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Nel guscio - Ian McEwan - copertina
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Nel guscio

Descrizione


«Risuona in queste frasi l'autentica nota aurea del genio.» - Ron Charles, The Washington Post

«Uno straordinario gioco di prestigio, un pezzo di bravura che, ai doni narrativi di precisione, autorevolezza e controllo, aggiunge il diletto assoluto delle acrobazie di cui sono capaci le parole.» - Michiko Kakutani, The New York Times

La gravidanza di Trudy è quasi a termine, ma l'evento si prospetta tutt'altro che lieto per il suo piccolo ospite. Ad attenderlo nella grande casa di famiglia (e nel letto coniugale) non c'è il legittimo marito di Trudy e suo futuro padre, John Cairncross, poeta povero e sconosciuto, innamorato della moglie e della civiltà delle parole, ma il fratello di lui, il ricco e becero agente immobiliare Claude. Dalla sua posizione ribaltata e cieca, il nascituro gode nondimeno di una prospettiva privilegiata sugli eventi in corso, ed è lui a metterci a parte di una vicenda di lutto e di sospetto dagli echi assai familiari. Certo, la scena non è quella corrotta e claustrofobica del castello di Elsinore. Certo, i due cognati fedifraghi, Trudy e lo zio Claude, non hanno regni nordici cui aspirare. Piuttosto a far gola ai due vogliosi amanti è l'edificio georgiano su Hamilton Terrace, decrepito ma d'inestimabile valore, incautamente ereditato da John, i cui pavimenti luridi e la cui onnipresente immondizia prendono il posto del marcio in Danimarca. Ma amletico è il crimine orrendo che il narratore vede (o meglio sente) arrivare, e amletico è pure il suo inesauribile flusso di pensieri dubitanti, gli stessi che hanno inaugurato al mondo la danza della modernità. Se nel testo shakespeariano l'origliamento, l'atto di spiare e raccogliere informazioni rovistando i recessi e gli anditi del regno, è spesso motore dell'azione, nel guscio l'udito è il senso privilegiato per ragioni fisiologiche, e a essere rovistati a pochissima distanza dal capo dell'inorridito narratore sono spesso e volentieri i recessi e gli anditi del corpo materno. Mentre all'orecchio non sempre affidabile del nostro eroe non-nato si dipana la tragica detective story, nella manciata di giorni che separano il suo «esserci» dal suo protetto «non-esserci» ancora, con il conforto di qualche buon vino giunto fino a lui dalle superbe degustazioni materne, e costantemente edotto sul mondo dai programmi radiofonici di approfondimento culturale che fortunatamente Trudy preferisce a quelli musicali, il nascituro ha tempo di riflettere su di sé, sulla complicata faccenda dell'amore, sul mondo, coi suoi orrori contemporanei e con le sue desiderate meraviglie. Ha tempo e curiosità sufficienti per farsi domande, interpretare i segni della sua realtà mediata, contemplare azioni e concludere che la sua sola salvezza, la salvezza dell'uomo, sta forse nell'esitazione.
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Dettagli

2017
14 marzo 2017
173 p., Rilegato
9788806232740
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Indice

Le prime pagine del romanzo

Dunque eccomi qui, a testa in giù in una donna. Braccia pazientemente conserte ad aspettare, aspettare e chiedermi dentro chi sono, dentro che guaio mi sto per cacciare. Mi si chiudono gli occhi di nostalgia al ricordo di quando fluttuavo libero nel mio sacco opalescente, a spasso dentro la bolla sognante dei miei pensieri, tra capriole al ralenti in un oceano privato, e delicate carambole contro i confini trasparenti della mia prigione, quella membrana sicura che, pur attutendole, vibrava insieme alle voci di cospiratori intenti a una macchinazione odiosa.
Succedeva nella spensierata stagione della mia giovinezza. A questo punto, ormai completamente capovolto, con le ginocchia schiacciate al petto e senza alcun margine di movimento, non ho soltanto la testa impegnata ma anche tutti i pensieri. Non ho più scelta, un orecchio è premuto giorno e notte contro le pareti irrorate di sangue. Ascolto, prendo appunti mentali, e mi preoccupo. Tra le lenzuola sento discorsi efferati e mi agghiaccia il terrore di quel che mi aspetta, di quel che potrebbe compromettermi.
Immerso nelle astrazioni, posso contare solo sui loro proliferanti legami a catena per crearmi l'illusione di un mondo noto. Sento dire «azzurro», che non ho mai visto, e immagino un evento mentale non molto lontano da «verde», che a sua volta non ho mai visto. Mi reputo un innocente, dispensato da obblighi di lealtà e doveri, uno spirito libero, a dispetto dell'esiguità del mio spazio vitale. Nessuno che mi contraddica o rimproveri, nessun nome, nessun precedente indirizzo, niente fede religiosa, niente debiti, nessun nemico.
Sulla mia agenda, se ne avessi una, sarebbe segnata unicamente la data della mia incipiente nascita. Sono, o ero, checché ne dica la genetica contemporanea, una tabula rasa, una lavagna intatta. Ma di pietra troppo liscia, o troppo porosa, inadatta a qualunque aula scolastica, a qualsiasi tetto di campagna, una tabula che, crescendo, si scrive da sé, facendosi, giorno dopo giorno, un po' meno rasa. Mi reputo un innocente, ma a quanto apre sono parte di un complotto. Mia madre, che il cielo benedica il suo rumoroso cuore instancabile e pompante, sembra sia sconvolta.

