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La mia vita di uomo - Philip Roth - copertina
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mia vita di uomo

Descrizione


Al cuore di "La mia vita di uomo" c'è il matrimonio di Peter e Maureen Tarnopol, un giovane scrittore e la donna che vorrebbe essere la sua musa ma è invece la sua nemesi. La loro unione si basa sulla frode ed è puntellata dal ricatto morale, ma è così perversamente duratura che, molto tempo dopo la morte di Maureen, Peter sta ancora cercando - inutilmente - di liberarsene attraverso la scrittura. Romanzo dentro il romanzo, edificio labirintico di meditazioni comiche, luttuose e strazianti sulla fatale impasse fra un uomo e una donna, "La mia vita di uomo", pubblicato originariamente nel 1974 e ora riproposto in una nuova traduzione, è il più impietoso tra i libri di Philip Roth. Per mezzo di invenzioni disperate e verità cauterizzanti, atti di debolezza, di tenerezza e di scioccante crudeltà, crea un'opera degna di Strindberg: una feroce tragedia di cecità e bisogno sessuale.
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Dettagli

2015
Tascabile
22 settembre 2015
374 p., Brossura
9788806227302

Valutazioni e recensioni

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gladys
Recensioni: 5/5

Roth e i suoi romanzi sono per me ciò che non vorresti leggere ma che è indispensabile leggere. Tormentato e crudele, la foto dell ingorgo dei pensieri e degli stati d animo

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Petroz98
Recensioni: 5/5

TORMENTATO. Anche dopo la morte di sua moglie, artefice di un matrimonio all’insegna dell’infelicita, della pazzia e dell’inganno, il protagonista non riesce a sentirsi libero, anche con la scrittura non riesce ad esorcizzare il suo fallimentare matrimonio e incominciare una nuova relazione, perseguitato dalla paura di un impossibile ritorno della propria defunta moglie.

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Carmine
Recensioni: 5/5

Ho letto da poco questo ennesimo capolavoro di Philip Roth,all'inizio ha trovato un pò di difficoltà perchè il romanzo si apre con due racconti dello scrittore protagonista della travagliata vicenda matrimoniale narrata da Roth che invia a parenti e amici per averne un opinione in merito.Poi inizia la storia dello scrittore che non si perdonerà mai l'errore fatale della sua vita che a 26 anni lo ha portato a sposare la persona sbagliata.Da qui si dipana tutta la storia ambientata in anni in cui le leggi sul divorzio,siamo nei primi anni sessanta,non erano come oggi e penalizzavano gli uomini soprattutto perchè le donne non avevano l'indipendenza economica di oggi. Roth con ironia riesce a raccontare il dramma degli uomini dilaniati dal contrasto tra le proprie debolezze, la ragione e i sentimenti profondi spesso eclissati dalla vita frenetica,superficiale e dall'ambizione personale che preclude ogni strada per la vera felicità.Lo consiglio come lettura edificante che può fare solo bene.

