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La ballata di Adam Henry - Ian McEwan - copertina
La ballata di Adam Henry - Ian McEwan - 2
La ballata di Adam Henry - Ian McEwan - 3
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ballata di Adam Henry

Descrizione


"Divino distacco, diabolica perspicacia": cosi si mormora negli ambienti giudiziari londinesi a proposito di Fiona Maye, giudice dell'Alta Corte britannica in servizio presso la litigiosa Sezione Famiglia. Sposata da trentacinque anni con lo stesso uomo e senza figli, il giudice Maye ha dedicato tutta la sua carriera alla composizione di dissidi sanguinosi spesso giocati nella carne di chi un tempo si è amato. Battaglie feroci per l'affidamento di figli non più condivisi, baruffe patrimoniali, esplosioni d'irrazionalità cui il giudice Maye oppone un paziente esercizio di misura e sobrietà nella convinzione di "poter restituire ragionevolezza a situazioni senza speranza". I casi su cui è chiamata a pronunciarsi popolano i giorni e ossessionano le notti di Fiona, calcandone la coscienza. Forse la rendono più sfuggente, distratta. Sarà dunque a questo che si deve l'oltraggiosa richiesta di suo marito Jack? "Ho bisogno di una bella storia passionale", un "ultimo giro" extraconiugale con la ventottenne Melanie, esperta di statistica. Umiliata, ferita, "abbandonata agli albori della vecchiaia", Fiona cerca rifugio, come d'abitudine, nel caso successivo. È quello di Adam Henry, violinista dilettante, poeta in erba, diciassette anni e nove mesi, troppo pochi per decidere autonomamente della propria vita o della propria morte. Adam è affetto da una forma aggressiva di leucemia che richiede trattamento immediato.
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Dettagli

2014
25 novembre 2014
202 p., Rilegato
9788806223830

Valutazioni e recensioni

4,25/5
Recensioni: 4/5
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Serena
Recensioni: 5/5

Un altro capolavoro di McEwan! Una storia che ti entra nell'anima, una protagonista così umana e così forte. Un libro avvincente, che ti tiene incollato alle pagine, che ti fa vivere la storia in prima persona. Ingiustizia, fiducia, razionalità, sentimenti, sono solo una piccola parte di ciò che si incontra in questo romanzo. Da leggere assolutamente

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Ilaria
Recensioni: 4/5

La vita di Fiona May, giudice dell’ Alta Corte britannica, ormai sessantenne, moglie devota, irreprensibile lavoratrice e stimata professionista, si trascina un po’ stancamente nella routine e nei molteplici impegni quotidiani, quando, improvvisamente, è travolta da vicende personali e lavorative che la segneranno inesorabilmente. Da una parte il fallimento del proprio matrimonio a causa del marito Jack, docente universitario in cerca di nuove ” emozioni”, dall’ altra un tormentato caso legale che è chiamata a risolvere riguardante un diciassettenne gravemente malato, Adam Henry, e bisognoso di urgenti cure mediche salvavita contrarie al proprio e familiare precetto religioso. Questo romanzo di McEwan affronta un tema delicato e controverso, ovvero quel confine sottile tra soggettivita’ ed oggettivita’, libero arbitrio e legalità’, auto-determinazione e diritto alla vita, eta’ e capacità’ decisionale, religione ed etica. Lo fa in uno psico-dramma che è perfetta alternanza di vicende personali e riflessioni sul senso della vita, calma apparente e turbinio emozionale, proprio ed altrui, sullo sfondo di una Londra al solito grigia e piovosa. I temi toccati sono molteplici e di somma importanza, concernono la religione, l’ etica, il buon senso, la morale comune, la legge, lo stato, la responsabilità’ genitoriale, medica, i protocolli di cura, tutti elementi oggettivamente presenti e fonte di acerrima discussione legale. Perché’ e’ giusto che Adam continui a vivere, al di là’ di cervellotiche dissertazioni e guerre intestine genitoriali o precetti religiosi astrusi ed invadenti? Al termine della lettura sono molti gli interrogativi irrisolti, ma non è confusione narrativa, è solo abbondanza di temi, ed è voluta. McEwan ha affollato e accatastato un locale disadorno una moltitudine di tracce e di storie che sta a noi scoprire, riflettere, collegare, approfondire, sviscerare.

