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Audace tentativo, questo dell'autrice di immaginare e descrivere un viaggio argentino di Campana mai narrato se non nei pochi, magnifici e suggestivi versi che nei canti Orfici ricordano il viaggio fatto sotto i cieli non deturpati dall'ombra di nessun dio del Nuovo Mondo. Molto in sintonia con lo stile del poeta nei Canti Orfici, l'autrice è stata in grado di creare un viaggio sudamericano di Campana credibile, lirico e riflessivo, alternando alla descrizione di questo viaggio gli ultimi oscuri anni in manicomio del poeta, ben descritti con uno stile allucinato che ben rende l'idea della progressiva alienazione del poeta, sebbene vengano messi in luce anche i momenti di terribile lucidità descritti anche da Pariani. Un ottimo romanzo in definitiva, che tuttavia non potrà mai raggiungere le vette di sublime grandezza poetica e narrativa toccate da quel capolavoro che è La notte della cometa, che mi fece scoprire 6 anni addietro il mito del poeta di Marradi.
Un libro che non rende veramente merito a Dino Campana, ma nemmeno se ne discosta così tanto. Forse più che una riscotruzione critica e storica, più che un'opera biografica, deve essere letto come romanzo, come personale ricostruzione di fatti mai del tutto provati, non documentabili. E così l'autrice costruisce un'opera completa e leggibile sino in fondo.
Sul nido del cuculo. C'è qualcosa di veramente irritante nel progetto di questa donna; qualcosa di storto nella sua scrittura. Sarà l'uso di termini scontati quali 'ambaradàn' e 'bailamme' nella stessa pagina; l'abuso del 'ché' e il ficcare ripetutamente il suo cognome nel testo e nella storia (sebbene esso corrisponda a persona reale) che mi è sembrato un evitabile autocompiacimento. Lei scrive come se fosse Dino Campana; al posto di Dino Campana, inventando una prosa, e forse una storia, come lei pensa l'avrebbe inventata o vissuta lui, ma durante la lettura, un pensiero mi disturbava: fake. Brutto dirlo in inglese, e poi è un termine inflazionato, ma esprime con concisione ed immediatezza quello che voglio dire. Però è un libro da leggere, perché è originale e profondo nell'approccio al poeta, nella brillantezza dell'idea di comporlo così, e nella potenza delle suggestioni, ma ho dovuto - finzione per finzione - immergermi in questo diario magmatico, onirico e allucinato fatto di dialoghi, lettere e telefonate immaginarie, come se veramente l'avesse scritto lui, e non (anche se brava) un'opportunista volata sul suo nido. Solo così, secondo la mia interpretazione sghemba e contraddittoria, mi quaglia.
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