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La mia parte di gioia. Taccuini 1989-1992
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La mia parte di gioia. Taccuini 1989-1992 - Goliarda Sapienza - copertina
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mia parte di gioia. Taccuini 1989-1992

Descrizione


"Quanta storia, emozioni, morti, amori in queste poche frasi che ho tracciato... magari qualcuno scrivesse questa storia per me". Pensieri, invettive, piccoli racconti: nei taccuini scritti a mano per raccontare la sua vita, Goliarda Sapienza ci rivela il suo lato più privato. A sessantacinque anni, persa ogni fiducia nel mondo editoriale da cui ha appena ricevuto l'ennesimo rifiuto, Goliarda torna sul palcoscenico e al cinema: non è una scelta semplice, e ora più che mai queste pagine diventano lo spazio in cui riversare non solo il suo lato più privato ma la scrittura tutta, e prendersi "la sua parte di gioia". Nelle agende con cui Goliarda sostituisce gradualmente i taccuini, in un tentativo subito fallito di imbrigliare la sua voce nella griglia prestampata dei giorni, ritroviamo la passione dell'intellettuale e la concretezza di una donna propositiva, saggia, sempre vitalissima. Anche quando le si affaccia alla mente il pensiero della mortalità, la paura di non riuscire a dire tutto, perché "la vita, per l'arte, è coltissima". Ma coltivando il vizio di parlare a se stessa più veloce del calendario, invadendo con le parole di oggi le pagine di domani, Goliarda Sapienza trasforma la scrittura autobiografica in battaglia. Prefazione di Angelo Pellegrino.
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Dettagli