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cristina
Recensioni: 3/5

La prima parte l'ho letta con fatica ma dopo la storia è diventata più interessante. Scrittura molto "british", alla Mc Ewan insomma. Forse troppi i casi giudiziali e le vicende degli altri colleghi di Fiona, avrei preferito maggior approfondimento sulla vicenda privata della protagonista. Bello e un po' triste, fa riflettere su certi dogmi religiosi e sulla fragilità dell'adolescenza. Oltre che sui piccoli e grandi drammi coniugali e sulla vecchiaia.

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Recensioni

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Voce della critica

  L'ultimo romanzo di McEwan, La ballata di Adam Henry ribadisce l'interesse dell'autore per un particolare genere letterario, il romanzo scientifico. Non si tratta del filone classico che ha dato vita alla fantascienza, dei mondi lontani o più vicini, ma della narrazione che radica nella scienza la sua trama principale. Non si tratta di un racconto delle scienze ma di porre le scienze nel racconto. McEwan si era già cimentato con Solar (Einaudi, 2010), incardinato sulla fisica e le energie rinnovabili ma potremmo, quale mera esemplificazione, ricordare Richard Powers e le neuroscienze in Il fabbricante di eco (Mondadori, 2008), la genetica in Il tempo di una canzone (Mondadori, 2010), e da ultimo la microbiologia in Orfeo (Mondadori, 2014). Gli spunti per la riflessione possono variare toccando vari profili, ad esempio la profondità e precisione dell'incursione tematica in quei mondi o la saldatura con la costruzione di fantasia. Sempre e comunque fa il suo ingresso, potente e prepotente, uno "specialismo" con le variabili tecnico-linguistiche che questo comporta. La comunicazione autore-lettore non si realizza tramite i veicoli ordinari, ma con l'inserimento di una variabile tecnica estranea, quella di un mondo e di un linguaggio appartenenti alla comunicazione specialistica. La variazione impegna l'autore nella ricerca, il lettore nel dominare quel mondo. Le convergenze, per ricordare un prezioso contributo di Remo Ceserani (Convergenze, Bruno Mondadori, 2010), possono toccare i temi più disparati, dalla matematica alla fisica, dalla chimica alla biologia, dall'antropologia alla storia, dalla geografia all'economia, dalla medicina alle neuroscienze. Infine, ma l'elenco potrebbe continuare, si presenta la giustizia nelle sue sfaccettature, quella degli operatori, avvocati giudici commissari marescialli, del funzionamento della macchina, della risposta avanti la collettività, delle ragioni del punire, dell'assunzione della responsabilità. Ci si avventura nello stimolante quadro del diritto nella letteratura, disciplina avviatasi nei paesi angloamericani ed ora presente anche nel nostro paese. La letteratura si approvvigiona nel campo della giustizia, ne trae spunto, si appropria dei suoi dilemmi, li incornicia nelle storie. Talora, ed è questo il caso di McEwan, la storia è un caso, che diviene struttura narrativa. E il caso ha bisogno di credibilità, e la credibilità si acquisisce con la precisione chirurgica con cui si ricostruisce lo scenario e lo si dota del suo appropriato linguaggio. L'autore, ora il nostro McEwan, non perde l'appuntamento e delinea, con analitico impegno, "l'apparato" giudiziario. Si accennava all'inizio della variabile nella comunicazione autore-lettore allorché fanno il loro ingresso mondi anticonvenzionali, cioè specialistici. E l'osservazione non si limita al linguaggio, e cioè alla comprensione dei termini, ma si estende all'organizzazione di quell'apparato. Nel caso della giustizia il richiamo è alle strutture, agli organi, ai protagonisti, alle "forme di vita" in cui si esplica. Il tema è reale ed è variamente affrontato. Si propone con maggiore importanza quando proviene da altra lingua, da altre esperienze, da altri paesi. In altri termini da società e legislazioni diverse da quelle che recepiscono il romanzo. La traduzione è un congegno delicato da maneggiare, e Susanna Basso ne conosce ogni più nascosto ingranaggio. Nel romanzo scientifico, come lei stessa ha avuto modo di notare, esiste un surplus: trasferire l'apparato specialistico originario e le sue sfumature nella cultura ricevente, operare una sorta di innesto che garantisca la provenienza e nel contempo sia assimilabile da chi accoglie. Per rimanere nel mondo del diritto, ed in particolare nel mondo giuridico anglosassone, le zone di contatto sono numerose. La struttura si compone di giudici che istruiscono le cause, le decidono, offrono il verdetto al riesame in gradi successivi, si presentano alla collettività con l'autorità del ruolo, riflettono sui limiti del diritto rispetto alla morale, ridiscutono vicende penali chiuse con la condanna ma riapribili di fronte a nuove prove. Il lettore attento ma estraneo non coglie forse la rapidità delle decisioni, l'appello che si celebra dopo pochi giorni quando si trattano minori, e, dato non secondario, la trattazione dei casi minorili da parte di un magistrato ordinario e non minorile come avviene invece nel nostro ordinamento. Se ne può discutere e propendere per l'ordinamento inglese o quello italiano, ma la struttura è radicalmente diversa. Essa è imperniata, per gli anglosassoni, sulla discendenza dall'alto e dalla corona, esiste un cancelliere che domina ed è figura ben diversa da quella che compare nelle nostre aule, i giudici, come la protagonista di McEwan, è itinerante per la contea a differenza della stanzialità dei nostri magistrati, per citare alcuni elementi soltanto. L'elenco potrebbe continuare ma, pur nella sua approssimazione vuol denotare la riflessione che comporta trasferire mondi diversi, linguisticamente e tecnicamente, in altri contesti culturali. I primi devono non essere traditi, i secondi devono comprendere. Mantenere le terminologie originarie, la loro identità, significa impedire la seconda via. Appoggiare la trasposizione sui modelli di ricevimento significa snaturare la prima. Il punto di equilibrio, come in ogni confronto tra culture, non è solo un'aspirazione ma un dovere, affinché anche nel versante letterario il romanzo scientifico possa trovare sempre maggiore diffusione.   Alberto Mittone  