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Voce della critica

"Come fare a diventare quello che in letteratura si definisce un uomo?", si domanda Peter Tarnopol, marito e amante catastrofico, professore di scrittura creativa nonché scrittore di racconti (autobiografici) che hanno come protagonista e alter ego il Nathan Zuckerman interprete di molte opere di Philip Roth (Pastorale americana, Ho sposato un comunista, Controvita, Il fantasma esce di scena ecc.). Non soltanto la domanda è paradossale, ma in questo romanzo la sovrapposizione di maschere e di ruoli ha l'effetto di provocare una vertiginosa confusione tra autore e personaggio, con il rovesciamento della consueta prospettiva critica: qui il problema centrale dello scrittore, infatti, non riguarda la costruzione del personaggio, dell'homo fictus, né la sua autonomia estetica rispetto all'autore, né il suo potenziale illusionistico. Risaltano, piuttosto, la dipendenza dell'uomo dal personaggio, la perdita di autonomia dello scrittore stritolato dai meccanismi della fiction, da quella specie di perversione che allontana l'uomo dalla vita rendendolo al tempo stesso ? attraverso l'impietosa confessione di sé ? suo spettatore e narratore estremamente lucido. Il problema non è credere al falso, ma credere al vero. Non è un caso che l'autore prediletto di Zuckerman sia Flaubert ("Rimpinzato di grande narrativa ? ammaliato non, come Madame Bovary, da romanzetti sentimentali, ma da Madame Bovary"), anche se il bovarismo inteso come identificazione nei modelli viene portato alle estreme e più disastrose conseguenze: "Il cuore del mio modello di realtà, dedotto dalla lettura dei maestri della letteratura, era l'intrattabilità. Ed eccola lì, una realtà ostica e recalcitrante e (in più) orrenda quanto quella cui avrei potuto aspirare nei miei sogni più libreschi". Il modo autobiografico, deformato nella triangolazione Tarnopol-Zuckerman-Roth, rappresenta per il lettore una sfida difficile ma intrigante: quella di recepire una storia dichiarata come vera (la confessione di Tarnopol, che si intitola La mia vera storia) attraverso la proiezione anticipata in un racconto fittizio (quello di Zuckerman, le Utili finzioni), tra continui sconfinamenti dell'uno nell'altra. Da una parte la narrazione e, dall'altra, il documento, scritto "tenendo a bada l'immaginazione e aderendo rigorosamente ai fatti". In mezzo, come uno spartiacque, un breve curriculum sulla vita di Mr Peter Tarnopol. Che differenza c'è tra le due versioni di questa storia di un uomo che rispecchiano un Gargantua dell'egoismo, un uomo sgradevole che si compiace ? a spese altrui ? quando finalmente la sua vita prende a somigliare a quei testi su cui amava esercitare la sua astuzia critica? Chi è l'uomo e chi è il personaggio? Al lettore l'ardua sentenza. Il matrimonio è, in questo come in molti altri romanzi di Philip Roth, il fulcro privilegiato di analisi. Nella maturità, infatti ? e nel matrimonio inteso come una specie di suo stigma inevitabile ? tendenzialmente si soffre o si finge. E sofferenza e menzogna farebbero gola a qualsiasi romanziere. Come Zuckerman, Tarnopol insegue un esasperante mimetismo letterario (che, contaminando arte e vita, rappresenta di entrambe la massima riuscita e il massimo fallimento al tempo stesso); perciò corteggia, seduce e sposa "disastri", donne tormentate, mitomani e suicide. Questi rapporti lo costringono a confessarsi non soltanto sulla pagina scritta ma anche sul lettino dello psicoanalista, davanti al dottore dal nome parlante Spiegelvogel, uomo malato ed esangue che ricorda a Peter il Roger Chillingworth della Lettera scarlatta, e al quale consegna un nuovo sbrigliato racconto. Maureen, sua moglie ? barista, pittrice astratta, scultrice, attrice, bugiarda e psicopatica ? sua torturata ed erinni torturatrice, è morta, e Peter non smette di sviscerare episodi sul suo conto, che si mescolano ad altri ricordi di tradimenti, sofferenze, menzogne in un accumulo di tragicomica ironia. Una delle sue ossessioni risale a quando, per farsi sposare, Maureen gli aveva mostrato un test di gravidanza positivo ottenuto convincendo una donna gravida vista per la strada a farsi vendere la sua urina. Il rapporto con la psicoanalisi, del resto, fecondissimo nell'America degli anni settanta, oggi ci può sembrare eccessivo e sotto certi aspetti scontato. Qui, però, segna la distanza tra la letteratura concepita come necessità di mantenere aperti dei conflitti umani e di manifestarli, e la psicoanalisi come promessa di un equilibrio fin troppo semplice (e, paradossalmente, disumano). Oltre a essere interpretato dalla storia di Zuckerman, l'ossessivo ed egocentrico punto di vista di Tarnopol risulta poi ridefinito e discusso, quando non completamente rovesciato, da documenti, lettere e altre testimonianze che ? alla maniera di Dostoevskij e Conrad ? sono materialmente riportati nel romanzo in corpo più piccolo. Tra questi ritroviamo i frammenti di diario della (ormai ex) moglie Maureen, scovati da Peter a casa sua durante il ricovero di lei per un tentato suicidio. E se per tutto il romanzo abbiamo sospettato che dietro le follie e le gelosie di Maureen si nascondesse qualcosa di più interessante e di più umano, questi casuali lacerti si inseriscono come schegge molto dolorose nella confessione del "protagonista", come una verità più "vera" di quella dichiarata come tale. Il rovesciamento di prospettive inscenato ? che nei romanzi successivi troverà formulazioni ancora più convincenti ? suggerisce un modo importante, dopo le disfatte storiche dell'umano, di fare incontrare arte e vita. Se è attraverso il personaggio che l'individuo celebra e distrugge il proprio egotismo (e Roth è sempre grandioso nel sottolineare il contrasto stridente tra il continuo fallimento morale dell'individuo e il suo incoercibile desiderio edonistico e narcisistico), è facendo aderire pericolosamente la vita alla letteratura che si riesce con più efficacia a sconfessarla.