2013
22 ottobre 2013
IX-211 p., Rilegato
9788806217358

Voce della critica

  Che questa "appendice letteraria", una selezione dei diari di Goliarda Sapienza ultrasessantenne, prosieguo di Il vizio di parlare a me stessa, curato e introdotto dagli stessi Gaia Rispoli e Angelo Pellegrino, sia una sorta di epilogo del romanzo L'arte della gioia? Così potrebbe essere letta da chi avesse amato e odiato il criminoso lucido eroismo di Modesta (piciridda pezzente e scimuzza curiosa del mare, abile principessa che si disfà di ogni ricchezza per non divenire l'impiegata del suo patrimonio) fino al lieto fine: l'eroina, comprensiva nonna e madre, incontra un uomo più giovane di lei con cui scopre l'amore. Ed ecco l'epilogo quindici anni dopo: Modesta anziana, catapultata in un presente senza gioia, si sforza di rivivere nei ricordi la propria parte di gioia rubata a tutto e tutti. Rimasta sola, povera, senza amici, con il compagno girovago che torna solo di tanto in tanto, vive la serenità di un pesce dentro una boccia di vetro, tormentata dal male "alla coda e alle ginocchia". Depressa ("Le persone care con cui ebbi tanta gioia nell'ascoltare il suono gioioso di quei luoghi sono morte"), ma perseverante nel continuare a "studiare, studiare sempre, anche a sessant'anni e oltre". Il lettore che invece non confonde Modesta con Goliarda, conoscendo la Iuzza abituata a vivere intensamente e nelle prime file della Storia narrata nei romanzi autobiografici e nella biografia La porta è aperta. Vita di Goliarda Sapienza, vi può leggere un diverso epilogo: il "grosso pesce Iuzza" impara ad accogliere attimi di gioia e "quasi serenità" dentro una boccia di vetro. In compagnia di sorella solitudine e suocera povertà, Goliarda, che per non essere l'impiegata del proprio talento non è diventata scrittrice di successo, persiste a voler raccontare il mondo con sguardo vivace e "costante ribellione a tutte le forme di oppressione". Si gode il mare da uno scoglio nel desiderato silenzio ("Anche se oggi è nuvolo, il vetro di grigie nubi lucenti m'accarezza gli occhi, la carne, il respiro") e rilegge con "ricchezza di approfondimento" Proust, i Karamazov, Moby Dick, James, il Buon soldato di Ford Madox Ford o Padri e figli di Turgenev. Romanzi corposi, lunghi, non amputati "di tutte le piccole eternità che sono le sfumature, i fatti minuti, e perché no le lungaggini e divagazioni all'apparenza inutili per il plot, ma necessarie a creare la profondità complessa dei personaggi". Chi invece non conosca né Iuzza né Modesta cosa può trovare in questo elegante volume di Einaudi? Il lettore nuovo di questa autrice raffinata ed elevata ("Non si scrive per guadagnare, piuttosto per essere in grado di ascoltare questa sirena che mi guarda laggiù, appena girato l'angolo in riva al mare") vi può trovare gli strumenti di lavoro, l'analisi instancabile e impietosa di uno strenuo combattente per la libertà di pensiero e l'autenticità esistenziale, contro ogni tipo di ideologia assoluta e dogmi rassicuranti quanto invisibili, come quelli celati dietro ogni nuovo "ismo". Ma rimane un quarto tipo di lettore: il filologo e lo studioso di letteratura. Impossibile convincere anche loro a far tesoro di questa selezione fatta senza criteri dichiarati. Un vero peccato ridurre ad apparenti aforismi o discorsi brevi tutta questa "vita di foglietti pieni", che l'autrice contrappone al "bianco indifferente di un lavoro solo, rigido e senza languore" del romanzo su sua madre che non riesce a portare a termine. Se si vuole che l'autrice Goliarda Sapienza non finisca nel dimenticatoio e la sua opera possa approdare al riparo dalle onde casuali e irrazionali dell'editoria italiana, sarebbe opportuno rivolgersi anche agli studiosi, non solo a un pubblico ampio ed emotivo, passeggero e fluido, come la peggiore cultura dominante oggi, a cui sono dirette edizioni evocative di questo tipo. Goliarda andava tracciando questi sudati diari in maniera disordinata: talvolta nei taccuini che portava in borsa, talaltra nelle grosse agende che teneva nel piccolo scrittoio di Gaeta o in quell'altra che trovava nel tavolo della cucina di Roma. Talvolta, per mancanza di carta, continuava nello spazio retrostante un taccuino precedente qualcosa iniziato in un taccuino nuovo. Tutto questo andrebbe compreso e riordinato, non reso invisibile da implacabili tagli. Sarebbe auspicabile che tutte le preziose carte dell'archivio privato di Goliarda Sapienza siano edite con maggiore precisione filologica e ricchezza di note al testo, informazioni dettagliate su date certe e presunte, sulla natura di manoscritti e dattiloscritti, su eventi e persone. Se così non sarà pazienza! Vorrà dire che l'unico approdo possibile per la scrittrice Goliarda Sapienza sarà stato quel tempo "ricco, poetico e pieno di meraviglie" trascorso nei bar a chiacchierare, a rileggere i classici della letteratura e a scrivere questi appunti sparsi di vita piena, questi "racconti di tutti gli incontri appassionati degli altri: mi sentivo a casa mia fra queste paginette che mi si modellano alle guance come un cuscino di piume bianco, fragrante di lavature famigliari".   Giovanna Providenti  

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Conosci l'autore

Goliarda Sapienza

1924, Catania

Goliarda Sapienza nacque a Catania da famiglia socialista rivoluzionaria. A partire dai sedici anni visse a Roma, dove studiò all'Accademia di Arte Drammatica. Negli anni Cinquanta e Sessanta recitò come attrice di teatro e di cinema lavorando, tra gli altri, con Luchino Visconti (in Senso), Alessandro Blasetti e Citto Maselli. Al suo primo romanzo, Lettera aperta (1967), seguirono Il filo di mezzogiorno (1969), L'Università di Rebibbia (1983), Le certezze del dubbio (1987) e, postumi, L'arte della gioia (Stampa Alternativa 1998 e Einaudi 2008 e 2009), Il destino coatto (2002), Io, Jean Gabin (2010), Il vizio di parlare a me stessa (2011), La mia parte di gioia (2013), la raccolta poetica Ancestrale (2013), Elogio del bar (2014), Tre pièces (2014) e il romanzo...

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