Valutazioni e recensioni

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Angelo
Recensioni: 4/5

Originale. cruda narrazione di una storia dal punto di vista di un feto nel grembo materno che si trova suo malgardo intrappolato nel ruolo di un novello Amleto.

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Serena
Recensioni: 4/5

Romanzo diverso dagli altri

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francesco49
Recensioni: 5/5

-c'e' tutto il mac ewan più maturo : In un impianto narrativo tutto "dall'esterno" ,cinematografico c'e la sua critica ironica della società dei nuovi ricchi, c'e' la fantasia e l'immaginazione, c'e'la sua staordinaria capacità di costriure storie.E c'e' soprattutto il tema che accompagna molti suoi romanzi: il tema dell'imprevedibilità dei comportamenti ,il tema del limite oltre il quale i nostri comportamenti sono misteriosi e insondabili . E' il fondo oscuro che caratterizza qui come in altri romanzi i rapporti tra i partner e qui come in molti romanzi e' irrisolvibile

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Voce della critica

Mia madre è coinvolta in un complotto e di conseguenza lo sono anch’io, anche se il mio ruolo potrebbe essere quello di sventarlo. Oppure, se dovessi giungere al dunque in ritardo, da quell’allocco che sono, almeno di fare vendetta.

Il narratore di questa storia non è ancora nato. È un feto, a testa in giù nella pancia della madre. Un piccolo Amleto in bilico tra l’essere e il non essere, senza un regno da ereditare se non quella villa in stile georgiano su Hamilton Terrace, una sorta di Elsinore corrotta dove si respira aria di complotto.
Perché c’è del marcio nel matrimonio dei suoi genitori. Trudy, la madre, è bella e sensuale, ha capelli biondi e occhi di un verde brillante. Il feto non l’ha mai vista, ma sa tutto questo perché ha sentito le poesie che le dedicava John, suo marito, poeta non riuscito, per nulla ambizioso e poco apprezzato dalla critica. E se John è ancora innamoratissimo di Trudy, la stessa cosa non si può dire per la moglie, che da tempo porta avanti una relazione con Claude, il fratello ottuso e insignificante di John. Insieme, i due complottano con l’intento di far sparire il poetastro dalle loro vite, una volta per tutte.
Il feto sente tutte le loro trame, tutte le loro allusioni, immagina tutte le loro illusioni divenire presto qualcosa di reale. Non ha mai conosciuto suo padre, e si rende conto che per lui rischia di rimanere solo uno spettro che non avrà mai un volto. Vorrebbe avvertirlo della minaccia sempre più vicina, ma nonostante la sua posizione privilegiata non può far nulla. Niente parole, nessun contatto, nessuno sguardo di avvertimento, è prigioniero in una bolla dalla quale può uscire soltanto silenzio. E vendetta.
Ian McEwan costruisce un monologo potente, dando voce a chi ancora non può parlare, e donando al suo narratore un linguaggio erudito e raffinato, ricco di citazioni e termini ricercati. Un linguaggio appreso dai programmi radiofonici amati dalla madre, che gli hanno permesso di farsi un’idea delle tragedie che accadono nel mondo e che lo accoglieranno se mai verrà alla luce, perfettamente contrapposte al tempo sospeso vissuto nel grembo materno.
E mentre il complotto prende forma e la morte del padre si fa sempre più concreta, il piccolo narratore si rende conto che per placare il suo spirito non basterà la consolazione di nascere nella gloriosa e magnifica Europa, il continente dalla storia antica e valorosa. Non basteranno i numerosi sorsi di vini pregiati che la madre gli consente ogni tanto di assaggiare. Non basterà la sua intelligenza acuta e generatrice di pensieri venati di humour nero. C’è solo una cosa che può fare: aspettare. E cogliere il momento giusto per venire al mondo. In silenzio. O nel caos.

Recensione di Mauro Ciusani

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Conosci l'autore

Ian McEwan

1948, Aldershot

Scrittore e sceneggiatore britannico. Esordisce con due raccolte di novelle, Primo amore, ultimi riti (1975 - pubblicato da Einaudi nel 1979 con la traduzione di Stefania Bertola) e Tra le lenzuola (1978 - edito da Einaudi nel 1982 sempre con la traduzione della Bertola), che ritraggono, in uno stile raffinato e impersonale, situazioni quotidiane, dominate tuttavia dall’ossessione per il sesso e segnate dalla morte. Sesso, perversione e morte sono temi trattati anche nei primi romanzi, Il giardino di cemento (1978, portato sul grande schermo nel 1993 dal regista Andrew Birkin con la nipote Charlotte Gainsbourg e tradotto dalla Bertola per Einaudi nel 1980) e Cortesie per gli ospiti (The Comfort of Strangers 1981 - Eianudi 1983, tradotto in film nel 1991 dal regista Paul Schrader con...

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