Chiara Lombardi

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“Quei chili e chili di pagine accumulati durante il matrimonio avevano come argomento il matrimonio stesso e costituivano la parte maggiore del mio sforzo quotidiano per comprendere come ero caduto in quella trappola e perché non riuscivo a uscirne.”

Einaudi ripubblica un vecchio romanzo di Philip Roth, esattamente del 1974, uscito in Italia nel 1975 per Bompiani. Ritroviamo il caro Nathan Zuckerman (credevate di esservene liberati?) e ritroviamo i tratti distintivi della scrittura confessionale. Dire "ritroviamo il caro Nathan Zuckerman" è però un anacronismo editoriale, causato dallo sfalsamento temporale delle pubblicazioni rothiane, perché in realtà La mia vita di uomo è il primo libro dove appare il personaggio di Zuckerman. 

Roth divide il romanzo in due parti. La prima che ha per titolo "Utili finzioni" è costituita da due lunghi racconti, Anni verdi e Corteggiare il disastro, con protagonista Nathan Zuckerman, promettente scrittore ebreo, rimasto invischiato in un matrimonio disastroso, che ha deviato il suo destino dalla strada del successo a cui sembrava destinato. Nella seconda parte, intitolata "La mia vera storia", ecco che compare Peter Tarnopol, la memoria narrante del romanzo, che si scoprirà essere l'autore dei due racconti iniziali. Si può dire che la storia inizi in questo preciso momento ed è lo stesso autore a confermarcelo scegliendo di titolare la parte precedente come finzione. Conferendole però un grado di utilità, l potere di esorcizzare i demoni, e conferendo all'intera opera un carattere metaletterario. Il protagonista è uno scrittore che tratta il tema della scrittura e inserisce per intero anche due sue opere. È una delle prime occasioni in cui Roth fa riflessioni vere e proprie sulla narrativa, e in Zuckerman trova il suo Marcello Mastroianni. L'alter ego invecchierà assieme all'autore fino a Il fantasma esce di scena. 

Ne La mia vita di uomo la realtà prima simulata e poi effettiva, è duplice, anzi meglio duplicata, perché in entrambe le sezioni, i due protagonisti vivono un gemello destino. E ciò contribuisce anche ad affermare la modalità autobiografica della scrittura di Philip Roth. Sia Nathan che Peter Tarnopol sono vittimizzati, intrappolati dentro una vita "non loro", succubi di figure femminili contro cui Roth si accanisce, dipingendole come mostri, maghe Circe senza bellezza. Ci sono dei germi di controvita, che verranno quindi ripresi un decennio più tardi: l'idea di condurre un'esistenza non scelta, non voluta, con il parallelo perdurare dei rimpianti e dei sogni frantumati. C'è materiale per i più accaniti detrattori della misoginia dello scrittore americano. Il sesso, gli affezionati lettori di Roth certamente non si stupiranno, è come sempre ovunque, nella deriva compulsiva del personaggio, nella scrittura disarcionata da un piedistallo di pudore o moralità, pagine tragiche, comiche, maschiliste, voyeuristiche, tentate dal senso del baratro.

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Conosci l'autore

Philip Roth

1933, Newark, New Jersey

Philip Roth (Newark 1933 - Manhattan 2018) è stato uno scrittore statunitense. Figlio di ebrei piccolo-borghesi rigorosamente osservanti, ha fatto oggetto della sua narrativa la condizione ebraica, proiettata nel contesto urbano dell’America dell’opulenza. I suoi personaggi appaiono vanamente tesi a liberarsi delle memorie etniche e familiari per immergersi nell’oblio dell’attualità americana: di qui la violenta carica comica, ironica o grottesca, che investe anche le loro angosce. Dopo un primo, felice romanzo breve, Addio, Columbus (1959), e i meno incisivi Lasciarsi andare (1962) e Quando Lucy era buona (1967), Roth ha ottenuto la celebrità con Lamento di Portnoy (1969).Dopo Il grande romanzo americano (1973, riedito in Italia da Einaudi nel...

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