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La recensione di IBS

«Il compito di Fiona non era salvarlo, ma stabilire cosa fosse giusto o legale»
Fiona Maye è giudice cinquantanovenne dell’Alta Corte al Tribunale sezione famiglia, nella Londra dei giorni nostri. Donna definita «di divino distacco e diabolica perspicacia», appartiene alla legge come certe donne del passato si erano votate spose di Cristo. Sposata da trentacinque anni con Jack, la loro vita coniugale non è stata allietata dall’arrivo di figli. Tutto scorre ragionevolmente e sobriamente, nella vita ordinata di Fiona: le laceranti dispute a cui tenta di porre rimedio, le occasionali esibizioni come pianista, i viaggi in luoghi esclusivi con il marito, la bella casa nel bel quartiere.
Finché un giorno, quello stesso marito con cui ha condiviso tutto, la lascia per Melanie, ventottenne ed esperta di statistica. Mentre Jack parla, in casa il silenzio è assordante: si sente il ticchettio del ghiaccio nel bicchiere del liquore, la pioggia insistente alle finestre, e infine i passi rimbombanti del marito, mentre percorre il corridoio e chiude la porta, un’ultima volta. Jack l’avrebbe lasciata e il mondo sarebbe andato avanti lo stesso: d’altra parte Fiona, come tutta Londra, aveva un lavoro da cominciare. Il lavoro ha un nome: Adam Henry, giovanotto di diciassette anni e nove mesi. Troppo piccolo per decidere legalmente della propria vita, abbastanza grande da voler morire. Poeta e violinista in erba, Adam è anche affetto da una forma aggressiva di leucemia, e rifiuta ostinatamente la trasfusione che potrebbe salvarlo. Adam è Testimone di Geova e «vuole vivere secondo i suoi principî, lui». Fiona è chiamata a decidere del destino del giovane, in deroga al suo sistema morale.
La decisione è urgentissima: la Corte ha un pomeriggio soltanto per emettere la sentenza. Inaspettatamente, il giudice va in ospedale: si trova davanti un ragazzo violaceo e affilato, pallido e fragile. Eppure rifulgente. Adam Henry ha un’innocenza appassionata, trabocca di espansività puerile, di passione e delicatezza. L’incontro è un prodigioso altalenare tra alto e basso, tra aulicità e concretezza carnale. Finché Adam prende il violino, e, nonostante la malattia, suona. «Sentire Adam suonare la commosse, e la turbò nel profondo. Chi prende in mano un violino, o qualunque altro strumento musicale, compie un gesto di speranza che comporta il desiderio di un futuro». Alla domanda sul rifiuto delle cure, Adam inizia un sermone appassionato, sostenuto da una giovanile idea romantica della sofferenza «Sarebbe terribile, terribile. Ma se le cose stanno così, dovrò accettarlo». A chi spetta il giudizio? Sono davvero i tre mesi che lo separano dalla maggiore età a togliergli la sacra facoltà di decidere per se stesso? Forse Adam è diretto a passo solenne verso qualcosa di terribile, ma è giustal’intrusione così intima di un tribunale laico? Forse che le religioni, i sistemi morali, svettano gli uni sugli altri per rilevanza e correttezza? Isolati dal mondo, come in un eterno crepuscolo, Adam e Fiona, antitetici per ogni cosa, sono alla ricerca di verità elementari indispensabili.
