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I fatti. Autobiografia di un romanziere
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I fatti. Autobiografia di un romanziere - Philip Roth - copertina
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I fatti. Autobiografia di un romanziere

Descrizione


Philip Roth invia una lettera a Nathan Zuckerman - protagonista di molti suoi libri e alter-ego per eccellenza - chiedendogli se valga la pena pubblicare il testo che gli allega. Sono pagine autobiografiche che l'autore di "Pastorale americana" ha scritto a seguito di una crisi emotiva ed esistenziale che lo ha condotto a un ripensamento tanto della sua letteratura, quanto della sua vita. L'autore si concentra su cinque snodi del suo percorso esistenziale: l'infanzia protetta e circondata dall'affetto dei genitori negli anni Trenta e Quaranta, l'educazione alla vita americana durante gli anni universitari, il tormentato rapporto con la persona più arrabbiata del mondo ("la ragazza dei miei sogni"), lo scontro con l'establishment ebraico seguito alla pubblicazione di "Goodbye, Columbus", fino alla scoperta, negli scatenati anni Sessanta, del lato più folle del suo talento che lo porterà a quel capolavoro che è "Il lamento di Portnoy". "I fatti" è l'autobiografia non convenzionale di uno scrittore non convenzionale.
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Dettagli

2014
Tascabile
23 settembre 2014
203 p., Brossura
9788806222925

Valutazioni e recensioni

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Mel
Recensioni: 4/5

Sottile autobiografia di Roth, che rivela i primi fatti della sua vita, insieme ad altri che son dietro i suoi primi romanzi, in una lunga lettera al suo caro Zuckerman, personaggio delle sue opere che più gli somiglia. Il modo è interessante, la storia forse meno, o almeno fino a che non prendere la parola Zuckerman, solo allora viene fuori l'acume, l'ironia, l'intelligenza di philip roth. Solo nelle parole della sua creatura diventa veramente biografo di se stesso, rivelando la vera storia delle sue ragioni, delle sue intenzioni. Libro dunque interessante, sia per i fatti narrati, sia per l'arguzia con cui tutto quello che viene raccontato è subito dopo capovolto.

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mary
Recensioni: 5/5

Scrivere come potere taumaturgico, come bisogno per uscire fuori da una disistima profonda. Roth non dà enfasi alla sua autobiografia, sembra un entomologo. La scrittura è sempre una panacea contro gli sbandamenti del cuore, contro l’odio e l’amore. La parte migliore. Lo stile di Roth, unico e bellissimo, è tradotto con maestria da Vincenzo Mantovani.

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Giuseppe Russo
Recensioni: 3/5

La sensazione che ricavo dalla lettura di questa falsa autobiografia, dopo aver letto tanti romanzi di Roth, è che fosse un esercizio di cui lui sentiva il bisogno (forse su suggerimento del suo analista, visto che in quel periodo era in cura per lo stress postoperatorio di una peritonite che lo aveva messo a dura prova anche mentalmente) ma i suoi lettori molto meno. Dal modo in cui racconta porzioni selezionate del proprio passato, infatti, non si fa luce sui momenti decisivi della trasformazione dell'uomo in autore, e nemmeno si penetra nel sottosuolo che dovrebbe contenere l'energia che lo ha spinto in quella direzione. Non che lo scopo potesse essere quello di saperne di più su di lui, ma almeno di capire qualcosa in più sulla sua vicenda di uomo, quello sì. E in sostanza ciò non accade, il che è una delusione. Sa poi di puro artificio l'idea di fingere una replica della sua creatura Zuckerman, la cui voce va ad aggiungersi al coro di quanti ciriticano continuamente l'autore; al massimo, in questo modo, si trova la conferma che Philip Roth - almeno per molti anni della sua vita - ha sentito gravare sulla sua testa in modo eccessivo il giudizo altrui. Ma anche questo era già noto! «La mia ipotesi è che tu abbia scritto così tante metamorfosi di te stesso da non sapere più né chi sei né chi sei mai stato» (p. 169), scrive il falso alter ego. Ecco, forse non è il caso di continuare un'indagine del genere che, oltre a rivelarsi impossibile, finisce per risultare inutile.

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Conosci l'autore

Philip Roth

1933, Newark, New Jersey

Philip Roth (Newark 1933 - Manhattan 2018) è stato uno scrittore statunitense. Figlio di ebrei piccolo-borghesi rigorosamente osservanti, ha fatto oggetto della sua narrativa la condizione ebraica, proiettata nel contesto urbano dell’America dell’opulenza. I suoi personaggi appaiono vanamente tesi a liberarsi delle memorie etniche e familiari per immergersi nell’oblio dell’attualità americana: di qui la violenta carica comica, ironica o grottesca, che investe anche le loro angosce. Dopo un primo, felice romanzo breve, Addio, Columbus (1959), e i meno incisivi Lasciarsi andare (1962) e Quando Lucy era buona (1967), Roth ha ottenuto la celebrità con Lamento di Portnoy (1969).Dopo Il grande romanzo americano (1973, riedito in Italia da Einaudi nel...

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