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bel libro e bella storia, purtroppo sempre attuale!da leggere tutto d'un fiato...
Libro bello, coinvolgente e con un bel ritmo. Molto carino il modo in cui è scritto, in prima persona ma al passato, strano ma allo stesso tempo intelligente. Certo che Winslow senza droga, spaccio e cartelli non fa lo stesso effetto dei suoi libri cardine, quello rimane il suo cavallo di battaglia senza nessuna ombra di dubbio.
Penso che Dashiell Hammett e Raymond Chandler avrebbero amato Frank Decker. O perlomeno lo avrebbero considerato una figura molto familiare. L'unica differenza è che qui siamo nel terzo millennio, e non c'è tempo per troppi locali notturni e i crimini sono particolarmente choccanti, mentre tutto il resto (compreso uno stuolo straordinario di dark ladies) è compreso nel prezzo. Anche Rick Deckard si troverebbe a suo agio con Frank. Per esempio potrebbero parlare di meravigliose donne in difficoltà che non hanno le idee chiarissime sul proprio passato. Dialoghi straordinari, libro imperdibile per gli appassionati del genere.
Recensioni
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È stato solo un lapsus, Don. Già. Il titolo del tuo ultimo romanzo è un gigantesco lapsus.
“Missing. New York”: ti mancava la mela, Don?
Sì, è vero: molta acqua è passata sotto i ponti dai giorni in cui facevi il proiezionista in un cinema, giù sulla Broadway. La tua vita ne ha riassunte mille, da quei giorni fatti di cinghie troppo strette, giacche troppo larghe e un futuro che si annunciava più luminoso delle luminarie montate sull’Empire o sul Rockefeller, tre isolati più in là. Hai fatto l’assicuratore, il private eye e chissà cos’altro, prima di decidere che tutte quelle vite avrebbero dovuto essere messe su carta e sarebbero diventate il tuo prossimo mestiere.
E bisogna riconoscere che ce l’hai fatta, Don: sei sulla breccia da abbastanza tempo perché si possa dire che ce l’hai proprio fatta.
Dai tuoi libri Hollywood trae kolossal miliardari; sei la guest star di ogni tavola rotonda sul futuro del crime novel; gli editori di tutto il mondo fanno a cazzotti per accaparrarsi i diritti delle tue prossime saghe…
Ma sei troppo scaltro per non aver imparato che nessun boss, per astuto e potente che sia, può adagiarsi sugli allori troppo a lungo. In fondo l’hai scritto tu “Il potere del cane”, no?
Sentivi la mancanza di New York, Don? Beh, lascia che ti dica che la tua sembra una veniale confessione di debolezza da parte di un autore che non deve chiedere mai.
Fai quasi tenerezza… “Missing. New York”. Cosa credevi? Che bastasse un punto buttato lì, fra aggettivo e sostantivo, per intorbidire le acque e farci perdere la bussola?
La città che non dorme mai ha incoronato mille cantori della sua elegia di carne e di acciaio, ma ne ha disarcionati mille e uno, facendo mordere la polvere a troppi, solo perché avevano avuto la presunzione di credere che dopo di loro non ne sarebbero venuti altri, non altrettanto bravi. Non altrettanto furbi.
Ma tu non sei tipo da lasciarsi spaventare facilmente, e così hai lasciato il sole della California, con i suoi bulli, le sue pupe, le sue coltivazioni idroponiche di erba e i suoi cartelli di narcos e sei tornato là dove tutto era cominciato, trent’anni fa.
”Go west, young man?” Non ora. Non tu.
Con la disinvoltura con cui s’indossa una camicia fresca di bucato ogni mattina, ti sei lasciato alle spalle il tuo marchio di fabbrica più sicuro – quello della frontiera, quello della guerra fra i cartelli, quello che negli ultimi anni ti ha garantito un posto al sole e ville principesche su Sunset Boulevard - e hai risalito la corrente da ovest a est, come un salmone, verso la sorgente di tutte le storie.
E ora è il turno di Frank Decker, che in fondo ti somiglia, e che promette di ribaltare Manhattan come un calzino qualsiasi, per ritrovare una bambina di cinque anni, scomparsa da Lincoln, Nebraska, e risucchiata nel gorgo di una città le cui mille luci nascondono altrettanti buchi neri, terrificanti e senza fondo.
L’indagine corre a rotta di collo, i dialoghi filano e suonano bene. Ci affezioniamo a Frank sulla fiducia, e ogni pagina non fa che rinsaldare un contratto che sin dalle prime pagine abbiamo firmato come una cambiale in bianco. Ma che Winslow sarebbe senza cattivi? E i cattivi, che sono sempre stati l’ingrediente segreto della tua ricetta di successo, ci sono anche qui. Anzi, sono talmente fetenti da far apparire quel coriaceo bastardo di Frank come un venditore di enciclopedie porta a porta, giusto un po’ troppo ostinato.
“Io, il pubblico so come farlo patire di piacere”, confessava sornione il principe De Curtis, in arte Totò. Che siate andati alla stessa scuola, Don? In fondo Napoli e New York sono alla stessa latitudine, anche se il caffè che servono sulla 78ma è più freddo degli occhi di un assassino e il Bronx non è esattamente Posillipo.
Ma adesso che l’America ti ha fatto fare un giro in sella, Don, cosa credi?
Che resterai lassù per sempre?
Sei un illuso. Non puoi appoggiare la penna nemmeno per un istante, perché là fuori c’è un giovane scrittore affamato che sta temperando una stilografica più appuntita della tua, ed è pronto ad affondartela fra le scapole non appena ti volterai a ringraziare il tuo pubblico, a ricevere quell’applauso di troppo.
Come il pescecane non può mai fermarsi, pena la morte per annegamento, così certi scrittori devono continuamente spostarsi, viaggiare coast to coast, riorientare l’asse della propria fantasia e immaginare nuove vittime, nuovi carnefici, e nuovi Frank che diano loro la caccia e cerchino di ristabilire un po’ di giustizia in questo marcio, esausto, pazzo e bellissimo mondo.
Continua a scrivere, Don; scrivi, e non fermarti mai. Chi si ferma è fregato.
A cura di Wuz.it
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