McEwan, come d’abitudine, non sbaglia una parola. Si conferma maestro di prosa asciutta, essenziale: scevra di sentimentalismi e ricca di evocazioni, quasi tattili. Accenna, e lo fa perfettamente, con magistrale franchezza e incisività. Nella sua storia, ogni aggettivo, ogni nome, persino ogni verbo è al posto giusto, e non potrebbe essere altrimenti. Una scrittura limpida, pertinente, di elegante solennità e dolorosamente umana, che descrive in modo perfetto, quasi tagliente, i dilemmi morali di ognuno di noi. Questo è un romanzo calato nella realtà, eppure tocca vette immense, assurgendo l’incontro tra Fiona e Adam come l’incontro universale. Il bisogno d’amore e di attenzione disinteressata di Adam, così adolescenziale, smette di essere sinonimo di una condizione esclusiva, e diviene nostro. Il tentennamento di Fiona, il suo rifugiarsi dietro al gelido ruolo istituzionale, smette di essere appannaggio di un giudice dell’Alta Corte, e diviene un interrogativo pressante sul concetto di responsabilità. Mentre due esistenze fra tante si intrecciano indissolubilmente, McEwan parla con noi, con ognuna delle nostre coscienze, e ci pone davanti l’immensa tragedia, evitabile eppure così consequenziale, di scelte minuscole: siamo responsabili della persona che salviamo? Che così ingenuamente e appassionatamente si aggrappa a noi? Un romanzo – o un manifesto – indispensabile, il capolavoro di McEwan: una storia specifica e quindi universale, esemplificata e quindi esemplificabile, che si conficca dentro, profondamente. Che ci lascia indignati, angosciati, nostalgici e furiosi. E non se ne va più.
Ecco, se si cerca un motivo per continuare – o cominciare – a credere nella buona letteratura, e nei buoni scrittori, lo si trova ne La ballata di Adam Henry, e in Ian McEwan.

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Conosci l'autore

Ian McEwan

1948, Aldershot

Scrittore e sceneggiatore britannico. Esordisce con due raccolte di novelle, Primo amore, ultimi riti (1975 - pubblicato da Einaudi nel 1979 con la traduzione di Stefania Bertola) e Tra le lenzuola (1978 - edito da Einaudi nel 1982 sempre con la traduzione della Bertola), che ritraggono, in uno stile raffinato e impersonale, situazioni quotidiane, dominate tuttavia dall’ossessione per il sesso e segnate dalla morte. Sesso, perversione e morte sono temi trattati anche nei primi romanzi, Il giardino di cemento (1978, portato sul grande schermo nel 1993 dal regista Andrew Birkin con la nipote Charlotte Gainsbourg e tradotto dalla Bertola per Einaudi nel 1980) e Cortesie per gli ospiti (The Comfort of Strangers 1981 - Eianudi 1983, tradotto in film nel 1991 dal regista Paul Schrader con...

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