart grazie anche a questi incisi ironici alleggerisce il registro della narrazione in alcuni momenti chiave. Ciò è utile affinché non perda mai l’attenzione del lettore, trattato come uno dei suoi studenti a lezione, conscio che per non perdere nessuno tra le pagine fitte di spiegazioni bisogna qualche volta concedersi il lusso di una risata.
Recensione di Matteo Rucco
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